Se l’ufficio elettorale viene promosso a potere dello stato
Corte Costituzionale Con l'ordinanza numero 86 viene dichiarato inammissibile il conflitto di attribuzioni sorto nello strano caso di una candidata umbra nominata a riempire un seggio vacante in Sicilia
Corte Costituzionale Con l'ordinanza numero 86 viene dichiarato inammissibile il conflitto di attribuzioni sorto nello strano caso di una candidata umbra nominata a riempire un seggio vacante in Sicilia
Accontentiamoci finché siamo in tempo.
La Corte costituzionale ha depositato, a distanza di un mese dalla camera di consiglio del 6 maggio. l’ordinanza numero 86, con la quale è stato dichiarato inammissibile il conflitto di attribuzioni da me presentato per conto del senatore Gregorio De Falco, avverso una decisione della giunta delle elezioni del senato.
La giunta aveva deciso di proclamare eletta una candidata umbra per coprire un seggio rimasto vacante in Sicilia, alla faccia dell’articolo 57 primo comma della Costituzione che prevede che l’elezione del senato della Repubblica sia fatta a base regionale. A alla faccia anche dell’articolo 66 della Costituzione, in base al quale alle camere spetta di convalidare un parlamentare proclamato dall’ufficio elettorale regionale.
Ma non basta, perché con la disinvolta operazione sono stati travolti in un solo colpo anche gli articoli 48 e 58 della Costituzione, per i quali il voto è personale e diretto. Gli elettori umbri, che conoscevano la candidata, non le hanno ovviamente dato fiducia. E se il voto è diretto, sorprende che i voti dati in Sicilia abbiano eletto una persona a loro del tutto sconosciuta, che dovrebbe rappresentare in senato la nazione e anche la Regione Sicilia.
Altra anomalia è che il collegio sostitutivo non sia stato individuato dall’ufficio elettorale centrale, in analogia con quanto avviene alla camera, con il paradosso che ne ha beneficato una regione con sette seggi in soprannumero rispetto alla popolazione, quando gliene spetterebbero al massimo quattro. L’ordinanza della Corte costituzionale si è però peritata di non dare il minimo avallo all’operazione compiuta dalla giunta. Ha solo eccepito la legittimazione del senatore De Falco a promuovere un conflitto di attribuzione.
Questa legittimazione, secondo la Corte, sussisterebbe soltanto quando «siano prospettate violazioni manifeste delle prerogative costituzionali dei parlamentari rilevabili nella loro evidenza già in sede di sommaria delibazione» e, di conseguenza, è necessario che, a fondamento della propria legittimazione, il parlamentare «alleghi e comprovi una sostanziale negazione o un’evidente menomazione della funzione costituzionalmente attribuita al ricorrente, a tutela della quale è apprestato il rimedio giurisdizionale innanzi a questa Corte ex articolo 37, primo comma, della legge numero 87 del 1953».
Invece il senatore De Falco non ha contestato la procedura, ma ha contestato il risultato, cioè che entri a far parte del senato chi non ne aveva diritto. Non avrebbe reagito a qualsiasi altra nomina di un candidato siciliano.
L’ordinanza, come già l’ordinanza numero 17 del 2019 che ammise in via di principio il conflitto di attribuzione del singolo parlamentare, indica che altri organismi sono legittimati a promuovere il conflitto: l’ufficio elettore regionale siciliano e l’ufficio elettorale centrale nazionale.
A pensarci bene si tratta di un bel passo in avanti nello status degli uffici elettorali, che potrebbe portare anche, come sarebbe auspicabile, a riconoscere loro il potere di sollevare questioni di legittimità costituzionale sulle leggi elettorali.
In questo modo potrebbe alla fine diminuire il rischio che il prossimo parlamento, cui spetterà di eleggere quattro membri della Corte costituzionale, sia partorito dalla terza legge elettorale incostituzionale che abbiamo dovuto vedere in questo paese.
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