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Se l’app ti cambia la vita

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Al cinema Tra preti, commesse e giovani coatti, il nuovo film di Carlo Verdone rinnova l'immagine del comico, in grande forma, che cerca al tempo stesso di mantenersi fedele a se stesso

Pubblicato quasi 7 anni faEdizione del 11 gennaio 2018

Quando Carlo Verdone di oggi si confronta allo specchio con un se stesso dei tempi di Troppo forte, cioè truccato con bandana e occhiali neri, il pubblico che lo ha davvero seguito e amato in tutte le sue avventure cinematografiche, si rende conto dello sforzo che ogni anno l’attore fa nei suoi film non tanto per avvicinarsi a quell’immagine, ormai iconica, degli anni ’80, ma soprattutto per non deludere quel pubblico e rimanere fedele al se stesso di allora. Più che nei suoi precedenti ultimi film, in questo Benedetta follia, che ha scritto assieme a Menotti e a Nicola Guaglianone, il duo responsabile di Jeeg Robot, Verdone sembra essere obbligato da una parte al confronto col vecchio se stesso cinematografico, che forse avrebbe voluto per lui dei personaggi meno borghesi e più vitali, da un’altra all’amore e alla riconoscenza che tutti sullo schermo e dietro lo schermo sembrano provare per lui. Come se, insomma, il film servisse soprattutto come omaggio a un attore e a un regista che non ha mai tradito il suo pubblico e ha sempre cercato di dare il massimo.

 
Menotti e Guaglianone, infatti, oltre a svecchiare notevolmente la commedia verdoniana, a costruire una serie di gag di gran divertimento, non riescono né a non essere rispettosi delle tematiche solite del cinema di Verdone, né a non voler tentare delle gag e delle situazioni che lo riportino come a visitare i suoi set più celebri. Basta vedere come Carlo pronuncia«strano» rifacendosi a Viaggi di nozze o vada in moto come in Troppo forte.
Certo, non si permette di avere una storia sullo schermo con la troppo più giovane Ilenia Pastorelli, strepitosa anche qui dopo l’esordio in Jeeg Robot, ma costruisce con lei una serie di gag molto divertenti che portano avanti proprio quest’impostazione quasi di film-studio dell’universo verdoniano. «Guarda, un castorino», fa lei vedendo un ratto sulle rive del Tevere. «Ma che castorino, è un sorcio», fa Verdone. Solo per come dice sorcio e per quel catsorino, diventa un momento comico fortissimo che potrebbe vivere in ognuno dei suoi film.
La storia vede un Verdone ultraborghese, vende addirittura prodotti sacri nel centro di Roma, che viene lasciato dalla moglie, Lucrezia Lante della Rovere, che non ne può più della sua vita noiosa e sceglie di andarsene con la commessa del marito. Scandalo! Ma non più di tanto. Visto che lui la riprenderebbe subito, come un Alberto Sordi nei film degli anni ’70. A smuoverlo dalla sua depressione ci penserà una giovane coatta di Tor Tre Teste, appunto Ilenia Pastorelli, che prenderà il posto della commessa fuggita con la moglie.

 
Sarà lei a fargli conoscere, tramite un app di appuntamenti, nuove persone, magari adatte a lui. La parte comica è proprio nella serie di sketch che vedono Verdone alle prese con donne impossibili di ogni tipo e nei tentativi della Pastorelli di spingerlo un po’ fuori dalla depressione post-abbandono. Tutte le ragazze del ricco cast, da Maria Pia Calzone a Paola Minaccionia Francesca Manzini girano attorno a un Verdone in gran forma, che si sente pienamente nel suo mondo sia al Pantheon tra i preti che in periferia tra i coatti. Decisamente più divertente di molti dei suoi ultimi film. Ma soprattutto qualcosa di nuovo.

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