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Scotellaro, la via delle immagini

Scotellaro, la via delle immagini

Anniversari Le poesie, ma anche gli scritti sul cinema, e l'arte

Pubblicato 10 mesi faEdizione del 9 dicembre 2023

Ora che si è imboccata la dirittura di arrivo di questo anno dedicato al centenario di Rocco Scotellaro (terminerà tutto il 19 aprile prossimo, data di nascita del poeta), anche per noi che stiamo conducendo questa ricognizione sul lascito di un personaggio e artista che si sta rivelando ricco di spunti e ragionamenti per il futuro, è bene soffermarsi, prima di una esplorazione finale legata a un’analisi sociale e politica, su di un aspetto «laterale» ma significativo della vita di Rocco: la sua passione precoce per il cinema. Su cui scrisse pagine memorabili e su cui il gruppo di studiosi più accreditati della sua opera sta approntando un volume di scritti in gran parte inediti che aprirà nuove prospettive (vedere articolo di Martelli a lato, ndr). Ma in questa puntata sarebbe grave dimenticare tuttavia un altro aspetto «laterale» di Scotellaro che si perde dentro la sua formazione adolescenziale: quello dell’arte (vedere intervista a Appella qui, ndr). Ed è curioso notare, ma interessante coincidenza, che la sua piccola patria, Tricarico, col suo ricco bagaglio di architetture di qualità e infiniti affreschi dentro un centro storico di valore, ma assolutamente trascurato, richiede un’attenzione proprio su questi due versanti: la valorizzazione dell’impianto artistico e una lotta, di cui si comincia sia pure timidamente a parlare, per un «cinema della valle», cioè perché nessun territorio (italiano) sia sprovvisto almeno di una sala cinematografica come accade al territorio di questa parte della Valle del Basento.

Dunque, dopo che si è conclusa con successo la mostra «45 artisti d’oggi rileggono l’opera di Rocco Scotellaro» alla Gnam di Roma, la passione di Scotellaro per il cinema sarà oggetto di un seminario di studi alla Open Space di Matera il 15 dicembre prossimo. E si può già aggiungere, in attesa del libro con gli scritti inediti in materia cinematografica, che verrà fuori uno Scotellaro sorprendente che, aggiunto agli altri scritti inediti dei Taccuini, ci consegnerà uno degli aspetti più interessanti di questo centenario. Non c’è alcun dubbio che i materiali che si aggiungeranno alle sue opere (bisognerebbe poi ricordare il suo numeroso epistolario che esce sparso qua e là ogni tanto), aprono sguardi nuovi su questo figlio dell’Italia migliore che non merita l’approssimazione e la superficialità con cui in tanti si avvicinano alla sua opera.

Dunque, dopo l’arte, il cinema: oltre a soggetti, sceneggiature, articoli vari, Scotellaro coglie le cose più originali e innovative ben oltre i cliché di un realismo facile. Scrive tra gli appunti ritrovati a proposito de L’uva puttanella: «L’ordine che non c’è non lo troverete mai, né io ho voluto le mie cose con ordine». E la studiosa Rosalma Salina Borello scrisse in proposito: «In lui c’è una chiara e tormentata consapevolezza che ogni storia rifà la storia dei vincitori, mentre ai vinti non resta che battere le mani». E quindi, si domandava sempre la studiosa: «Si dovrà continuare ad applicare ad uno scrittore come Scotellaro la stinta etichetta del neorealismo, in quell’accezione restrittiva e mortificante che è venuta assumendo in tante pagine della critica?».

Rocco, insomma, inizia ad interrogarsi in modo maturo, lui poco più che adolescente, sul cinema. Quando incontra (siamo in piena guerra) il suo amico e compaesano Rocco Mazzarone, prima di mostrargli una delle sue poesie gli fa leggere un articolo di critica cinematografica. Racconta in proposito Mazzarone: «L’incontrai nella primavera del 1943 a Potenza. Era reduce da un convegno letterario in cui era stato notato per l’acume dell’intelligenza oltre che per la serietà della preparazione. Gli chiesi quali fossero i suoi reali interessi. Mi mostrò un articolo di critica cinematografica…». Scotellaro è così consapevole della nuova funzione di quest’arte che in Crestomazia del cinema, articolo scritto appena diciannovenne, a proposito di Clair e Dupont, annota: «È il linguaggio primitivo dell’umanità già evoluta che procede risoluto e precoce… . La macchina da presa via via è diventata un personaggio centrale a commento dell’azione… . Le luci artificiali, le carrellate e le panoramiche, la mimica esagerata e la scena all’aperto segnano i punti di arrivo di questo linguaggio cinematografico che sembra abbia avuto gli sviluppi delle lingue parlate». E ancora: «L’epoca del muto, signori miei, sta a dimostrare, a parer mio, il carattere migliore dell’arte cinematografica, genuina e senza ibridismi di sorta con la musica, il teatro, la letteratura. Al muto noi ricorriamo, se con Matarazzo vogliamo definire il cinema narrazione per immagini che altrimenti dovremmo classificare come rifacimenti teatrali tanti film nostri e stranieri degli ultimi anni». E non parliamo della sua ironia sul conformismo dei critici. Sempre diciannovenne, nell’articolo Ombre e luci attacca: «Ah!…Signori critici con gli strali in faretra che preferite parlarci di gambe d’attrici e puntini puntini puntini…».

