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Seafuture, il governo inaugura la fiera delle armi. Arrivano i Cruise

Seafuture, il governo inaugura la fiera delle armi. Arrivano i CruiseLa fregata Fremm egiziana "al Galala"

C’è una fiera bellica in Italia, ma nessuno lo dice. È il salone “SeaFuture 2021” che verrà inaugurato il 28 settembre all’Arsenale militare della Spezia dal ministro della Difesa, Lorenzo […]

Pubblicato circa 3 anni faEdizione del 28 settembre 2021

C’è una fiera bellica in Italia, ma nessuno lo dice. È il salone “SeaFuture 2021” che verrà inaugurato il 28 settembre all’Arsenale militare della Spezia dal ministro della Difesa, Lorenzo Guerini, e che vedrà la partecipazione di 47 delegazioni di Marine Militari di paesi esteri e di 15 capi di Stato Maggiore.

Nel silenzio generale, la kermesse spezzina ha preso il posto della “Mostra navale bellica” che si tenuta a Genova negli anni ottanta e che fu fatta chiudere grazie alla massiccia opposizione del movimento pacifista. Organizzata da Italian Blue Growth S.r.l. in collaborazione con la Marina Militare, Seafuture 2021 conferma il radicale mutamento del salone: da evento ideato nel 2009 come «la prima fiera internazionale dell’area mediterranea dedicata a innovazione, ricerca, sviluppo e tecnologie inerenti al mare», a partire dalla quarta edizione del 2014 ha assunto sempre più i connotati di un salone militare per promuovere gli affari delle aziende del settore «difesa e sicurezza», il tutto ammantato di sostenibilità ambientale, “blu economy” e innovazione tecnologica.

Non a caso i principali sponsor di “SeaFuture 2021” sono proprio i colossi a controllo statale del comparto militare come Fincantieri (Strategic sponsor), Leonardo (Platinum sponsor) e MBDA (Gold sponsor) e gran parte dei “media partner” sono agenzie e riviste del settore militare.

L’idea di trasformare il salone spezzino in un evento del comparto militare-navale è nata qualche anno fa in vista dell’approvazione della “legge navale”: quasi 5,5 miliardi di stanziamenti per ammodernare l’intera flotta militare e dotarla di una nuova portaerei. Da qui l’esigenza di riciclare le navi dismesse: quale miglior occasione di venderle alle Marine militari estere che – come recitava il comunicato della precedente edizione – «potrebbero essere interessate all’acquisizione delle unità navali della Marina Militare italiana non più funzionali alle esigenze della Squadra Navale, dopo un refitting effettuato da parte dell’industria di settore»?

Un salone dell’usato militare, dunque, ben lontano dall’innovazione e dalla sostenibilità.

Lo ha denunciato con forza il Comitato “Riconvertiamo Seafuture” che domenica 26 settembre ha manifestato la propria opposizione proprio davanti all’Arsenale militare: «Consideriamo insopportabile – scrive il Comitato nell’appello promosso da 25 realtà locali e sostenuto una ventina di associazioni nazionali in collaborazione con la Rete italiana pace e disarmo – che la Marina Militare che per più di 150 anni ha inquinato la città e il porto della Spezia usando il mare come discarica di rifiuti tossici, tuttora presenti, intenda dare lezioni sulla sostenibilità ambientale utilizzando gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite per il proprio green-washing: un’operazione di facciata per continuare a nascondere l’inquinamento prodotto da strutture come l’Arsenale Militare tuttora in buona parte ricoperto di eternit e amianto».

Ma soprattutto il Comitato ritiene inaccettabile l’invito a partecipare all’evento rivolto dagli organizzatori ai rappresentanti delle Forze armate di paesi esteri belligeranti, responsabili di gravi violazioni dei diritti umani, delle libertà democratiche e del diritto internazionale umanitario. Tra questi spiccano il Marocco, Congo, Pakistan, Turchia e finanche l’Etiopia accusata di «violenze inenarrabili» nel conflitto del Tigray dal segretario generale dell’Onu, António Guterres.

Tra i paesi del Medio Oriente non figurano quest’anno, almeno ufficialmente, i rappresentanti delle Marine militari di Arabia Saudita e Emirati Arabi probabilmente a seguito delle controversie sulla revoca da parte del ministero degli Esteri delle migliaia di bombe aeree che venivano utilizzate per bombardare lo Yemen.

E non risulta anche la partecipazione della delegazione militare egiziana: la Egyptian Navy Forces si è probabilmente risentita per la mancata presenza di esponenti del governo alle consegna delle due fregate Fremm nei mesi scorsi. Ma Fincantieri e MBDA hano già trovato il modo di riprendere gli affari militari con l’Egitto: a fine novembre le due aziende saranno i principali sponsor della fiera militare ideata da Al Sisi, “Egypt Defence Expo”.

Tutto questo avviene mentre le forze armate italiane stanno decidendo, all’insaputa del Parlamento, di armare i droni Reaper e di dotare di missili Cruise i sottomarini italiani e le fregate Fremm. Il tutto per ampliare il «raggio d’azione» dei sistemi d’attacco proiettando cosi la nostra capacità offensiva fino al «Mediterraneo allargato». A tutela, ovviamente, del nostro «interesse nazionale».

* Comitato Riconvertiamo Seafuture

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