Se Lily dà voce alla storia di tutte le figlie e di tutte le loro madri
SCAFFALE «Quella roba lì della tristezza, un giorno l’ho capito che era come un modo di imporre me stessa»: dopo anni, decenni, che Lily, la protagonista del nuovo romanzo di Rossana […]
SCAFFALE «Quella roba lì della tristezza, un giorno l’ho capito che era come un modo di imporre me stessa»: dopo anni, decenni, che Lily, la protagonista del nuovo romanzo di Rossana […]
«Quella roba lì della tristezza, un giorno l’ho capito che era come un modo di imporre me stessa»: dopo anni, decenni, che Lily, la protagonista del nuovo romanzo di Rossana Campo Conversazioni amorose edito da Bompiani (pp. 156, euro 14) cerca di ottenere dalla madre delle risposte, finalmente Teresa accetta di parlarle, davanti a una telecamera, offrendo a sua figlia una possibilità di rasserenarsi. Chi legge si trova così di fronte, come accade sempre nei romanzi di Rossana Campo, alla descrizione di verità fondamentali raccontate con una semplicità disarmante, come forse solo si può descrivere l’evidenza. Per esempio, il fatto che la tristezza sia anche una forma di aggressività, un modo prepotente per affermare un’identità che non riesce a respirare al di fuori del conflitto o del dramma. Si tratta di una caratteristica di molte delle donne protagoniste di numerosi romanzi che trattano del rapporto madre-figlia, ma questa chiarezza così schietta e immediata è invece rarissima, è un dono della scrittura di Campo che come la sua protagonista Lily è: «una cacciatrice di verità».
NEL ROMANZO questa ricerca è affrontata su due fronti, quello della relazione con gli uomini e quello del rapporto col materno, perché: «il modo in cui viviamo l’amore ha parecchio a che fare con quello che è successo con le nostre madri». Lily, per esempio, ha la tendenza a innamorarsi di persone distruttive, con vari problemi di dipendenza o di malattia mentale, ma non sono tali maschi così riconoscibili e scontati i protagonisti di questo romanzo. Già nella prima pagina Lily è con Philippe, un medico che ha comprato dei suoi disegni, un piccolo collezionista d’arte con un corpo tonico e molta energia sessuale, soprattutto con una fede romantica e indefessa nell’amore che secondo lui: «deve essere forte, deve darti alla testa».
Campo non racconta la favola della redenzione, dell’incontro riparatore che cancella gli anni di errori e fallimenti: Philippe è sposato, ha due figli e non vuole mai parlare della propria famiglia.
Ciò che di buono accade è che Lily, che immaginiamo avere quarant’anni abbondanti, nella sua amata Parigi, circondata da amici e impegnata sul fronte della terapia individuale e di gruppo, riesce a non agire l’eccesso: non impazzisce per Philippe, né rifiuta il suo amore perché lui non è libero. Cerca e riesce a rimanere concentrata su se stessa, senza che il racconto di questa prova esistenziale diventi mai noioso né soprattutto eroico.
CAMPO SA STARE VICINO alla sua Lily senza mai discostarsi un momento dalla realtà, in modo che chi legge si trova nella condizione invidiabile di essere in sua compagnia, nella casetta parigina in cui abita, insieme ai suoi amici strambi mentre compongono un puzzle o in un alberghetto gelato, dove lei e Philippe fanno dell’ottimo sesso.
In questo contatto così ravvicinato con la vita ciò che si crede vero si sgretola e lascia spazio all’ambivalenza: «“Non voglio essere sottomessa. E non voglio sentirmi usata”. “Però mi vuoi sottomettere. Tu vuoi sottomettere me, Lily”».
Scrivendo un romanzo sgombro da convinzioni, Rossana Campo riesce, raccontando una storia minuta, di una donna sola, di sua madre rimasta vedova, di un amante appassionato e instabile, ad accogliere nelle sue pagine l’universale, moltissime storie: «i collant, i calzettoni, le scarpe, le ciabatte, gli assorbenti, il cappotto col collo di pelliccia finta, i bigodini, i pettini, le spazzole, il rimmel, il suo ombretto verde Qualcosa che le era sembrato provenire da lontananze di secoli e millenni, qualcosa che forse condivideva con tante donne, la storia di tutte le figlie e delle loro madri».
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