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Scontro Putin-Bruxelles, Europa divisa su Sputnik

Scontro Putin-Bruxelles, Europa divisa su SputnikCentro vaccini a Belgrado, in Serbia – Ap

Diplomazia dei vaccini Telefonata tesa tra Charles Michel e il presidente russo: «I rapporti sono a un livello molto basso». Lite continua con AstraZeneca. Uno studio Usa ne promuove l’efficacia fino al 100%

Pubblicato più di 3 anni faEdizione del 23 marzo 2021

La corsa ai vaccini anti-Covid ora investe le diplomazie. I paesi europei sono impegnati su almeno due fronti. Il primo riguarda i rapporti con la Russia, il cui vaccino Sputnik V sta alimentando le divisioni tra i paesi membri e la governance dell’Unione. L’altro corre lungo la Manica e riguarda le forniture del vaccino AstraZeneca.

A rialzare la tensione tra Bruxelles e Mosca ci ha pensato Thierry Breton, commissario europeo addetto alla campagna vaccinale. «L’Europa non ha bisogno del vaccino Sputnik» ha detto al tg francese domenica sera, schernendo la Russia sulla reale capacità di produzione. «L’Unione ha 350 milioni di dosi, i russi fanno fatica a produrle» ha detto Breton. «Se si tratta di fornire uno o due stabilimenti per produrre il vaccino, non mi opporrei. Ma per il momento gli europei hanno la precedenza». «L’Ue preferisce difendere gli interessi di alcune aziende piuttosto che delle persone» ha replicato Putin, che oggi si farà iniettare Sputnik. Il presidente russo ha citato «campagne di disinformazione» in atto in Europa contro il vaccino dell’istituto Gamaleya.

NEL POMERIGGIO di ieri, Putin e il presidente del Consiglio europeo Charles Michel hanno affrontato il tema in una lunga telefonata, in cui il presidente russo si è lamentato per la strategia «conflittuale e poco costruttiva» adottata dall’Unione. Michel, che giovedì e venerdì presiederà un vertice europeo sulle relazioni tra Ue e Russia, ha definito i rapporti tra le due potenze «a un livello molto basso» e ha parlato di «disaccordi in diversi settori».

Il vaccino intanto è in fase di valutazione all’Agenzia europea del farmaco (Ema), senza fretta: «Faremo ispezioni in Russia per quanto riguarda la produzione nel mese di aprile» ha detto alla Rai Marco Cavaleri, responsabile Ema per la strategia vaccinale. «Poi cercheremo di capire per quando avremo tutti i dati che saranno necessari per potere eventualmente approvare questo vaccino».

Merkel e Draghi sono ora favorevoli ad acquistare dosi di Sputnik anche se, dopo l’eventuale approvazione dell’Agenzia europea del farmaco (Ema), Bruxelles non dovesse avviare un negoziato per un acquisto congiunto.

DIRE DI NO AL VACCINO russo diventa sempre più difficile, vista la difficoltà di reperire quelli già sotto contratto. Il problema principale riguarda AstraZeneca, che finora ha distribuito all’Europa meno della metà delle dosi contrattate. «Siamo in contatto con AstraZeneca affinché onorino i loro impegni. Abbiamo inviato una lettera di messa in mora, dando una cornice legale alla discussione per sbloccare la situazione» ha dichiarato il portavoce della Commissione europea Eric Mamer. L’Ue ha minacciato di bloccare le consegne verso il Regno Unito dei vaccini prodotti negli stabilimenti europei dell’azienda. In particolare, di quelli immagazzinati nell’impianto olandese di Leida. Una pura rappresaglia commerciale, perché quei vaccini non potrebbero comunque essere utilizzati in Europa dato che lo stabilimento non ha i permessi necessari.

Mene Pangalos, capo della ricerche biofarmaceutiche dell’azienda, fa sapere che l’impianto dovrebbe ricevere la licenza all’inizio di aprile ma che ha avuto finora un ruolo minore nelle forniture inglesi. «Solo un lotto di vaccini prodotto a Leida è stato spedito nel Regno Unito». Per quanto riguarda l’Unione Europea, il grosso delle dosi proviene dagli impianti belgi e statunitensi. «Il nostro problema non è ottenere garanzie da una fabbrica che produce i vaccini, è di ottenerle da AstraZeneca per avere le dosi previste» ha tagliato corto Mamer. «È con AstraZeneca che abbiamo un contratto ed è su questo punto che stiamo discutendo con l’azienda».

L’AZIENDA PRESTO potrebbe dover soddisfare anche le richieste del mercato statunitense in cui il vaccino potrebbe essere autorizzato a breve, visti i risultati incoraggianti di una sperimentazione locale. Secondo un comunicato dell’azienda, dopo un’analisi preliminare «il vaccino ha dimostrato un’efficacia del 79% contro i sintomi del Covid-19 e del 100% rispetto alla malattia grave e al rischio di ricovero in ospedale». Lo studio coinvolge 32.449 persone, 10 mila delle quali hanno ricevuto un placebo. Anche nei volontari con oltre 65 anni di età il vaccino ha mantenuto la stessa efficacia.

I RISULTATI INDUBBIAMENTE positivi potrebbero non bastare a fugare tutti i dubbi sul vaccino. Nel test statunitense non sono emersi casi analoghi alle trombosi che hanno fermato le vaccinazioni in Europa. Ma non poteva andare diversamente: ammesso che vi sia un legame, osservare eventi così rari (qualche episodio per milione di vaccinazioni) è praticamente impossibile in studi su poche decine di migliaia di volontari. Negli Stati uniti, inoltre, le due dosi del vaccino sono state somministrate senza perdita di efficacia a distanza di 4 settimane, e non 12 come si usa in Europa. Giustificare tempi così lunghi sulla base di motivazioni scientifiche, e non con la mancanza delle dosi, adesso diventa più difficile.

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