Se le artiste turche raccontano il mondo
Mostre Il museo Istanbul Modern, ex magazzino sul Bosforo del quartiere di Karaköy, che ha riaperto recentemente con la ristrutturazione di Renzo Piano, ospita la collettiva «Always Here», con i lavori-atti di resistenza di undici autrici
Mostre Il museo Istanbul Modern, ex magazzino sul Bosforo del quartiere di Karaköy, che ha riaperto recentemente con la ristrutturazione di Renzo Piano, ospita la collettiva «Always Here», con i lavori-atti di resistenza di undici autrici
La provocatoria domanda che Linda Nochlin ha formulato nel titolo di uno dei suoi saggi più noti, Why Have There Been No Great Women Artists? (1971) – «perché non ci sono state grandi artiste?» – è anche il punto di vista ribaltato della mostra collettiva Always Here (fino al 31 dicembre), curata da Öykü Özsoy Sagnak al primo piano dell’Istanbul Modern.
IL NUOVO MUSEO progettato da Renzo Piano è stato riaperto nella tarda primavera scorsa dopo cinque anni di lavori lì dove, nel 2004, era stato costruito il primo museo d’arte moderna e contemporanea della Turchia trasformando un ex magazzino del quartiere di Karaköy di fronte al Bosforo. Se non proprio da sempre, l’attenzione di questo museo pubblico al lavoro delle artiste turche si è istituzionalizzata dal 2016 con la creazione del Women Artists Fund che supporta parallelamente la produzione dei lavori delle donne e la loro visibilità nello scenario creativo nazionale e internazionale.
LE COLLEZIONI dell’Istanbul Modern contano anche di un corpus notevole di opere, esposte nella sezione permanente, di artiste prevalentemente femministe appartenenti a diverse generazioni, tra loro Nil Yalter (1938), Nur Koçak (1941), Gülsün Karamustafa (1946), Enci Eviner (1956), Sükran Moral (1962), Nezaket Ekici (1970), ognuna con più di un’opera realizzata con medium diversi. Artiste di grande spessore umano, sociale e politico che talvolta ricorrono a un linguaggio fatto di silenzi, storie sussurrate, allusioni e metafore per rafforzare il messaggio di cui si fanno portavoce: il non detto come strumento per aggirare la censura, atto in sé di resistenza. In Always Here, tra le 17 opere delle 11 artiste sono presenti lavori espliciti come Against the current (2013) di Günes Terkol (1981) ed altri più evocativi come l’installazione A study on Endless Archipelagos (2017) di Hera Büyüktascıyan (1984).
COMUNE AD ENTRAMBE, un approccio poetico in cui la condivisione di «geografie» interiori intrise di vissuto personale ha una valenza che, lungi dal tradursi in esercizio di autoreferenzialità, esprime una coerente visione universale. Esposta anche nella mostra Istanbul. Passione, gioia, furore al Maxxi di Roma nel 2015-16, Against the current è concepita come uno striscione di tessuto che Terkol ha realizzato in occasione della sua partecipazione alla collettiva Signs Taken in Wonder, durante un workshop nella Giornata internazionale della donna al Mak – Museo di arti applicate di Vienna con il coinvolgimento di un gruppo di partecipanti che aveva risposto all’open call lanciata dall’artista. Nel banner sono raffigurate delle donne in nero che manifestano per affermare i diritti fondamentali – lavoro, uguaglianza – tra difficoltà e ingiustizie. Nell’azione stessa del lavoro collettivo che si riflette nell’opera d’arte, l’io di quelle donne diventa coscienza di sé.
Diversamente, Hera Büyüktascıyan crea quattro set separati collezionando frammenti di mattonelle e pezzetti di muri che fissa a piccoli piedi fusi nel bronzo che pone su basi di legno. Il transfer spazio-temporale è demandato proprio a questi piedini stilizzati.
L’ARTISTA CHE HA SEMPRE nutrito interesse per le storie stratificate, inesplorate, sotterranee o invisibili, che le offrono l’opportunità per riflessioni legate all’identità e alla fluidità della memoria in una parentesi cronologica flessibile, in A study on Endless Archipelagos crea una sorta di diario personale in cui l’orizzonte si fa più ampio. Un pezzetto di mattonella proveniente dalla Chiesa del monastero di San Spiridone nell’isola di Heybeliada, nel mar di Marmara al largo di Istanbul, dove è nata e cresciuta è per lei il punto di partenza per cercare, osservare e recuperare in altri luoghi vicini e lontani altri elementi di strutture architettoniche abbandonate a cui restituire una seconda vita. Allenare lo sguardo a rintracciare i segni meno visibili della storia passata non può che essere una diversa prospettiva per affrontare il presente.
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