Esattamente un anno fa, il rinvenimento di ventiquattro statue di bronzo a San Casciano dei Bagni – località termale in provincia di Siena nota per le sue acque sulfuree – fece il giro del mondo. A «sospingere» la notizia fu l’iperbolico paragone delle sculture, alte circa un metro e datate tra II e I secolo a.C., con i maestosi Bronzi di Riace, capolavori dell’arte greca del V secolo a.C., di cui nel 2022 ricorreva il 50esimo anniversario della scoperta. In realtà, gli scavi nel Bagno grande del santuario etrusco e romano situato nell’alta valle del fiume Paglia, all’ombra della montagna di Cetona – in un’area anticamente appartenente al territorio di Chiusi confinante con le città federate di Vulci e Volsinii (Orvieto) –, erano già balzati agli onori della cronaca quando, nell’estate del 2021, gli archeologi dell’Università per stranieri di Siena avevano riportato alla luce un deposito votivo composto da migliaia di monete in oro, oricalco e bronzo congiuntamente a numerosi ex-voto raffiguranti un seno e bambini in fasce.
Ma è grazie al clamore suscitato dalle statue riemerse dal fango – alzate al cielo dagli archeologi, a favore di telecamera, un po’ come fossero nuovi nati, un po’ come trofei – che in Italia si è scatenata una vera e propria Sancascianomania, la quale ha facilmente contagiato anche l’allora neo-ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano.
NON STUPISCE, dunque, che mentre è ancora in corso presso il Palazzo del Quirinale la rassegna Gli dei ritornano, dedicata agli oltre duecento manufatti in bronzo che testimoniano la frequentazione del santuario di San Casciano dal III secolo a.C. al IV secolo d.C., sabato scorso sia stata colta l’occasione per presentare una nuova statua. Questa volta, ad affiorare dalle sorgenti calde dove sgorgano 30 litri d’acqua al secondo è un Apollo di marmo, ridotto in frammenti e di cui mancano le braccia e parti della testa (l’altezza residua sfiora i due metri). L’eccitazione per la scoperta è stata ancora una volta debordante, al punto che il direttore scientifico degli scavi Jacopo Tabolli ha dichiarato all’Ansa che «fra le nostre braccia quel corpo di marmo era caldo tanto da sembrare vivo». Insomma, assieme agli dei ritorna anche l’archeologia emozionale, che – malgrado l’interesse di uno scavo condotto con grande impegno delle istituzioni e degli archeologi coordinati sul campo da Emanuele Mariotti – ha finora privilegiato una comunicazione improntata al sensazionalismo. Eppure, anche in questo caso, la scoperta va ben oltre il feticismo nei confronti di una statua.
È LO STESSO TABOLLI a spiegare che all’Apollo – divinità alla quale, nel medesimo santuario, fu consacrato un altare di travertino – era associato «un particolarissimo donario in pietra con un’iscrizione bilingue». L’etruscologo sottolinea inoltre che l’ampliamento dello scavo ha consentito di appurare che intorno alla sorgente e alla sua vasca rituale era stato costruito un vero e proprio tempio con il portico ornato da quattro colonne. La vasca era invece parzialmente coperta da un podio atto ad ospitare grandi statue: è qui che svettava il giovane Apollo «Sauroctono», rappresentato cioè nell’atto di uccidere una lucertola? Gli studiosi si spingono fino ad ipotizzare che l’esemplare di San Casciano sia la copia di una scultura di Prassitele, il cui originale è conservato dal 2014 al Cleveland Museum of Art, negli Stati Uniti, dove è arrivato tramite il traffico illecito di reperti, secondo alcuni dopo essere stato trafugato nei fondali marini del Sud Italia.
I RECENTI SCAVI hanno anche permesso di accertare che l’edificio sacro è stato costruito, in totale continuità di culto, sopra un più antico sacello etrusco, di cui sono visibili le mura. I Romani, oltre a regolare l’orientamento del tempio sul terreno, ingrandirono e resero più sfarzosa la vasca destinata ad accogliere le offerte votive. Dati, questi ultimi, che si aggiungono a un contesto «multiculturale» già ricco di informazioni, che testimonia come in un’epoca di grandi conflitti tra Roma e le città etrusche, i «conquistatori» condividessero con la popolazione autoctona devozione e preghiere. Anche l’area esterna alla vasca e al tempio che ne nascondeva la vista ai fedeli era, per riprendere le parole di Mariotti, «brulicante di vita».
Nel terreno circostante si trovano sparsi, infatti, miriadi di doni e manufatti legati a rituali. Tra quelli appena recuperati spicca un pesciolino in cristallo di rocca. Una storia, quella di San Casciano dei Bagni, disseminata di piccole storie, che vale la pena continuare a indagare e a raccontare. Senza indulgere, tuttavia, nell’esaltazione dell’oggetto prezioso ed esteticamente attraente, che rischia di riportarci al tempo in cui l’archeologia era considerata una caccia al tesoro (o, una pesca miracolosa…).
La scoperta dei bronzi di San Casciano è stata insignita dell’International Discovery Award “Khaled al-Asaad” durante la XXV edizione della Borsa Mediterranea del Turismo Archeologico (Bmta) svoltasi a Paestum agli inizi di novembre.
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