Scrittrici, un popolo che fa la differenza
TEMPI PRESENTI «Amatissime», un libro di Giulia Caminito pubblicato da Giulio Perrone. Un volume dedicato a Elsa Morante, Paola Masino, Natalia Ginzburg, Laudomia Bonanni, Livia De Stefani. L’intreccio è quello autobiografico, attraverso cinque autrici e le loro opere giovanili e della maturità scelte come esempio della invisibilità immeritata. Lo sfondo è Roma. Molte altre potrebbero però essere le città e i luoghi: per esempio Milano e Venezia per Rossana Rossanda, o Napoli per Fabrizia Ramondino
TEMPI PRESENTI «Amatissime», un libro di Giulia Caminito pubblicato da Giulio Perrone. Un volume dedicato a Elsa Morante, Paola Masino, Natalia Ginzburg, Laudomia Bonanni, Livia De Stefani. L’intreccio è quello autobiografico, attraverso cinque autrici e le loro opere giovanili e della maturità scelte come esempio della invisibilità immeritata. Lo sfondo è Roma. Molte altre potrebbero però essere le città e i luoghi: per esempio Milano e Venezia per Rossana Rossanda, o Napoli per Fabrizia Ramondino
All’inizio di tutto la figura della lettrice, prima la madre, che nel 1974-75 si laureò in lettere con una tesi su Elsa Morante, e quanto e come ciò fosse di per sé rivoluzionario lo può comprendere solo chi ricordi la polemica che accolse La Storia all’indomani della sua pubblicazione nel 1974. Poi la figlia, che racconta delle scrittrici Amatissime (Giulio Perrone, pp. 128, euro 15), titolo che riecheggia un bellissimo romanzo di Toni Morrison, qui diversamente declinato: perché se la protagonista di Amatissima uccide la figlia così tanto amata da non consegnarla al destino di stupro, violazione e schiavitù che l’attende in quanto figlia di donna nera e schiava negli Stati uniti pre-guerra di secessione, qui ben altro è ciò che Giulia Caminito intende fare per le sue amatissime scrittrici, che da lettrice ha amato così tanto da divenire a sua volta scrittrice, e scrittrice in interlocuzione stretta con Elsa Morante, Paola Masino, Natalia Ginzburg, Laudomia Bonanni, Livia De Stefani.
VALE TORNARE alla scritta in calce al romanzo di Toni Morrison, il cui titolo Beloved, pubblicato nel 1987 e tradotto benissimo in italiano con Amatissima già nel 1988 da Frassinelli, ha avuto un’indubbia fortuna in entrambe le lingue ed è stato motivo anche del Nobel Letteratura nel 1993. Ad apertura del volume, ancora prima del frontespizio, la scritta tratta dalla Lettera ai Romani, 9, 25: «Chiamerò mio popolo quello che non era mio popolo e amatissima quella che non era amatissima». Si tratta di un posizionamento potentissimo, come sa chiunque abbia letto il romanzo e che echeggia nel 2015 nel volume Toni Morrison. Amatissima (edizioni dell’Asino, recensito da Valeria Gennero su «il manifesto» il 25 gennaio 2015) con contributi di Itala Vivan, Marisa Bulgheroni, Maria Nadotti e Chiara Spallino che ripercorrono la genealogia del loro rapporto con la scrittrice e l’intento del volume, al quale contribuirono anche Sandro Portelli e Goffredo Fofi, di sottrarre Morrison a una invisibilità immeritata. Il medesimo intento anima il volume di Giulia Caminito, che non a caso sceglie questo titolo per raccontare la vita e i libri delle sue amatissime scrittrici, facendone il suo popolo di riferimento e volendo rendere amate, lette e condivise le loro opere.
