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Se l’avvocato rompe urne o Draghi bis. E spunta l’ipotesi di un governo Franco

Se l’avvocato rompe urne o Draghi bis. E spunta l’ipotesi di un governo FrancoIl ministro dell'Economia Daniele Franco – LaPresse

I dilemmi della crisi Letta insiste: si va alle urne. Ma nel 2022 è (quasi) impossibile. In caso di indisponibilità del premier, il ministro dell'Economia potrebbe guidare un governo per fare la legge di stabilità, per poi votare a febbraio

Pubblicato circa 2 anni faEdizione del 9 luglio 2022

Che succede se il M5S esce dalla maggioranza? La domanda arrovella i palazzi semivuoti alla vigilia del fine settimana e divide i partiti, in particolare il Pd. Letta, dopo aver detto giovedì che «nel caso ci porremo il problema di cosa fare», ieri è tornato a fare muro: «Per noi questo è l’ultimo governo della legislatura». Il leader dem fa riferimento alle conclusioni della direzione del 30 giugno, quando questa linea è passata all’unanimità.

Lo fa per richiamare i suoi all’ordine, consapevole che gran parte del partito (da Franceschini a Guerini) la pensa come Italia Viva: «Si andrebbe avanti lo stesso con Draghi fino al 2023». Ma come, siamo stati più draghiani di Draghi e adesso facciamo saltare tutta la compagnia?» si domanda un parlamentare arrabbiato. «Ma non ci siamo stancati di inseguire Conte nelle sue follie?».

Un umore tutt’altro che isolato. Letta invece insiste, lo fa per tenere buoni i grillini, convinto che il fronte giallorosso dovrebbe restare unito fino alla fine della legislatura nel sostegno a Draghi. Che questo sarebbe un ottimo cemento per la coalizione, e per presentarsi al voto della primavera 2023 con il bollino della responsabilità.

Ma lo scenario sognato dal leader democratico scricchiola. E così il tema di cosa fare davanti a uno strappo di Conte si pone con sempre maggiore insistenza. Letta, dopo l’esito delle comunali, ai suoi collaboratori ripete che «il Pd non alcuna paura del voto». Ma è consapevole che nel caso in cui Draghi e Mattarella decidessero per un bis senza il M5S lui non potrebbe chiamarsi fuori, al di là degli umori del suo partito. Anche se questo significherebbe portare avanti la coabitazione con Salvini per altri mesi. Se poi la Lega dovesse sganciarsi sarebbe tutto un altro discorso. Sarebbe la fine vera del governo di larghe intese.

Ma anche se fosse solo Conte a lasciare la barca, bisogna capire cosa farebbe Draghi. Nel caso di un suo forfait, alla indisponibilità a guidare un governo più debole, da qualcuno già definito «balneare», potrebbe nascere l’ultimo fuoco pirotecnico di questa pazza legislatura : un governo tecnico e di scopo guidato dal ministro dell’Economia Daniele Franco, con l’unico compito di approvare una legge di bilancio per poi andare al voto a febbraio.

Un governo senza grandi ambizioni, nato per poter presentare a metà ottobre la finanziaria Bruxelles e per portare il paese alle urne. Magari con un ritocco della legge elettorale, su cui la Lega ancora ieri frenava dopo alcuni primi abboccamenti con il Pd (ci sono stati contatti tra il dem Dario Parrini e il leghista Calderoli) su un sistema proporzionale con premio alla coalizione.

Per il Pd sarebbe impossibile dire no a un governo di questo tipo. E probabilmente anche per Lega Forza Italia, Renzi,e Di Maio. Ma occorre tenere conto delle forti spinti internazionali che arriverebbero per lasciare a palazzo Chigi Super Mario. «A me pare difficile che possa nascere un altro governo. È anche difficile che possa andare avanti un Governo con un M5S che passa all’opposizione, anche se i numeri formalmente ci sono», ha detto ieri il numero 2 di Forza Italia Antonio Tajani.

Di certo un voto entro il 2022 resta improbabile: per farlo, conti alla mano, bisognerebbe sciogliere le Camere entro il 3 agosto per poter votare a inizio ottobre e consentire al nuovo Parlamento di votare la finanziaria entro fine anno. Scenario improbabile.

A Francesco Boccia tocca invece mandare messaggi rassicuranti al leader 5S: «Conte è u alleato vero, serio e affidabile, abbiamo una visione comune di società: con lui e con Draghi abbiamo l’obiettivo di tenere il Paese in sicurezza e completare il lavoro iniziato nel 2021, anche se con questa destra non è facile». Ma nel Pd non tutti la pensano così. E cresce il gruppo di chi vorrebbe Di Maio alleato al posto di Giuseppi.

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