Editoriale

Se le destre sono metà del Paese

Se le destre sono metà del PaeseL'abbraccio di Giorgia Meloni e Matteo Salvini in piazza nel 2019 – LaPresse

Diffidiamo, da sempre, dei sondaggi. Soprattutto quelli elettorali. Nel corso della storia, anche recente, si sono moltiplicati i casi di errori clamorosi, che poi hanno portato a commettere altri errori. […]

Pubblicato più di 3 anni faEdizione del 15 giugno 2021

Diffidiamo, da sempre, dei sondaggi. Soprattutto quelli elettorali. Nel corso della storia, anche recente, si sono moltiplicati i casi di errori clamorosi, che poi hanno portato a commettere altri errori. Perché i sondaggi sono così, mai neutri. Tuttavia possono indicare una tendenza – politica, sociale, culturale, economica – soprattutto quando si riscontra una continuità nei periodici rilevamenti. Come ad esempio quella che indica una preminenza delle forze politiche di centrodestra e di destra.

Nell’ultimo sondaggio Ipsos, Berlusconi, Meloni e Salvini arrivano (o meglio, arriverebbero), al 50 per cento dei voti degli italiani. Ed è un dato – se lo accettiamo, se lo prendiamo per buono – abbastanza preoccupante. Anche perché confermerebbe quello che una parte dell’opinione pubblica democratica sostiene da tempo, l’essere, l’Italia, un paese di destra.
Se condividiamo questo “scatto fotografico” dobbiamo comunque dire che una buona parte degli elettori resta su posizioni progressiste.

Ma è un dato di fatto che non può consolarci. Allora dovremmo cercare di capire le ragioni che spingono la crescita delle destre. La risposta non è semplice, semmai complicata dal fatto che viene registrata alla fine di una emergenza pandemica che ha devastato il Paese sotto ogni punto di vista, inciso in profondità sulla nostra vita, condizionando il futuro di 60 milioni di persone.

Nasce qui e subito una domanda: se i governi Conte 2 e Draghi hanno preso decisioni impopolari, necessarie per fronteggiare il virus, è possibile che una parte ampia dei cittadini le abbia più subite che condivise? E che tanti abbiano accettato i lockdown solo per paura e non già perché inevitabili? Che la parola “libertà” si sia spogliata di ogni connotato collettivo per vestirsi di un individualismo senza se e senza ma? Che il sistema sanitario abbia dimostrato profonde lacune, in particolare nell’affrontare le patologie più diffuse e mortali, passate in secondo piano? Oppure che l’ampio “esercito delle partite Iva” abbia dovuto ingoiare il rospo delle chiusure forzate di buona parte delle attività, senza ottenere adeguati “ristori”?

Queste e tante altre ragioni, possono aver alimentato un malessere che non è sfociato nella rabbia e nella rivolta, rimanendo nell’ambito del dissenso che doveva e voleva trovare un colpevole ad ogni costo: il governo “giallorosa” prima, e adesso la larga coalizione guidata da Draghi e quindi le forze che lo sostengono. Non per caso Fratelli d’Italia cresce in modo impetuoso: stare all’opposizione da destra ora è premiante, mentre la partecipazione al governo diventa punitiva per Salvini, in deficit di consensi, viene visto come corresponsabile di una situazione di largo scontento.

Probabilmente c’è qualcosa che marcia nel profondo del Paese, logorando valori, sentimenti, partecipazione, a favore degli umori “di pancia”, che hanno premiato – e premiano – i comportamenti più retrivi della società, nella pretesa di risposte semplici a problemi sempre più complicati. Dal grillismo di qualche anno fa, alla successiva esplosione del salvinismo, all’attuale successo per Meloni, ritroviamo un filo conduttore di destra conservatrice, reazionaria, apparentemente anti sistema.

Un filo che l’area democratica non ha saputo individuare e contrastare a tempo debito, perché era stato cucito nella tenuta di Arcore dal grande tessitore Berlusconi. Il Pd, allora, stava a guardare, ben accomodato nei tanti luoghi di potere che occupava, convinto che le proprie stanze dei bottoni avrebbero avuto lunga vita. Non è stato così. E di certo il renzismo ha contribuito in modo radicale a distruggere una storia di democrazia, minando alle basi il suo stesso partito. Dalla crisi del Pd e del berlusconismo, milioni di voti hanno quindi iniziato a navigare in mare aperto, approdando sulle sponde dei 5S prima, della Lega poi, dei nuovi fascisti adesso.

Rimanendo alla superficie di un’analisi, che richiederà successive articolazioni, per chi è di sinistra, per chi non si riconosce nel Pd, il sondaggio è poi abbastanza deludente. Se non proprio sconfortante. Perché Art.1 e Sinistra Italiana non raggiungerebbero, insieme, forse neppure il 3 per cento dei consensi. E sia Art.1, che sta al governo e ha un ministro molto esposto, che Sinistra Italiana, all’opposizione, non riescono a conquistare una pur minima, significativa crescita elettorale. Forse a vantaggio del Pd che, in base al sondaggio, diventerebbe il primo partito, seppure di poco, con il 20,8 per cento.

C’è da chiedersi perché chi si batte per i diritti di tutti, per il lavoro, per la solidarietà, per una società più libera, per un ambiente più sano, per evitare qualsiasi forma di sfruttamento e di prevaricazione, non riesca a ottenere un sostegno popolare più ampio. L’informazione (e dunque l’ignoranza), la comunicazione (e dunque la deriva dell’uomo solo al comando), sono e restano una sorta di specchio deformante. Ma è obbligatoria una riflessione su quest’area depressa da personalismi, ideologismi, rancori, divisioni che agli occhi di chi guarda, appaiono spesso sterili, se non proprio ridicoli. Chiedo: e se fosse proprio questa frammentazione-frantumazione a determinare una percentuale di consensi da zero virgola?

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