In uno degli scritti più fortunati e intelligenti (ancorché sbagliato) della storia del lavoro, Il diritto all’ozio (1883), Paul Lafargue cita il «sogno di Aristotele» formulato nella Politica a partire dall’episodio dell’Iliade, nel quale Teti si reca nella officina di Efesto e vede con meraviglia che tripodi, cui il dio ha messo delle ruote d’oro, si muovono da sé, e che fanciulle d’oro, «simili a fanciulle vere», si «affaticavano a sostenere il loro signore» storpio. A partire da questo episodio Aristotele formula il proprio «sogno», scrivendo che se «le spole tessessero da sé e i plettri toccassero la cetra, i...