Intorno alle 15 di ieri la Ong tedesca Sea Watch lancia l’allarme via social: «Il nostro aereo Moonbird ha documentato l’intercettazione e il respingimento di due imbarcazioni da parte della cosiddetta guardia costiera libica. Ci sono possibili casi ancora aperti e senza assistenza». Il caso ancora aperto era un terzo gommone e questa volta l’accusa da parte dei volontari è più grave: la Marina militare italiana sapeva del naufragio e non è intervenuta.

Dalla Libia ieri sarebbero partiti tre gommoni con circa 80 persone a bordo ciascuno. I primi due sono stati intercettati a poche miglia l’uno dall’altro dalla stessa motovedetta, la Sabratha, e riportati sulla costa africana. Il terzo natante è stato avvistato a nord est di Tripoli. Il Moonbird ha documentato con immagini e video i tubolari sgonfi, un lato già sotto il livello dell’acqua e almeno una decina di migranti già in mare, panico e urla a bordo perché continuava a entrare acqua. Secondo Sea Watch, a circa 30 miglia del gommone si sarebbe trovava la nave della Marina italiana, Comandante Bettica. Dal Moonbird sono partite le segnalazioni alla motovedetta italiana «inizialmente senza risposta»: «Dopo aver inviato un messaggio di Mayday Relay, l’aereo è riuscito a contattare la nave militare che ha informato l’equipaggio che una motovedetta libica stava per intervenire». Quindi si sarebbe alzato in volo l’elicottero dalla Bettica verso il gommone in difficoltà. L’aereo di Sea Watch è riuscito ad avvistare la motovedetta di Tripoli Fezzan mentre recuperava i naufraghi.

A Sea Watch la Marina ha risposto via social: «Avvistato natante in difficoltà dalla Ong. La Bettica a 80 chilometri ha inviato il proprio elicottero per supporto. Con elicottero in zona ha constatato l’avvenuto recupero dei migranti da parte della motovedetta libica in zona Sar libica». Caso chiuso. Ma il senatore Gregorio De Falco, da capitano della Guardia Costiera, ieri ha commentato via social: «La Bettica si sta tenendo volontariamente a distanza lasciando il campo libero a una motovedetta libica per riportarli indietro. Se fosse vero sarebbe un fatto gravissimo: non si può consentire che uomini, donne e bambini siano rimandati in quell’inferno che è la Libia». Attacca anche Mediterranea saving humans: «La Marina ha assistito dall’alto alla cattura, da parte di una motovedetta libica, di 80 persone che saranno riportate nell’inferno di violenze e abusi da cui cercavano di fuggire. E c’è chi festeggia la deportazione in Libia di oltre 200 persone».

Il riferimento è a Salvini che in mattinata aveva diffuso la notizia: «Duecento clandestini su due gommoni recuperati dalla Guardia costiera libica. Chi parla di porti aperti aiuta gli scafisti». Al leghista va bene appaltare i respingimenti a Tripoli, 250 riportati indietro ieri. L’Oim ha spiegato: «Gli scontri armati nella capitale aumentano di intensità. Non ci sono porti sicuri in Libia. Dal 4 aprile la periferia meridionale di Tripoli è oggetto di violenti scontri armati tra le forze del governo di accordo nazionale e dell’esercito nazionale libico che hanno causato finora circa 80mila sfollati e oltre 500 morti». Secondo l’Onu, ci sarebbero 3.400 migranti e rifugiati intrappolati nei centri di detenzione esposti ai combattimenti.