Tour de France, tappa numero 7. C’è la cronometro di 25 chilometri fra Nuits-Saint-Georges e Gevrey-Chambertin. Si gareggia a pochi chilometri da Digione, capitale della Borgogna. Per uno dei corridori, Julien Bernard, nato a Nevers, significa correre nella sua regione, nei luoghi dove abita, dove si allena, dove ha un folto seguito di tifosi. Come spesso succede nel ciclismo, quando un beniamino passa vicino a casa, la gente corre a bordo pista per festeggiarlo. Chi segue le grandi corse a tappe, di certo ricorderà le oltre centomila persone che durante il Tour del 2023 si erano radunate sullo scollinamento del Petit Ballon per salutare l’ultima tappa di montagna di Thibaut Pinot che di lì a poco si sarebbe ritirato dall’attività agonistica.

La moglie di Julien Bernard, per fargli un regalo e condividere con amici e tifosi il passaggio del marito a due passi da casa, per mesi ha lavorato per far sì che un nutrito numero di persone fosse a bordo strada per festeggiarlo, anche perché non capita tutti i giorni di partecipare a un Tour che transita nei luoghi dove abiti.
Come c’era da aspettarsi, quando la gente ha visto arrivare Bernard ha cominciato a gridare, saltare, applaudire, incitarlo. Lui, benché fosse a una cronometro, ha rallentato, allungato le mani per toccare quelle di chi lo festeggiava e poi, quando ha visto la moglie con in braccio il figlio di pochi anni, si è fermato, ha messo un piede giù dal pedale, ha baciato la compagna ed è ripartito fra appalusi, pacche sulle spalle, incitamenti. I gendarmi presenti, due o tre marcantoni, non hanno potuto far altro che starsene a guardare anche perché non è facile, né saggio, andare a dire a gente felice «Siate un po’ meno felici». È stata una scena bellissima.

Julien Bernard, che è arrivato sessantunesimo, ha preferito godersi il momento anziché scannarsi per arrivare qualche secondo prima. Non gli interessava, né avrebbe potuto, vincere la tappa anche perché in classifica generale è trentanovesimo, a oltre venti minuti dalla maglia gialla, Tadej Pogacar.
Mentre spettatori, appassionati, tifosi guardavano e riguardavano quella scena che siti e televisioni trasmettevano a loop, l’Uci, l’irreprensibile Unione ciclisti internazionale, ha sezionato la gara, si è soffermata sui festeggiamenti tributati a Bernard e qualcuno deve aver pensato: «Oibò oibò. Che scena riprovevole è mai questa. Fermarsi durante una cronometro, scendere dai pedali, salutare la gente, addirittura baciare la moglie… inaudito. Dove andremo finire se un ciclista si comporta così? Siamo a una cronometro. Bisogna pedalare, mica strafugnarsi sulla consorte. E poi ha messo in pericolo i colleghi partiti dopo di lui. Ci sono delle regole. Bisogna arginare subito questi comportamenti indecenti».
Spulciato il regolamento, hanno trovato l’articolo 2.12.007-8.6 e punito Bernard per «Comportamento inopportuno durante la corsa che danneggia l’immagine dello sport». In virtù di tanto rigore, gli hanno comminato 200 franchi di multa. Una roba da guardiani della morale.
Io non seguo granché gli sport, però me li ricordo alcuni sputi dati da certi calciatori ad altri calciatori, mi ricordo pure certe testate sul petto e ho ben presente gli striscioni e i cori razzisti. Se puniamo uno per un bacio alla moglie, che dovremmo fare con gli altri?
Bernard ne è uscito con estrema eleganza. Postando su X la notizia della sanzione subita, ha scritto: «Desolato di aver portato disonore all’immagine dello Sport. Ma pagherei volentieri 200 franchi tutti i giorni per rivivere momenti come questo». Viva Julien Bernard, e sua moglie.

mariangela.mianiti@gmai.com