Nel pezzo Strali in faretra c’è uno Scotellaro assertivo e definitivo: «Andare al cinema significa soprattutto aprire l’animo alla catarsi dell’opera d’arte». E colpisce, naturalmente, anche la sua scrittura matura che verrà fuori anche in questi inediti cinematografici. Ma già sui pezzi conosciuti, mettiamo proprio le poche pagine sulla sceneggiatura dei Fuochi di San Pancrazio, esplode il suo stile: «Nel largo paesaggio di Lucania, tra le argille desolate e le costiere nude di alberi, i letti bianchi dei fiumi e le distese solitarie, i paesi si levano sulle cime dei monti, lontani l’uno dall’altro, simili a costruzioni aeree, di giorno, a costellazioni ignote, la notte». Non c’è dubbio, Scotellaro non si tradisce, e vengono fuori, anche nei suoi interventi cinematografici, come racconta il suo amico fraterno, «taluni aspetti dell’uomo così com’era: curioso, inquieto e amaro, sempre comunque ugualmente impegnato».

Un incontro con Giuseppe Appella
Giuseppe Appella, 84 anni, critico d’arte, collaboratore dell’inserto domenicale de Il manifesto, ha al suo attivo una carriera invidiabile di organizzatore di mostre e curatore di libri d’arte. È da poco uscito un suo corposo volume (Maestri, amici – Arte e artisti del Novecento, pagine 432, Silvana Editoriale) che ne svela il suo acume. Un libro che spazia da Antonietta Raphael a Luigi Bartolini, da Fausto Pirandello a Toti Scialoja, da Sebastian Matta a David Hare, da Stanislav Kolibal a Assadour, da Arturo Martini a Fausto Melotti, da Sinisgalli a Pasolini e tanti altri che coprono un periodo che va dal 1977 al 2020 e su cui occorre assolutamente ritornare. Fa parte del comitato regionale lucano sul centenario di Rocco Scotellaro a cui ha dedicato una bella mostra, «45 artisti d’oggi rileggono l’opera di Scotellaro», da poco chiusa alla Gnam di Roma (foto nelle pagine). A lui rivolgiamo alcune domande.

Perché l’Arte per Scotellaro in questo centenario?
Perché l’arte è stata la prima novità vera nella sua vita. Nel 1940, liceale a Potenza, con Mauro Masi e Giovanni Russo, il nome che sente nominare più spesso e sul quale si discute è Cézanne. Carlo Levi, Renato Guttuso, ma anche Mino Maccari e Amerigo Bartoli faranno il resto, assieme ad Amelia Rosselli. Il suo sguardo era rivolto al contemporaneo, al di fuori di ogni ismo.

Stai mettendo in piedi da anni strutture legate all’arte in alcuni paesi lucani, tra cui Castronuovo Sant’Andrea. Con quale finalità e spirito?
Castronuovo Sant’Andrea è il mio paese di nascita, perciò restituisco ciò che ho avuto da bambino. Una grande biblioteca e 5 musei a partire dal MIG, Museo Internazionale della Grafica, per dimostrare che non esistono periferie e che basta volerlo per fare di un paese di mille anime il centro del mondo.

Tricarico, patria di Scotellaro, ha tutte le carte per essere una «cittadina d’arte» invece vive la situazione decadente di molti paesi. Perché qui non avviene?
Tricarico ha bisogno di una politica che abbia una visione e di addetti ai lavori che sappiano coniugare cultura e impegno costante nel costruire il futuro. Altrimenti, le tante ricchezze di cui dispone (chiese, musei, biblioteche, archivi, eccetera) e alle quali rimandava di continuo Rocco Mazzarone, rimarranno lì, in attesa che qualcuno cominci a sognare. La presenza di Scotellaro, da sola, potrebbe far suonare a martello le campane.

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