Se la fantasia vince la fatica delle donne di san Juan
Scaffale latinoamericano La scrittrice colombiana Laura Acero e il suo romanzo «Donne nella nebbia» per Ventanas
Scaffale latinoamericano La scrittrice colombiana Laura Acero e il suo romanzo «Donne nella nebbia» per Ventanas
A dodici miglia di distanza da Santa Fé, si trova la regione montuosa del Páramo di Sumapaz, la quale non è stata esplorata da nessuno». Così scriveva nel 1810 Alexander von Humboldt a proposito dell’altopiano immenso e selvaggio, gelido e ricco d’acqua che, a poco più di un’ora da Bogotà, dal 1977 è diventato parco nazionale.
E SE LAURA ACERO, scrittrice colombiana nata a Bogotà nel 1990, ha scelto questa frase come epigrafe per il suo Donne nella nebbia (romanzo d’esordio ora tradotto da Serena Bianchi per Ventanas, pp. 138, euro 16), è proprio perché il páramo è tra i protagonisti di un libro che parla dei segni lasciati dalle lotte contadine e dagli anni della guerriglia, dell’eterna violenza contro le donne, del rapporto ambivalente con la maternità, del recupero di voci che nessuno ha mai voluto ascoltare, dell’importanza delle memoria e del peso del silenzio.
Come Laura Ortiz, altra autrice colombiana nota anche ai lettori italiani grazie a una bella raccolta di racconti (Creature della foresta, gran vía 2023), Acero si occupa da anni di promozione della lettura e, oltre ad aver portato nelle zone rurali una biblioteca mobile e itinerante, ha curato laboratori di scrittura e racconto orale in villaggi come san Juan, una cinquantina di case perse nel freddo e nella nebbia del páramo.
È PROPRIO dalla sua esperienza che nasce il libro, suddiviso in brevi capitoli i cui titoli rimandano alle attività quotidiane delle donne sanjuanine, dall’alba al calare del sole. Fatiche, cure e compiti che una volta alla settimana si interrompono per l’arrivo della prof, la giovane donna venuta da Bogotà per aiutare anziane e ragazze a mettere in pratica l’esortazione di Glora Anzaldua in A Letter to 3rd World Women Writers: «Dimentica la ’stanza tutta per sé’, scrivi in cucina, chiuditi in bagno. (…) Mentre lavi i pavimenti o fai il bucato ascolta le parole che cantano nel tuo corpo».
COSÌ, A POCO A POCO, le donne di san Juan vincono la diffidenza e imparano a raccontarsi e a raccontare, con parole che Acero raccoglie e conserva. Ma anche lei impara, stregata da un sapere diverso dal suo, da ricordi, segreti, storie e sogni altrui trasferiti sulla carta quasi con devozione, come per esplorare il confine tra oralità e scrittura, dando vita a qualcosa che è un po’ diario, un po’ documento, un po’ romanzo ancora acerbo e non del tutto risolto, ma ricco di fascino, suggestioni e spunti.
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