Se la «grande Storia» passa per i popoli in movimento
Scaffale "L’inquietudine dell’Europa. Come la migrazione ha rimodellato un continente", il saggio dello storico dell'Università di Mancester, Peter Gatrell, tra i maggiori studiosi contemporanei delle migrazioni, per Einaudi
Scaffale "L’inquietudine dell’Europa. Come la migrazione ha rimodellato un continente", il saggio dello storico dell'Università di Mancester, Peter Gatrell, tra i maggiori studiosi contemporanei delle migrazioni, per Einaudi
Reinterpretare i grandi eventi verificatisi nell’Europa del dopoguerra ricollegandoli alla storia dei popoli in movimento. Questo l’obiettivo, pienamente raggiunto, che si è dato lo storico britannico Peter Gatrell, tra i maggiori studiosi contemporanei delle migrazioni, con L’inquietudine dell’Europa. Come la migrazione ha rimodellato un continente (Einaudi, pp. 608, euro 36, traduzione di Anna Tagliavini e Maria Baiocchi).
DOCENTE di Storia economica all’Università di Mancester, Gatrell ripercorre le vicende politiche e sociali europee, a partire dalla fine della Seconda guerra mondiale, utilizzando la sorte di rifugiati e migranti non come un elemento marginale o accessorio, ma come il vero «cuore» di quanto si andava compiendo. «Tutti i principali sviluppi nell’Europa del dopoguerra sono legati alla migrazione – sottolinea del resto lo storico – Si pensi alla ripresa e alla ricostruzione in tutto il Continente nel periodo postbellico; alle manovre di allineamento e avvicinamento tra gli Stati che diedero vita alla Comunità economica prima e all’Unione europea in seguito; alla creazione del blocco rivale, in senso politico ed economico, dei Paesi dell’Est; al crollo degli imperi d’oltremare e ai retaggi del dominio coloniale; alla fine del comunismo e alla ridefinizione della carte geografiche».
Ma l’appassionante racconto storico intessuto da Gatrell non descrive solo il modo in cui migrazioni e fughe verso la libertà o la salvezza si sono intrecciate inestricabilmente con i grandi avvenimenti degli ultimi settant’anni, ma anche e soprattutto la percezione che di ciò si è avuto nelle società europee attraverso il confronto pubblico e il dibattito politico come tramite lo sguardo del cinema e gli spunti narrativi di scrittori e intellettuali.
NON A CASO il saggio si apre con l’immagine delle barche malmesse di chi arriva e si chiude ricordando come solo i ponti ci parlino davvero di un futuro di pace e solidarietà. Con la consapevolezza che senza l’incontro e l’accoglienza l’Europa sarebbe forse «meno inquieta, ma anche assai diminuita».
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