Cultura

Se i Lares partono in tour per la California

Se i Lares partono in tour per la CaliforniaParticolare dal larario, Pompei

Patrimonio a rischio Istituzioni e musei archeologici prestano opere iconiche con troppa nonchalance. Fra gli altri, il Mann di Napoli ha permesso al celebre e mastodontico Atlante Farnese di raggiungere il Palazzo Reale di Palermo e circolano voci su un viaggio del mosaico di Alessandro Magno in Giappone

Pubblicato più di 3 anni faEdizione del 15 aprile 2021

Per i proprietari dell’antica Villa di Terzigno, in Campania, il larario era un luogo intimo, in cui raccogliersi per compiere piccoli gesti quotidiani in onore delle divinità domestiche, i Lares. Ma per la direzione del Matt (Museo Territoriale di Terzigno) lo splendido larario rinvenuto nella cucina della cosiddetta «Villa 6» in località Cava Ranieri non ha nulla di sacro.

UN PO’ DI FORTUNA, tuttavia, deve pur cagionarla agli amministratori locali se questi ne hanno consentito lo spostamento negli Stati Uniti, dove sarà esposto fino a settembre al Fine Arts Museums di San Francisco.
D’altra parte, il delicato affresco del I secolo a.C. con nicchia e altarino in pietra aveva già fatto bella mostra di sé nell’ambito della rassegna Pompei e Santorini svoltasi alle Scuderie del Quirinale dall’ottobre 2019 al gennaio 2020. In quell’occasione, il larario si trovava assieme ad altri affreschi, gioielli, elementi di mobilio in bronzo e uno sfavillante ninfeo con raffigurazione di giardini decorato con conchiglie e paste vitree, provenienti da Pompei: un’accozzaglia di lusso che, del tutto decontestualizzata, aveva il solo scopo di stupire i visitatori e alimentare la propaganda degli scavi diretti da Massimo Osanna nel sito vesuviano. Eppure, quella scena emblematica della religiosità romana, con i Lares giovinetti che affiancano il Genio familiare nell’atto di sacrificare e serpenti che si apprestano a divorare le offerte, è divenuta il simbolo del Matt, il cui scopo sarebbe – almeno a parole – quello di offrire una fruizione «continuativa e sistematica» finalizzata alla conoscenza di «aspetti significativi della vita nelle ville di campagna presenti nel territorio della periferia dell’antica Città di Pompei».

SEMPRE AL MATT, dichiara a il manifesto Marina Minniti – referente campana del collettivo Mi Riconosci? – mancherebbero le oreficerie della «Villa 2» di Terzigno, forse custodite in deposito oppure inviate in qualche capitale straniera alla stregua del tesoro pompeiano dalla Regio V detto «della fattucchiera», presentato lo scorso anno al Grand Palais di Parigi prima ancora che in Italia. Ma se il prestito di opere iconiche è gestito con nonchalance da istituzioni di secondo piano non è un tabù neanche per i musei archeologici «faro» del paese, a cui il ministro Dario Franceschini ha concesso l’autonomia.
Dal settembre 2020 il Museo Archeologico Nazionale di Napoli (Mann) ha infatti permesso al celebre e mastodontico Atlante Farnese di raggiungere il Palazzo Reale di Palermo per impreziosire la mostra sul Mediterraneo intitolata Terracqueo e, di recente, il medesimo museo è stato oggetto di un’interrogazione parlamentare della senatrice del Movimento 5stelle Margherita Corrado a proposito di un possibile «tour» del mosaico di Alessandro e della Tazza Farnese, due reperti non solo iconici ma anche particolarmente fragili pur nelle differenti dimensioni (lungo sei metri e largo tre il primo, di soli venti centimetri di diametro il secondo).

NEL PIANO STRATEGICO 2020 -2023 del Mann è menzionata infatti la stipula del secondo protocollo di intesa con l’Ermitage (in collaborazione con Ermitage Italia e con il coordinamento di Villaggio Globale international) per la realizzazione di mostre che prevedono il prestito sia del pavimento musivo rinvenuto nella Casa pompeiana del Fauno che della phiale (piatto da libagione, ndr) in agata sardonica di epoca ellenistica con incisa una sbalorditiva allegoria divina dell’Egitto dei Tolomei. Nello stesso documento si parla anche della stipula di un accordo con una la tv Asahi Shimbun di Tokyo per il restauro del mosaico di Alessandro a loro spese e successiva esposizione del manufatto al Museo nazionale di Tokyo. Dettaglio omesso nel comunicato stampa con cui il direttore Paolo Giulierini ha annunciato lo scorso marzo l’avvio del cantiere di restauro. Così, con il beneplacito del Ministero della cultura, il celeberrimo condottiero macedone rischia di fare la fine dell’anonimo e misterioso tuffatore di Paestum, la cui esile lastra tombale è certo rimasta nei patri confini (Milano e Napoli, per l’esposizione Mito e Natura tra 2015 e 2016) ma, con il pretesto di finanziare la ristrutturazione della sala che la ospita nella città magno-greca, ha pur sempre servito da merce.

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