Scuola, «distinzione tra vaccinati e non». Ma non è così facile
Il governo approva il nuovo protocollo sulla gestione dei casi Covid tra docenti e alunni. Tre positivi e la classe va tutta in quarantena. Linee guida difficili da applicare perché gli operatori assunti a termine sono in «scadenza»
Il governo approva il nuovo protocollo sulla gestione dei casi Covid tra docenti e alunni. Tre positivi e la classe va tutta in quarantena. Linee guida difficili da applicare perché gli operatori assunti a termine sono in «scadenza»
Il consiglio dei ministri potrebbe approvare già oggi il nuovo protocollo per la gestione dei casi di Covid nella scuola, dopo oltre un mese di elaborazione insieme all’Iss. La decisione cade in un momento piuttosto delicato, con la classi di età 6-10 anni e 11-13 anni in cima alla classifica per incidenza di casi.
LE NUOVE LINEE-GUIDA, che secondo il sottosegretario alla Salute Andrea Costa avrebbero ricevuto già un ok di massima del governo, partono dalla «necessità di favorire la didattica in presenza e rendere il più possibile omogenee a livello nazionale le misure di prevenzione». In altre parole, si vuole evitare che intere classi vadano automaticamente in quarantena in presenza di un singolo caso. «Le procedure di gestione dei contatti a livello scolastico dovrebbero essere semplificate attraverso un sistema che preveda una serie di automatismi, nel rispetto della normativa vigente della privacy».
COMINCIAMO con le scuole primarie e secondarie. D’ora in poi, dopo la scoperta di un caso positivo, gli alunni e docenti vaccinati entrati in contatto con il caso dovranno sottoporsi a un test antigenico o molecolare. L’esito negativo permetterà loro di rientrare tra i banchi immediatamente. Gli alunni dovranno ripetere il test dopo 10 giorni, i docenti vaccinati dopo 5, ma nel frattempo continueranno a frequentare la scuola. I docenti non vaccinati, invece, dovranno rispettare una quarantena di almeno 10 giorni e dovranno sottoporsi ai tamponi sia nell’immediatezza della comunicazione del contatto che 10 giorni dopo. Se i casi positivi nella stessa classe saranno due (sia tra insegnanti che tra alunni) solo i vaccinati potranno rimanere in classe, ovviamente dopo un test negativo. Per i non vaccinati, alunni compresi, scatterà la quarantena e non è chiaro come questo meccanismo preservi la privacy sullo status vaccinale di adulti e minori. Dal terzo caso nella stessa classe, la quarantena riguarderà tutti, docenti e alunni vaccinati o no, sia nelle scuole primarie che secondarie, con test finale dopo 5 giorni per alunni e docenti vaccinati e a 10 giorni di distanza per i soli docenti non vaccinati.
LE NUOVE REGOLE non varranno nelle scuole dell’infanzia, dove l’assenza di mascherine e dei vaccini imporrà ancora la quarantena per tutta la classe e per i docenti entrati a contatto con il caso anche dopo un’unica positività. La sola eccezione varrà per un educatore vaccinato entrato in contatto con un altro educatore positivo: se avrà rispettato le regole di prevenzione riguardo a mascherine e distanziamento, potrà rientrare a scuola subito dopo il primo test.
L’OBIETTIVO di garantire la continuità scolastica in presenza è condiviso da tutti. Ma non mancano le perplessità sulla difficoltà di applicazione di un protocollo che aumenterà notevolmente il carico organizzativo per il personale addetto alla prevenzione sanitaria. «Garantire tamponi immediati, dopo 5 giorni e dopo10 giorni è sostanzialmente impossibile», spiega un’operatrice di una Asl di Roma. «I drive-in pubblici ora sono chiusi. Se non riapriranno in fretta, e con personale sufficiente a smaltire le code, molte famiglie dovranno rivolgersi ai tamponi privati a pagamento». Già oggi, raccontano gli operatori, circa la metà delle famiglie non effettuano i tamponi prescritti dalle Asl. Per le strutture sanitarie poi c’è il problema del personale. «Finora abbiamo potuto contare su operatori, tecnici e infermieri assunti a termine grazie ai decreti di emergenza – spiega la dottoressa – ma sono contratti con una scadenza fissata al 31 dicembre. E dopo?».
IL NUOVO PROTOCOLLO, inoltre, introduce ancora nuove regole che i medici di base e i pediatri dovranno imparare in fretta. Ad esempio, un insegnante che entra in contatto con un caso a scuola dovrà fare il tampone dopo 5 giorni, ma se il contatto avviene all’esterno il termine è di 7 giorni. In una classe docenti e alunni, vaccinati e non, potrebbero seguire percorsi diversi, con un risultato che fa pensare più alla frammentazione che alla continuità.
ANCHE CHI HA SCRITTO le norme sembra supporre che i Dipartimenti di prevenzione delle Asl non siano in grado di prendere in mano tutte le procedure. Infatti, recita il protocollo, «qualora il Dipartimento di prevenzione non sia già intervenuto, il referente scolastico Covid-19/dirigente scolastico segnala al dipartimento di prevenzione la presenza del caso positivo a scuola, i contatti scolastici individuati e comunica agli interessati le istruzioni». In altre parole, sarà la scuola a fare le veci delle Asl, se queste non saranno in grado di tenere il passo del contagio. Tuttavia, non è chiaro con quale autorità un referente Covid (spesso un docente) o un dirigente scolastico possano impartire provvedimenti come quarantene e tamponi obbligatori. Forse saranno le Asl, con una delega ufficiale, a conferire loro sul campo le stellette dell’autorità sanitaria.
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