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Se la politica è un comune settore commerciale

Se la politica è un comune settore commercialeMark Zuckerberg

Facebook È una bella cosa quando i governi, i parlamenti, le televisioni e i giornali scoprono l’acqua calda. Negli ultimi giorni i giornali di tutto il mondo (meno quelli italiani, occupati […]

Pubblicato più di 6 anni faEdizione del 29 marzo 2018

È una bella cosa quando i governi, i parlamenti, le televisioni e i giornali scoprono l’acqua calda. Negli ultimi giorni i giornali di tutto il mondo (meno quelli italiani, occupati con Grillo e Salvini) hanno scoperto lo scandalo di Cambridge Analytica.

Dunque avrebbe “rubato” i dati personali di 50 milioni di americani su Facebook, usandoli poi per far vincere le elezioni del 2016 a Trump. Altrettanto avrebbe fatto in Gran Bretagna per favorire i sostenitori dell’uscita dall’Unione europea nel referendum. Improvvisamente le commissioni parlamentari convocano Zuckerberg, si stracciano le vesti, promettono di riscrivere le leggi sulla privacy. Una nuova era di protezione dei dati personali si annuncia.

La Commissione europea trarrebbe beneficio dal rileggere un passo del vangelo di Luca: «Perché guardi la pagliuzza che è nell’occhio di tuo fratello e non ti accorgi della trave che è nel tuo occhio?» (Luca 6,41). Nel caso, la pagliuzza è la questione della protezione dei dati personali mentre le travi sono addirittura due: il business model di Facebook, Google, Apple, Amazon e Microsoft ma, soprattutto, il ruolo dei miliardari Robert e Rebekah Mercer nel manipolare il processo politico negli Stati Uniti e in Gran Bretagna.

Accusare Facebook di non proteggere i dati personali di chi usa la piattaforma è un po’ come accusare Dracula di preferire il sangue al vino rosso: è nella sua natura di vampirizzare i dati personali perché è di quello che si alimenta. Facebook e Google esistono in quanto possono rivendere i dati personali di chi li usa agli inserzionisti pubblicitari, esattamente come le televisioni commerciali esistono in quanto possono garantire un certo numero di spettatori al Mulino Bianco piuttosto che alla pasta Barilla. Il motivo del successo delle piattaforme è che possono dire ai produttori di croccantini per gatti chi sono i proprietari dei simpatici felini e quindi far arrivare le pubblicità solo a loro e non anche agli altri 50 milioni di italiani che amano i cani, i pappagalli o i criceti.

Per Facebook la politica è come qualsiasi altro settore commerciale: se Cambridge Analytica cercava degli elettori maschi, bianchi, residenti in Pennsylvania, Michigan e Wisconsin, diffidenti nei confronti di Trump ma disperatamente desiderosi di cambiamento, incerti se andare a votare o no, Facebook poteva fornire i dati e li ha forniti con i suoi consulenti integrati nell’organizzazione elettorale repubblicana. La storia dei dati “rubati” è una foglia di fico: Facebook mette a disposizione il proprio personale per ottimizzare lo sfruttamento dei dati richiesti dal cliente, altrimenti perché gli inserzionisti pagherebbero?

È una questione di approfondimento e sofisticazione: se si vuole sapere qual è il reddito medio e il livello di istruzione di un particolare sobborgo residenziale di Filadelfia basta andare sul sito del Census Bureau, l’istituto di statistica americano. Se invece si vuole sapere a chi indirizzare messaggi pubblicitari sulla “concorrenza sleale cinese”, si vanno a cercare gli ex operai delle acciaierie di Pittsburgh che ora lavorano nei McDonald’s per una paga oraria che è metà di quella che percepivano un tempo. Facebook non solo vi dirà quanti di loro possiedono armi e vanno a messa la domenica, indizi sicuri di una simpatia per i repubblicani, ma anche farà arrivare sulla loro pagina i messaggi utili per sfruttare questo potenziale.

Naturalmente, per confezionare i messaggi occorre avere competenza politica e questo è stato il ruolo di Stephen Bannon, che ha diretto la campagna elettorale di Trump nei due mesi cruciali prima del voto. E Bannon era una creatura di Robert e Rebekah Mercer, i miliardari di estrema destra che hanno creato Cambridge Analytica, controllano il sito Breitbart News e hanno presentato lo stesso Bannon a un Trump che stava andando alla deriva per mancanza di un’organizzazione adeguata.

Lo scandalo è l’esplosione della disuguaglianza e le sue conseguenze sulla democrazia, non la poca chiarezza di Facebook su quali dati raccoglie e come li usa. Se si insiste a guardare la pagliuzza della privacy, la trave del dominio del denaro sulla politica resterà intatta.

(1 – continua)

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