Sconvolgimenti e calamità di varia natura
Reduci dagli anni della pandemia (l’elenco quotidiano dei contagi, il numero dei morti, l’isolamento) Conviviamo con l’eredità di persistenti seppur al momento meno severi fatti epidemici.
Ogni giorno notizie e immagini di guerra.
Case, scuole e ospedali rasi al suolo. Famiglie, giovani scolari, pazienti infermieri e medici regolarmente uccisi. E uccisi in istrada bambini, donne e vecchi. Dalle città bombardate sciamano colonne di profughi in cerca di un rifugio sicuro, messi alla fame e alla sete ed esposti alle incursioni aeree. Eserciti in armi si fronteggiano, avanzano e arretrano e sul terreno i corpi dilaniati si contano a migliaia.
Ogni giorno notizie e immagini di disastri.
Stiamo all’Italia. La siccità prosciuga i bacini e i campi inariditi, come in Basilicata e in Sicilia, daranno raccolte o compromesse o ridottissime di grano. Ulivi e viti soffrono per gli eccessivi caldi o per le improvvise e rapide piogge e le grandinate devastanti, sbalzi repentini di temperatura che compromettono vendemmie e raccolte. Frane ed esondazioni rapinose di torrenti dissestano strade pedemontane e ponti. L’Etna e lo Stromboli eruttano oltre il consueto lave, ceneri e lapilli. A Pozzuoli e a Baia nell’area vesuviana la terra, mossa da sismi continui e di alterna intensità, trema.
Ogni giorno notizie e immagini di incendi.
Inceneriscono antichi boschi o scoppiano nelle zone industriali ai margini delle città. Alte colonne di fumi neri salgono allora dalle combustioni di materiali plastici per adagiarsi poi sui tetti e su coltivi e prati. Le acque delle coste italiane raggiungono temperature che allarmano contribuendo alla mutazione degli equilibri dell’ambiente sottomarino con rilevanti conseguenze sulla flora e sulla fauna. A Orbetello negli allevamenti ittici galleggiano le spoglie di centinaia e centinaia di pesci. In mare aperto si registrano fenomeni paralleli di estinzione e inaridimento correlativi a processi di superfetazione e al subentro di specie estranee ai cicli conosciuti nei golfi del Mediterraneo. Dalle autorità preposte al controllo del sistema idrico nazionale provengono avvisi di estrema emergenza relativi sia alle fonti di approvvigionamento, fiumi e laghi, quanto alla dispersione enorme determinata da acquedotti fatiscenti.
Ogni giorno notizie e immagini giungono a noi.
Determinano uno stato d’animo diffuso che si percepisce d’attorno e del quale partecipiamo e nel quale ci riconosciamo. Apprensione, sconcerto, timore, preoccupazione, senso di impotenza si compongono in un amalgama che, dopo aver indotto a un tono di sconforto, si assesta entro di noi in una sorta di passiva accettazione. Sovrastati da troppi casi di distruzioni e di violenze, ci rifugiamo nell’assuefazione, in una abitudine rassegnata che ci fa assumere come acquisite e scontate le condizioni di guerra, di pandemia, di insicurezza, di degrado. Così va il mondo. Si tira a campare. «Chi more, more» si legge in un sonetto di Giuseppe Gioachino Belli.
Scansare così il male e la morte che sovrastano il mondo? Schivare così il secolo (come si sarebbe detto un tempo) e gli estremi suoi giorni che, con palmare evidenza, ogni giorno notizie e immagini rappresentano davanti a noi? In altri tempi queste notizie e queste immagini erano dalla umanità sofferente accolte come segni del certo futuro che ci aspetta: «Dies irae, dies illa/solvet saeclum in favilla …quantus tremor est futurus». Segni inequivocabili a chi sapeva interpretarli. «Poiché per noi quasi ogni avvenimento ha un senso figurato» scrive nel quinto Libro delle Storie Rodolfo il Glabro (985-1047) che si apre con queste parole: «Sconvolgimenti e calamità di varia natura, tra cui gli assalti di spiriti maligni, colpirono e confusero in quel tempo l’orecchio e la mente sbigottita di quasi ogni uomo; ma si narrava anche di frequentissime apparizioni che contenevano, per alcuni, utili avvertimenti».
Siamo noi oggi in grado di intraprendere azioni sulla base degli «avvertimenti» che ogni giorno notizie e immagini «contengono»? Siamo capaci di agire a contrastare e non a propalare nel mondo il male, noi che ciechi, uccidiamo e distruggiamo?
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