Scrivere è proiettare la follia dell’Io nell’altro
Philip Roth nel 1964, foto di Sam Falk, «The New York Times»
Alias Domenica

Scrivere è proiettare la follia dell’Io nell’altro

Scrittori anericani «Patrimonio», «Operazione Shylock», «Il teatro di Sabbath», «Pastorale americana»: quattro prelievi dalla parabola narrativa di Philip Roth
Pubblicato quasi 6 anni faEdizione del 21 ottobre 2018
Non al talento ma alla «ostinazione», non a una supposta dote naturale bensì a un elevato quoziente di «autortura» Philip Roth riteneva di dovere l’esistenza dei suoi libri, prima ancora del loro successo. Quando all’età di settantasette anni, con trentuno volumi alle spalle e un posto di primo piano nel canone occidentale, decise di mettere fine alla sua attività di scrittore, una motivata incredulità accolse la sua dichiarazione di cedimento alla stanchezza, la sua resa alle «frustrazioni quotidiane» non più sorrette dalla «vitalità intellettuale», dalla «energia verbale e dalla forma fisica necessarie per sferrare e condurre a termine un attacco...
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