Scuola, salta solo il cinque per mille
Riforma Non c’è la copertura finanziaria, la camera cancella la norma che favoriva gli istituti con una platea di benestanti. Oggi il voto finale. Bonus, agevolazioni fiscali e fondo per premiare i prof più amati dai presidi. Fuori solo i precari. Confermate le detrazioni per chi sceglie le paritarie di ogni ordine e grado. Ma Renzi dice: stavolta non posso imporre la mia volontà come con l’Italicum
Riforma Non c’è la copertura finanziaria, la camera cancella la norma che favoriva gli istituti con una platea di benestanti. Oggi il voto finale. Bonus, agevolazioni fiscali e fondo per premiare i prof più amati dai presidi. Fuori solo i precari. Confermate le detrazioni per chi sceglie le paritarie di ogni ordine e grado. Ma Renzi dice: stavolta non posso imporre la mia volontà come con l’Italicum
«Sulla scuola non posso pretendere di imporre la mia volontà, non è l’Italicum». Nello studio di Porta a Porta, Matteo Renzi non ha più bisogno di raccontare la storia della legge elettorale «cambiata tre volte per ascoltare tutti». È il momento di presentare il disegno di legge sulla scuola per quello che non è, una riforma «che abbiamo molto cambiato». Ieri, nella terza e ultima giornata di votazioni alla camera dei deputati, c’è stata una sola modifica rispetto al testo presentato dal governo. Importante, perché l’esecutivo è stato costretto ad affossare il meccanismo del cinque per mille alle scuole. Ma lo ha fatto essenzialmente perché si è accorto di non aver previsto la necessaria copertura finanziaria. In pratica si giravano fondi già destinati all’istruzione.
La ragione per cui il Movimento 5 Stelle, Sel e la minoranza Pd si opponevano in particolare al 5 per mille, invece, era un’altra. Perché secondo l’impostazione originaria del disegno di legge i contribuenti avrebbero potuto indirizzare una quota delle loro tasse direttamente alla scuola di loro preferenza, con il risultato di favorire le scuole con una platea di benestanti. Una soluzione profondamente iniqua, secondo le opposizioni, alla quale la ministra Giannini ha rinunciato ufficialmente per ragioni contabili, pur aggiungendo in aula che «il governo non intende accantonare e abbandonare perché l’idea che questo articolo contiene ha un contenuto molto innovativo».
È stata questa l’unica novità della giornata, mentre sono stati approvati senza nessun ascolto per le richieste delle opposizioni, degli studenti e dei sindacati gli altri punti fondamentali della riforma, dal fondo di 200 milioni per gli insegnanti meritevoli da affidare alla valutazione dei dirigenti scolastici, al credito di imposta del 65% in favore di chi deciderà di contribuire alla ristrutturazione di una scuola a sua scelta, alla card (elettronica (550 euro) per gli aggiornamenti degli insegnanti, al limite di 36 mesi per i contratti di supplenza. Ed è passata senza intoppi malgrado i diversi tentativi delle opposizioni anche la detrazione di 400 euro all’anno per studente per agevolare il pagamento delle rette delle scuole paritarie di ogni ordine e grado. Dunque non solo le scuole materne e nemmeno le scuole dell’obbligo, come ha provato a chiedere con un emendamento anche la minoranza del Pd. Emendamento (primo firmatario il bersaniano Andrea Giorgis) votato da 37 deputati Pd e respinto.
Un passaggio, questo sulle scuole paritarie, che ha riempito di entusiasmo in particolare la componente centrista della maggioranza. «Si attua finalmente e concretamente il principio della parità scolastica e di libertà di educazione sanciti formalmente dalla legge Berlinguer nel 2000», ha detto l’ex ministro Lupi del Nuovo centrodestra. E il sottosegretario Toccafondi, esponente fiorentino dello stesso partito, ci ha visto «il crollo di un muro ideologico, finalmente lo stato riconosce che ciò che i genitori spendono per le rette delle paritarie sono soldi spesi per istruzione pubblica. Questa è una rivoluzione culturale e giuridica». Il governo invece fino a tarda sera non era riuscito a trovare una soluzione per l’articolo 10 del disegno di legge, quello che si occupa delle assunzioni, visto che non ha trovato i fondi per la stabilizzazione dei precari abilitati di seconda fascia come chiedono tutte le minoranze. Accantonato, l’articolo stava per essere discusso alla ripresa serale quando la relatrice Coccia ha chiesto un nuovo rinvio in attesa del parere della commissione bilancio.
Con una seduta notturna fino alla mezzanotte la camera ha proseguito l corsa per chiudere l’esame di tutti i 27 articoli della legge. Oggi è previsto il voto finale, preceduto dagli ordini del giorno. La minoranza Pd pensa di lasciare l’aula, ma al solito non si tratta di una linea condivisa da tutti i non renziani.
Poi il passaggio al senato dove, visti i numeri assai meno sicuri per il governo Renzi, dovrebbero arrivare le modifiche promesse. Non quella sulle detrazioni per le scuole paritarie superiori. «Restano assolutamente», ha detto Renzi nello studio di Porta a Porta. «Se c’è la scuola delle suorine che fa un servizio pubblico non è che la facciamo chiudere».
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