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Scorie, la Sardegna si ribella

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Governo L’isola teme di essere scelta come sito per la realizzazione del deposito nazionale del materiale radioattivo

Pubblicato più di 9 anni faEdizione del 31 marzo 2015

«Basta pane avvelenato»: un grande manifesto con queste tre parole campeggia sul profilo Facebook del «Comitato sardo contro le scorie nucleari», che si batte contro la localizzazione in Sardegna del deposito nazionale del materiale radioattivo proveniente dagli impianti nucleari dismessi. Ventisei associazioni ambientaliste, pacifiste, indipendentiste e di tutela della salute hanno indetto due giornate di mobilitazione, per domani e dopodomani, in vista della ormai prossima pubblicazione della mappa delle possibili localizzazioni del sito che dovrà custodire i materiali radioattivi. La Sogin è la società di stato cui è stato affidato il compito di smantellare gli impianti nucleari italiani e di gestire i rifiuti radioattivi, quelli provenienti dalle centrali ma anche quelli prodotti da altre attività industriali o di ricerca.
Lo scorso 2 gennaio una lista dei luoghi considerati potenzialmente idonei a ospitare le scorie è stata consegnata dalla Sogin all’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (una struttura governativa). Tenuta finora segreta, la lista sarà rivelata dopodomani. E circolano voci, non confermate, che la Sardegna sarà la prima scelta.
Il calendario della mobilitazione prevede due «Giornate dell’attesa»: musica e spettacoli nel piazzale di via Roma a Cagliari davanti alla sede del consiglio regionale. La notte si dorme in tenda. Mentre per il 19 aprile è in programma un «No-nukes-Day» in tutta la Sardegna. «Quella contro le scorie è una battaglia che combatteremo con determinazione estrema – dicono i portavoce del comitato – Con un referendum i sardi hanno già votato contro la localizzazione in Sardegna del deposito nazionale. Questa terra non ospiterà alcuna scoria».
Accanto alle associazioni c’è anche l’Anci, l’associazione dei comuni italiani: «Non siamo una componente del comitato – dice il presidente regionale Pier Sandro Scano- ma aderiamo all’iniziativa. E’ un no drastico e totale quello che arriva dai comuni della Sardegna, tutti, nessuno escluso. Se il governo dovesse prendere la decisione di stoccare nell’isola le scorie nucleari, noi siamo pronti a scendere in piazza con tutti i 377 sindaci sardi». «Chiediamo – aggiunge Ennio Cabiddu, ex sindaco di Samassi, un piccolo paese vicino a Cagliari – che il consiglio regionale dichiari tutta l’isola territorio denuclearizzato. Altrettanto possono fare i sindaci per i loro comuni».
Del comitato contro le scorie fa parte anche l’associazione Medici per l’ambiente, il cui presidente, il radiologo Vincenzo Migaleddu, spiega che cosa significhi lo slogan «Basta pane avvelenato»: «Secondo i dati ufficiali dell’Istituto superiore di sanità, la Sardegna è la regione più inquinata d’Italia, persino più della Campania. Le aree contaminate sono pari, nell’isola, a 445 ettari; in Campania siamo a 345 ettari. In Sardegna 41 comuni dei 377 dell’isola sono compresi nei due «Sin» (siti di interesse nazionale) individuati dal ministero dell’Ambiente a Porto Torres e nel Sulcis-Iglesiente. Poco più di un sardo su tre vive in un sito contaminato, contro una media italiana di uno su sei». E nei «Sin» la mortalità è più alta. «Sempre secondo l’Istituto superiore di sanità – spiega Migaleddu – in 44 dei 57 ’Sin’ italiani si sono riscontrati diecimila decessi per tutte le cause e quattromila per tutti i tumori in eccesso rispetto ai riferimenti medi regionali. E’ una conferma del fatto che nella stragrande maggioranza dei ’Sin’» il rischio sanitario è reale».
«L’estensione di 445 ettari in Sardegna, come nel resto della penisola, corrisponde – spiega ancora il presidente di Medici per l’ambiente – all’estensione dei territori comunali compresi in ciascun “Sin”, siti dove si segnala la presenza di aree fortemente inquinate da sostanze tossiche che vanno ad impattare anche sui territori circostanti; le popolazioni comprese nei siti sono esposte ai veleni per inalazione o per ingestione. I composti chimici nocivi entrano nelle catene biologiche e alimentari, con effetti diffusi in un’area molto più vasta rispetto all’estensione del luogo di maggiore inquinamento, ad esempio una fabbrica chimica o un inceneritore o una discarica». «Oltre a tutto questo – dicono i portavoce del Comitato no scorie – bisogna considerare le servitù militari, non comprese nei “Sin” ma altrettanto inquinate. Aree vastissime, in Sardegna, devastate dai giochi di guerra. Aggiungere i rifiuti nucleari sarebbe intollerabile». Proprio ieri al porto di Sant’Antioco si è tenuta una manifestazione dei movimenti pacifisti contro lo sbarco dei mezzi militari arrivati l’altro al seguito della Brigata meccanizzata Aosta, che sarà impegnata in esercitazioni nella base di Teulada da dopodomani fino al 26 aprile.

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