Caos scuola, per le superiori un rientro a metà tra sit-in e occupazioni
Salta il banco Lezioni in presenza al 50%, alternate con la didattica a distanza, in Lazio, Emilia Romagna, Piemonte, Molise. La protesta degli studenti a Roma, a Milano occupato il Parini: "Ci ritroviamo quasi come a settembre a dover rientrare a scuola con trasporti precari e senza la certezza di una vera sicurezza, rischiando una chiusura imminente". "In Lombardia le istituzioni ci prendono in giro, provvedimenti insufficienti per garantire il rientro"
Salta il banco Lezioni in presenza al 50%, alternate con la didattica a distanza, in Lazio, Emilia Romagna, Piemonte, Molise. La protesta degli studenti a Roma, a Milano occupato il Parini: "Ci ritroviamo quasi come a settembre a dover rientrare a scuola con trasporti precari e senza la certezza di una vera sicurezza, rischiando una chiusura imminente". "In Lombardia le istituzioni ci prendono in giro, provvedimenti insufficienti per garantire il rientro"
Seicentoquarantamila studenti delle scuole superiori sono tornati a fare lezione anche in presenza, alternandosi al 50% con la didattica online nel Lazio, in Piemonte, Emilia Romagna e Molise. Ora siresta in attesa di capire se il governo o le regioni riusciranno a raggiungere quota 75% di presenze alternate tra classe e abitazione oppure saranno costretti a rimandarli a casa davanti a un Pc per un repentino aumento della curva pandemica, la cosiddetta «terza ondata» del Covid. Com’è già accaduto a ottobre.
È QUESTA INCERTEZZA di fondo ad avere spinto molte altre regioni a riaprire in ordine sparso e stracciare l’intesa con il governo definita al buio il 23 dicembre scorso senza conoscere i dati dell’epidemia di gennaio. In Campania (zona gialla) ieri hanno riaperto solo le classi fino alle terze della scuola primaria, le superiori dovrebbero forse riaprire a metà lunedì 25. E cosi faranno anche Liguria (zona arancione) e Umbria (arancione). Il rientro in classe delle superiori in Veneto (arancione), Calabria (arancione), Sardegna (gialla), Basilicata (gialla), Friuli Venezia Giulia (arancione), Marche (arancione) è previsto il primo febbraio. In Sicilia (zona rossa), il presidente della regione Nello Musumeci ha ipotizzato la didattica a distanza sin dal primo ciclo. In Puglia (zona arancione) le superiori torneranno in classe forse, non prima, del 25 gennaio, mentre il presidente Michele Emiliano continua con la «Didattica a scelta», la «Das» che affida alle famiglie, e non alle autorità regionali o al governo, la responsabilità di mandare i figli a scuola oppure lasciarli in Dad.
QUESTO CAOS politico e giuridico sta frantumando il diritto all’istruzione, istituisce nei fatti l’autonomia differenziata tra le regioni e spinge i Tar a decidere sulle riaperture al posto del governo. E rende i presidenti di regione molto nervosi. Ieri lo era il fronte leghista del Nord Est. «I nostri colleghi sono abbastanza arrabbiati – ha detto il veneto Luca Zaia – Mettetevi nei panni di chi deve garantire la salute pubblica come noi e vede questo “chiude-non chiude”. Ci dicono adesso che il parere di scienziati, come Burioni o Palù, sono smentitì dal Comitato tecnico scientifico (Cts). Quelli che vanno in Procura a rispondere siamo però noi». La questione dovrebbe essere ormai nota: non sono disponibili dati consolidati, e ufficiali, sugli eventuali contagi prodotti non solo dentro, ma anche fuori dalla scuola. Domenica scorsa il Cts ha ribadito che le scuole hanno un ruolo limitato nella trasmissione del virus. L’orientamento è « riaprire». Se qualche presidente di regione decidesse diversamente, «se ne assume la responsabilità». «Voglio che il Cts scriva nero su bianco che non c’è pericolo di contagio e io apro tutto» ha risposto il presidente del Friuli Venezia Giulia, Massimiliano Fedriga. Anche questa incertezza è usata dalle regioni per varare ordinanze più restrittive dei Dpcm, facoltà riconosciuta dal governo che ha scelto di non avocare a sé la decisione in un periodo di emergenza. La Flc Cgil ha chiesto « di cancellare i poteri inopinatamente attribuiti alle regioni anche sulla scuola, dal decreto legge 33/20». È questo il motore del caos.
GLI STUDENTI hanno manifestato ieri a Roma tra piazza del Pantheon e Montecitorio e hanno contestato le modalità scelte dalla regione Lazio guidata dal segretario Pd Nicola Zingaretti per il rientro. «La regione si è affrettata a riaprire le scuole strumentalizzando le nostre proteste della settimana scorsa – hanno scritto – e ha ignorato la richiesta di un rientro più sicuro, vivibile e duraturo. Non abbiamo ancora visto un effettivo cambiamento della situazione. Le solite promesse ricoprono il dibattito sull’istruzione e tutte le istituzioni sono colpevoli. Non c’è alcun interesse nel prendersi cura del mondo della formazione e il rientro che sacrifica studenti, docenti e personale Ata lo dimostra. Così quasi nelle stesse condizioni di settembre ci ritroviamo a dover tornare a scuola con trasporti precari e senza la certezza di una vera sicurezza, rischiando una chiusura imminente. L’unica cosa che è cambiata è l’aggiunta di un orario infernale». Protestano i docenti romani di un gruppo Facebook con centinaia di firme (si veda qui ilmanifesto.it/lettere): «Vogliamo tornare a scuola senza sottostare ai continui ed estemporanei stravolgimenti proposti da chi governa». «Il Cts dichiara che le scuole non sono luoghi di contagio, e allora perché non si riapre?» domanda l’Unione degli studenti. Nel pomeriggio di ieri dal Pantheon Priorità alla Scuola, e la Rete degli Studenti Medi Lazio hanno chiesto il potenziamento dello screening, sistemi di aerazione nelle aule, classi con 20 studenti e assunzione dei precari. «Governo, regione e comune prendano impegni seri per un continuo monitoraggio della situazione e contemporaneamente le forze di tutti convergano per correggere ciò che nella scuola non funziona».
A MILANO prosegue la staffetta delle occupazioni. In questo caso le scuole superiori sono ostaggi del caos delle delibere regionali sospese dal Tar e poi della zona rossa che li ha riportate in Dad. Ieri è stato il turno del Parini. Anche in questo caso gli studenti si sono autofinanziati i tamponi per occupare l’istituto in sicurezza. «Le istituzioni ci prendono in giro e rinviano il ritorno in presenza, non prendono provvedimenti sufficienti per garantire il rientro – dicono – Vogliamo una scuola in presenza anche in zona rossa».
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