L’intreccio è quello sostanzialmente autobiografico, un corpo a corpo più che con la scrittura, con la biografia di quante scrittrici prima di lei, attraverso opere giovanili come della maturità scelte volta per volta come esempio della loro invisibilità immeritata, come per Toni Morrison, il cui Amatissima continua ad essere molto amato e molto letto, come dimostrano le innumerevoli riedizioni anche recenti della sempre bella traduzione di Giuseppe Natale e la postfazione e cura di Franca Cavaglione. Il che non è esattamente quanto è accaduto alle scrittrici italiane, che solo in tempi assai recenti e dopo molta critica femminista passata sotto i ponti in questi ultimi cinquanta e più anni, cominciano ad essere edite anche se in maniera molto sparsa e varrebbe fare un ragionamento sulla dispersione, pure se generosa e entusiasta, delle loro opere, tra case editrici diverse e in modo non organico né progettuale.
IN OGNI CASO si può osservare, parafrasando ancora la frase della Lettera ai Romani, che Giulia Caminito chiama «mio popolo quello che non era un popolo»: lo fa partendo da coloro che ritiene a lei più vicine e interrogando le vite più ancora che tutte le opere, proprio per restituire loro la fisionomia di un popolo, quello dello scrittrici, ingiustamente troppo a lungo dimenticato. E poiché il suo «non vuole essere un rovistare, ma un raccontare», effettua un interessante corpo a corpo con racconti, romanzi, omaggi come quello scritto da Dacia Maraini sulla targa della casa di Elsa Morante a Testaccio, tra i più belli dedicati alla scrittrice romana. Il popolo di scrittrici di Giulia Caminito ha infatti anche un luogo, da lei scelto a deputato per le sue amatissime, ovvero Roma. Molte altre potrebbero essere le città e i luoghi delle scrittrici: come non ricordare Milano e Venezia per Rossana Rossanda che si vorrebbe ricordare è stata anche scrittrice e di vaglia, e che comunque visse a Roma gran parte della sua esistenza; Milano per Lalla Romano, Napoli per Ramondino, e lunghissimo potrebbe essere l’elenco inoltrandosi nel Novecento, per non parlare dell’Ottocento fino a risalire a Caterina da Siena ma molto a Roma anch’essa, a Chiara d’Assisi e le grandi scrittrici alle origini della letteratura italiana ed europea.
Si può dire che il popolo delle scrittrici ha abitato molti luoghi e molte città, ma l’unico posto che non ha abitato sono le storie della letteratura e della critica. Ma nel mondo esse ci sono state con grandissima forza e senso della presenza delle altre: che sono state le loro madri, benedette o maledette come nel caso di Morante e non è poi così importante, che tanto hanno contato per la loro presenza e a volte assenza; le amiche come Ortese ospitata da Paola Masino a Venezia ma anche Bellonci e de Céspedes, Morante e Ginzburg e così via, anche solo a partire dai loro epistolari. Le altre sono le donne che mostrano tutto il loro coraggio durante la guerra e l’occupazione nazista di Roma e scrittrici come Masino, de Céspedes, Sibilla Aleramo, Fausta Cialente e molte altre ne scrivono su «Mercurio», rivista diretta in clandestinità prima e poi nella Roma libera da Alba de Céspedes; le altre sono le altre scrittrici esse stesse lettrici, come Natalia Ginzburg di Dolores Prato, Maria Bellonci di de Céspedes, Anna Banti di Serao, arrivando fino a Elena Ferrante, lettrice certa di Morante e di de Céspedes.
QUASI IMPOSSIBILE riuscire a rendere l’energia che animò le scrittrici nel dopoguerra e anche negli anni successivi, fatta di tanti volti e di tanti luoghi, e ha ragione Giulia Caminito a osservare come Roma fu anche luogo di attrazione per altre, come Laudomia Bonanni e Livia De Stefani. A loro dedica i due profili conclusivi del suo libro, ricostruendo i propri inizi alla Sala Falqui della Biblioteca Nazionale di Roma dove lesse le loro opere per la prima volta e si vuole rassicurare l’autrice: la sala Falqui esiste ancora e varrebbe un saggio a sé la composizione della biblioteca di Enrico Falqui, compagno di Gianna Manzini e dedicatario di molti libri di scrittrici a lui inviati per recensione, forse anche per questa importante presenza accanto a lui. Giulia Caminito osserva a questo proposito come vi siano coppie letterarie che ritiene abbiano il carattere di amanti letterari e forse, sovente, il carattere di sodalizi più ancora di amanti: Elsa Morante e Alberto Moravia, Paola Masino e Massimo Bontempelli, Natalia Levi e Leone Ginzburg, mentre isolate e sole vanno per il mondo Laudomia Bonanni e Livia De Stefani.
