Cultura

Se la letteratura fantastica è in lingua asturiana

Se la letteratura fantastica è in lingua asturianaBlanca I. Fernández Quintana

Anticipazioni L’autrice sarà alla XV edizione del Premio Ostana sabato 24 (ore 17), per essere insignita del rinoscimento dedicato ai giovani scrittori e scrittrici

Pubblicato più di un anno faEdizione del 21 giugno 2023

Quando ho imparato a parlare e a pensare, l’ho fatto in asturiano, dato che sono nata a Bimenes. Nel giugno del 1997, quando io avevo due anni, Bimenes è stato uno dei comuni delle Asturie a dichiarare l’asturiano lingua ufficiale nel suo territorio e questo ha spinto altri a seguirlo. È stato un grande passo avanti e anche una rappresentazione di ciò che siamo.
L’asturiano, se gli avvenimenti storici fossero andati in modo diverso, avrebbe potuto essere la lingua ufficiale della Spagna, perché era la lingua che parlavano le poche roccaforti che non appartenevano all’Al-Andalus, e quando i cristiani tornarono a estendere il loro dominio sulla penisola, viaggiò con loro. Iniziò a essere sostituito come lingua di uso nel XIII secolo. Da quel momento, l’idioma ha continuato a sopravvivere, nonostante gli ostacoli e i detrattori.

PARLARE L’ASTURIANO significa avere la consapevolezza di dover lottare contro i pregiudizi infondati. Per esempio che è una lingua da contadini, che la sua versione standard è un’invenzione, o nei casi più negazionisti, che proprio non esiste. A volte, mi chiedo se ci siano due Asturie, perché la realtà è che, in minor o maggior grado, dal lessico fino alla sua espressione, la lingua continua a essere molto viva.
Ho perso il conto delle volte in cui, fuori dalla mia provincia, quando dico che parlo asturiano, mi chiedono: «Ma si parla ancora?». A quel punto, entra in gioco l’ignoranza. E questo si deve al fatto che molti libri di testo, quando introducono le lingue della penisola iberica, scelgono di dire che l’asturiano è un dialetto storico del latino (e che è morto quanto quest’ultimo). Sostengono la stessa cosa dell’aragonese. E se parliamo di lingue co-ufficiali, anche l’aranese e il mirandese (una varietà dell’asturiano diffusa in Portogallo) diventano invisibili. Perché dovremmo ignorare una parte della nostra identità e cultura? È una domanda senza risposta.
PARE ESSERE una questione politica che deriva in parte dalla repressione che subirono le nostre lingue durante la dittatura franchista. L’asturiano è politicizzato, fino al punto che i partiti – diciamo conservatori o molto conservatori – gli sono ostili. Gli stessi partiti che si vantano del fatto che le Asturie sono la culla della Spagna in quanto roccaforte che non fece parte dell’Al-Andalus, sembrano ignorare che questa gente il castigliano non lo parlava proprio.
La politica è ciò che si interpone fra l’asturiano e la sua co-ufficialità. L’asturiano gode dello stato giuridico di «lingua protetta». Ma questo non è sufficiente, soprattutto quando la legge non viene applicata, lasciando in realtà la lingua senza protezioni. Se dobbiamo cercare i colpevoli, in minor o maggior misura la colpa alberga in tutte le parti. Perché i partiti conservatori o ultra conservatori sono ostili, ma i partiti affini alla nostra lingua hanno promesso a tre generazioni di votanti una co-ufficialità che non è mai stata riconosciuta. Alcune volte è mancato l’appoggio sufficiente, ma altre i motivi sono stati la noncuranza e la passività.
Io continuerò a scrivere nella lingua che vivo e sento, come ha fatto chi mi ha preceduto. Come Enriqueta González Rubín, la prima autrice la cui opera è conservata in asturiano. Se scrivo letteratura fantastica è perché quando ero più giovane questo genere quasi non esisteva nella mia lingua e non c’erano nemmeno molte traduzioni. Mi sarebbe piaciuto avere l’opportunità di leggere le opere di Elisabetta Gnone in asturiano e non in castigliano.

PROBABILMENTE I MIEI LIBRI, essendo scritti in una lingua minoritaria, arriveranno a cento, duecento persone. Però, se anche solo a una di queste persone piace ciò che propongo, o se grazie a questo prendono in mano per la prima volta un libro in asturiano, io ne sono già felice. Non mi serve altro. Perché uno scrittore che usa l’asturiano, lo fa anche per militanza, lottando per la sua lingua.
Non sono sola, siamo in tanti a combattere ogni giorno per la normalizzazione e le pari opportunità della nostra lingua. Viene così portata in spazi nuovi, come TikTok, YouTube o i videogiochi. Il fatto che a malapena esista un doppiaggio in asturiano è un argomento in sospeso di cui si potrebbe discutere parecchio. Noi che lottiamo oggi riceviamo il testimone da quelli che ci hanno preceduto: coloro che hanno scritto i dizionari, redatto poesie, realizzato le regole ortografiche o che si sono fatti avanti, anno dopo anno, per la dignità del nostro idioma. E tutti quelli che non ci sono più e che non hanno potuto vedere il riconoscimento che la loro lingua merita.
(Traduzione di Silvia Mentini)

 

SCHEDA

Dal tamajaght al gaelico e basco

Il «Premio Ostana: scritture in lingua madre» torna nel borgo occitano ai piedi del Monviso dal 23 al 25 giugno. Fra gli ospiti, Hawad (tamajaght, tuareg); Bernardo Atxaga (basco, Spagna); Liliana Bertolo Boniface (francoprovenzale, Italia); Blanca I. Fernández
Quintana (lingua asturiana, Spagna); Monica Longobardi (occitana); Fiona Mackenzie (gaelica, Scozia).

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