Cultura

Scritture indesiderate nel fuoco della Storia

Scritture indesiderate nel fuoco della StoriaRoghi dei libri, Wikipedia

SAGGI «Bebelplatz. La notte dei libri bruciati», di Fabio Stassi per Sellerio

Pubblicato circa 7 ore faEdizione del 13 novembre 2024

Sembra che i libri siano stati messi al rogo in ogni epoca, e che questa volontà di annientamento sia stata fatta propria da tutte le culture. Si tratterebbe insomma di uno slancio costante e ubiquo, quello che ha indotto l’essere umano – irrazionalmente violento – a dare alle fiamme le opere cartacee conservate in intere biblioteche: dalla città di Tebe del 1358 a.C. all’Impero cinese del terzo secolo a.C., da Alessandria d’Egitto alle collezioni cartacee europee e americane messe al bando dall’Inquisizione fino alla Germania hitleriana e alle autocrazie del XXI secolo, assai pervicace appare l’impulso a distruggere gli strumenti di un sapere considerato pericoloso, eversivo, scellerato, infido.

PROPRIO DALLA GERMANIA hitleriana prende le mosse Fabio Stassi in questo suo Bebelplatz. La notte dei libri bruciati (Sellerio, pp. 330, euro 16,00). Dal momento che il narratore inizia e conclude il racconto parlando della notte del 10 maggio 1933: quando nel centro di Berlino, nella piazza appunto intitolata all’uomo politico che era stato uno dei fondatori del Partito socialdemocratico tedesco, vennero dati alle fiamme migliaia di volumi. Un avvenimento che non sarebbe rimasto un caso isolato: si sarebbe invece ripetuto, con la stessa identica liturgia, in altre trentaquattro città tedesche fino a diventare un vero e proprio fenomeno di massa.

Lo scrittore attraversa poi le piazze nelle quali hanno avuto luogo le tante Bücherverbrennungen, i roghi dei libri; ripercorre quindi in maniera incisiva la memoria del fuoco e delle censure, dei primi bombardamenti aerei sui civili, del saccheggio delle librerie e delle biblioteche pubbliche. Studia mappe e resoconti, si interroga sulla funzione della cultura nell’epoca delle armi di massa e sulla distruttiva cecità della guerra, analizza l’istinto di sopraffazione che caratterizza sovente il comportamento degli esseri umani e le conseguenze che ne scaturiscono.

STASSI ELABORA da ultimo un piccolo canone della «letteratura dannosa e indesiderata» riuscendo inoltre a rintracciare cinque scrittori italiani le cui opere sono state ridotte in cenere dai nazisti: si tratta di Pietro Aretino, Giuseppe Antonio Borgese, Emilio Salgari, Ignazio Silone e Maria Assunta Giulia Volpi. Tutti autori che hanno fatto del libero pensiero, dell’anticonformismo, dell’amore per la libertà, del cosmopolitismo i valori fondamentali ai quali hanno ispirato la propria esistenza e i propri libri. Scrive al riguardo il narratore: «Quattro uomini, e soltanto una donna. Provai a immaginarmeli insieme. Un poeta licenzioso del Cinquecento, uno scrittore per ragazzi, una scrittrice di romanzi rosa e due autori antifascisti del sud d’Italia: una compagnia di giro davvero singolare».

Grazie alla concisione dei periodi, che conferisce alla narrazione un ritmo rapido e costante, alla ricchezza del lessico, al tono colloquiale, al plurilinguismo, l’autore dà vita a un vivace e appassionante racconto di viaggio, che si rivela essere anche un viaggio interiore.

DA AMBURGO A COLONIA, da Stoccarda a Monaco, da Karlsruhe a Zurigo e anche una volta tornato in Italia, egli non cessa di porsi domande, di riflettere sulle tante sollecitazioni ricevute dai luoghi visitati, dagli avvenimenti storici indagati, dalle persone incontrate, mentre è costretto ad assistere ai bombardamenti che colpiscono un Paese europeo.
In conclusione: connotato da una struttura circolare e corredato da numerose, suggestive immagini, Bebelplatz è un testo dal quale si ricava un pressante invito a difendere tutto ciò che trasgredisce le regole, a considerare le biblioteche luoghi in cui si impara a elaborare idee, a esercitare una critica, a concepire una rivolta. Dal momento che ogni lettore, essendo un elemento portatore di disagio e inquietudine, di imprevedibilità e indipendenza, di vivacità e acume, costituisce per il potere una possibile minaccia, da individuare e rendere inoffensiva.

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