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Se cambia il modello, il Sud può diventare la locomotiva verde

L’altra economia Il Mezzogiorno già oggi contribuisce alla riduzione della CO2 più del resto del paese, per il più basso livello dei consumi e produzione industriale, ma anche grazie alla presenza di Parchi nazionali e regionali, ricchi di biodiversità e superficie boscata

Pubblicato circa 5 anni faEdizione del 10 ottobre 2019

Nel corso della grande crisi del 2008, mentre il resto del paese si riprendeva, sia pure con tassi di sviluppo modesti, il Mezzogiorno ha continuato a languire nell’eterna recessione, senza neppure poter beneficiare dei fondi Ue per il Sud, scippati dalla Stato e destinati alla spesa corrente.

Per i leghisti, e non solo, il Sud d’Italia è diventato una palla al piede che impedisce all’Italia di crescere, mentre per i progressisti il Mezzogiorno rappresenta una risorsa fondamentale per far ripartire il paese. E’ quello che sostiene da anni il movimento sindacale e buona parte del centro-sinistra. Un approccio più accettabile, ma inadeguato.

Detto in altro modo, visto che nel Nord ormai c’è un eccesso di sfruttamento del territorio e che i costi di inurbamento di nuova manodopera sono sempre più alti, bisogna spostare gli investimenti al Sud che abbonda di manodopera e spazi (basti pensare al 30 per cento di terre abbandonate) per far ripartire lo sviluppo economico capitalistico, secondo il classico modello distruttivo di risorse umane e naturali, inquinante, iniquo, e senza futuro. Il Mezzogiorno da palla al piede a palla di cannone da sparare in alto per inseguire la crescita economica infinita. E la questione ambientale?

Proviamo a rovesciare, chiedendoci quale può essere il contributo del Mezzogiorno alla conversione ecologica del nostro paese diventata ormai urgente. La risposta è abbastanza semplice. Grandi potenzialità per le energie alternative (dall’idroelettrico, al solare, all’eolico), per una agricoltura tradizionale che rispetti la biodiversità, per il recupero di terre abbandonate, e per fortuna non inquinate come la pianura padana, per produrre “alimenti sani” che nel prossimo futuro diventeranno beni di lusso! Ed ancora: alle pratiche di autoconsumo e rapporti diretti consumatori/produttori che fino a poco tempo fa erano considerate forme premoderne di economia e società. Ed anche alcune infrastrutture, in particolare le linee ferroviarie obsolete se fossero ammodernate toglierebbero dalla circolazione quotidiana centinaia di migliaia di auto (mezzo di gran lunga più diffuso rispetto al resto d’Italia) perché nella gran parte del territorio meridionale, tolto l’asse

Nord-Sud, non ci sono collegamenti ferroviari adeguati.

Il Mezzogiorno già oggi contribuisce alla riduzione della CO2 più del resto del paese, per il più basso livello dei consumi e produzione industriale, ma anche grazie alla presenza di Parchi nazionali e regionali, ricchi di biodiversità e superficie boscata, che rappresentano rispettivamente il 40 e il 65 per cento della superficie totale dei Parchi naturali nel nostro paese. Può fare ancora di più per la conversione ecologica e dare una risposta, allo stesso tempo, al bisogno di lavoro qualificato per le nuove generazioni costrette ad emigrare in massa. Non vogliamo né assistenza pelosa, né essere funzionali al vecchio modello di sviluppo, ma far partire dal Sud un progetto-Italia che miri ad una vera riconversione ecologica, qualità della vita e riequilibrio sociale e territoriale.

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