Come i docenti precari, anche il personale tecnico e amministrativo (Ata) è diviso fra chi porta a casa un anno intero di stipendio e chi ha scoperto in questi giorni che non ha più un posto di lavoro. Il 28 dicembre scorso infatti, dopo mesi di proclami in difesa del personale Ata, il ministero dell’Istruzione (e merito) ha diffuso una circolare con la quale, al contrario, si stabilisce che non ci saranno proroghe per quanti sono stati assunti con il Pnrr.

Circa 3 mila persone in tutta Italia non rientreranno al lavoro dopo la pausa invernale. Eppure si tratta di personale fondamentale per far funzionare gli istituti e assunto proprio per portare a termine i progetti di digitalizzazione previsti dal Pnrr e da Agenda Sud che adesso traballano, nella disperazione dei dirigenti che non sanno come proseguire. La scadenza di questi contratti non era però a fine progettazione (2026) ma al 31 dicembre 2023. «Pensavamo fosse scontato il rinnovo – racconta oggi Tommaso, tecnico in un istituto comprensivo della Toscana – anche per le rassicurazioni di tutte le forze politiche, invece prima di Capodanno ci è stata data la notizia».

La nota dirigenziale diffusa dal Mim fa un distinguo tra la situazione dei collaboratori scolastici e quella degli assistenti (tecnici e amministrativi): il contratto dei primi è stato prorogato fino al prossimo aprile attraverso l’uso di fondi statali previsti dalla legge di bilancio, mentre per i secondi è prevista la proroga solo dalle singole scuole e con i fondi Pnrr. «Questo è il Paese in cui si fissano delle scadenze e quando gli animi sono esasperati si emanano proroghe, è evidente che si naviga a vista», ha lamentato il presidente dell’associazione dei presidi di Dirigenti scuola, Attilio Fratta.

Per gli assistenti amministrativi «la questione è critica – spiega Fratta – perché non è previsto uno specifico finanziamento ma solo la possibilità di essere ricontrattualizzati a valere sul fondo destinato alle spese di gestione del Pnrr. Si aprono diverse possibilità tra cui, drammaticamente, anche la conclusione del rapporto di lavoro». Anche l’Associazione nazionale Presidi parla di «totale inopportunità di una modifica delle regole in questo momento. Il dirigente – nota l’Anp – viene posto di fronte a un deplorevole dilemma: retribuire il personale interno o garantire la prosecuzione dell’incarico temporaneo». I presidi ribadiscono anche come «le scuole e i colleghi siano ormai al limite dell’operatività e che in questa situazione ogni ulteriore incremento della pressione lavorativa può compromettere la regolare attuazione del Piano».

«Il ministero, con questa decisione, ha destabilizzato tutti – dice Gianni, informatico che fa parte del gruppo Whatsapp “Ata Pnrr tutte le regioni” con quasi 800 aderenti – gran parte degli istituti scolastici non può rinnovare i contratti sia perché i fondi sono insufficienti ma anche perché la gestione contrattuale e fiscale del personale è interamente a carico della scuola, che si troverebbe oberata di ulteriori adempimenti». La conseguenza è quindi che non solo dall’8 gennaio, 3mila persone (la maggioranza dei quali, come i docenti supplenti, non ha ancora ricevuto nessuno stipendio) saranno senza lavoro ma anche che diverse scuole non avranno personale per portare a compimento quando previsto dal Piano.

«Molti avevano stipulato affitti in altre città, tutti avevamo bisogno di questi mesi per il punteggio, ora che facciamo?» si chiedono gli Ata nella chat, tentando di organizzarsi con proteste o azioni legali individuali. Come Marina: «Sono stata lontano da casa, senza stipendio e ora anche senza lavoro. Perché la proroga è stata assicurata solo ai collaboratori? quali criteri si sono adottati?». «Valditara ci aveva rassicurato a più riprese: si è trattato di un errore o c’è stata una volontà politica?» domanda Tommaso. Per Uil Scuola Rua e Flc Cgil «è urgente prorogare i contratti Ata fino al 2026, perché i progetti Pnrr hanno una scadenza triennale». Per più di 3mila persone non rimane altro che sperare in un’ennesima circolare che faccia tornare il ministero sui suoi passi, consentendo di riprendere il lavoro a gennaio.