Potrebbe sorgere il sospetto che motivi del loro apparente inabissarsi nel silenzio editoriale siano dovuti anche alla mancanza di personalità maschili intellettuali di prestigio accanto a loro e il pensiero va, fra tutti a Anna Banti e Roberto Longhi, come a Maria e Goffredo Bellonci; ma si tratterebbe una semplificazione di qualcosa di molto più complesso, come gli stessi rapporti tra Virginia e Leonard Woolf dimostrano, o altrimenti tra Simone de Beauvoir e Jean-Paul Sartre.
Nel caso di Laudomia Bonanni, scrittrice aquilana autrice di molti romanzi, approdata a Roma nel 1969 dopo essere stata finalista al premio Strega e poi vincitrice del premio Viareggio con L’imputata, Giulia Caminito si sofferma su La rappresaglia, potentissimo romanzo che ha per protagonista una donna partigiana incinta catturata da una banda di fascisti che la vuole giustiziare, ma aspetta per farlo la nascita del figlio che poi si rivelerà una figlia, che lei difende come una «gorgone, mitologica e tragica, pronta alla morte», scrive Caminito, ed è proprio così.
STA FORSE in questa scandalosa differenza femminile e nella potenza di un materno capace di tutto, proprio come in Toni Morrison, la difficoltà che incontrò il romanzo ad essere pubblicato, edito postumo nel 2003 e conosciuto da tutte le studiose e gli studiosi di Bonanni, protagonista anche di ben due passeggiate letterarie della Società Italiana delle Letterate, che come Archivia a Roma molto ha lavorato perché le scrittrici abbiano una critica che sappia rendere loro il posto che meritano. Che necessita anche del lavoro per conservare e passare al futuro le loro carte, come nel caso di Livia De Stefani, il cui fondo è ora pervenuto, grazie anche al Centro Studi Alma Sabatini, ad Archivia, dove sarà possibile catalogarlo e studiare le sue opere, con l’emozione che tutte le carte autoriali riservano, e non essere così più sconosciuta.
Perché il popolo delle scrittrici ha corpi fatti di carta e di fogli: perse quelle che Caminito definisce «le ossa di carta di queste nostre scrittrici», è persa anche la possibilità di farsi incantare e scantare dalle loro vite, alle quali essere grate per il dono che ci hanno fatto, la loro scrittura. E farci tutte e tutti un poco più in là per fare posto alle loro opere nelle nostre vite, nella nostra scrittura, nella scuola e all’università: perché sono il nostro popolo e vi è da vestirsene d’orgoglio.
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SCHEDA. «Le Altre», oggi a Roma una giornata di studi
Oggi dalle 9.30 alle 18.30, presso l’Aula 205 dell’Edificio Marco Polo della facoltà di Lettere e Filosofia della Sapienza di Roma, si terrà il convegno dal titolo «Le Altre. Scrittrici fuori programma». La giornata di studi è organizzata dall’associazione «Le Altre» che ha inoltre curato la realizzazione di cinque videoantologie su Paola Masino, Alice Ceresa, Alba de Cespedes, Fabrizia Ramondino, Clara Sereni. Tra le presenti: Sara De Simone, Laura Fortini, Annalisa Perrotta, Laura Marzi, Roberta Ortolano, Roberta Mazzanti, Giulia Caminito (che presenterà il suo «Amatissime»), Paola Calabrese, Beatrice Cecccci e altre.
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