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Scontri a Caracas, ucciso un liceale. Arrestato un poliziotto

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Venezuela Sale la tensione a Caracas, in occasione delle manifestazioni contro il governo Maduro

Pubblicato più di 9 anni faEdizione del 26 febbraio 2015

Si chiamava Kluiver Roa e aveva 14 anni il liceale morto in Venezuela durante gli scontri con la polizia. Stando alle prime ricostruzioni, il ragazzo è stato raggiunto alla testa da un proiettile di gomma, sparato da un poliziotto ventitreenne a San Cristobal, capitale dello stato Tachira (nelle Ande venezuelane). L’agente, Javier Mora Ortiz, è stato arrestato e ha ammesso di aver reagito per sottrarsi all’assedio di un gruppo di incappucciati che lo stavano minacciando insieme a un collega. A sparare proiettili veri potrebbe però essere stato un anonimo cecchino. Secondo testimoni, il quattordicenne aveva il cranio fracassato.

Episodi simili e provocazioni non sono mancati durante le proteste dell’anno scorso, scoppiate nella stessa zona e poi a livello nazionale e terminate con un saldo di 43 morti e oltre 800 feriti. Anche quest’anno, il 12 febbraio, l’estrema destra ha cercato di riattizzare l’incendio e questo episodio fornisce nuova miccia e argomenti a chi preme per cacciare con la forza il presidente Nicolas Maduro. Messo sotto attacco da una pesante campagna di discredito internazionale, il governo non ha certo interesse a farsi prendere la mano dalla repressione.

«Nessuna impunità», ha detto la ministra della Giustizia Carmen Melendez, «Vogliamo la pace e la tranquillità del paese, garantiamo il rispetto dei diritti umani e questo è un caso isolato che non rappresenta i comportamenti della polizia umanista».

Ma intanto, gruppi di manifestanti si sono radunati sotto la sede del suo ministero nella capitale, mentre l’opposizione oltranzista riprendeva a suonare la grancassa «contro il regime».

Operai, studenti, contadini e movimenti sociali che appoggiano il chavismo hanno a loro volta organizzato marce di sostegno al governo. E la tensione sale. Maduro ha denunciato «atti terroristici» nel Tachira e nel Zulia e invitato il popolo alla «massima allerta» contro l’arrivo di paramilitari come durante le proteste violente dell’anno scorso. Il presidente venezuelano ha condannato l’uccisione del liceale, ha presentato le condoglianze alle famiglie e ha invitato i giovani a non lasciarsi strumentalizzare dall’estrema destra: in Venezuela – ha ricordato – l’insegnamento è gratuito e di qualità, è ora di «dire basta alla violenza». Maduro ha poi respinto le accuse della Commissione interamericana per i diritti umani che ha preso le difese del sindaco della Gran Caracas, Antonio Ledezma. L’uomo politico, aderente a un piccolissimo gruppo della destra di opposizione, è in carcere con l’accusa di aver attentato alla Costituzione. Secondo alcuni ufficiali dell’aviazione, pentiti, avrebbe partecipato a un golpe militare, sventato giorni fa.

Un tentativo a cui avrebbero concorso altri leader della destra oltranzista, come Maria Corina Machado, Leopoldo Lopez e Julio Borges, promotori della violenta campagna dell’anno scorso contro Maduro. Il presidente venezuelano ha ricordato i trascorsi politici di Ledezma: «implicato nei massacri degli studenti nel Caracazo del 27 febbraio del 1989» (violente proteste contro il carovita represse nel sangue dai militari) e nel golpe contro Hugo Chavez, nel 2002. Trascorsi che hanno valso al sindaco della Gran Caracas il soprannome di «vampiro».

Dal carcere, Ledezma ha inviato una lettera per chiedere il rilancio della campagna contro il governo in un anno determinante per il futuro del paese. Un anno che culminerà con le elezioni parlamentari a cui i due campi si preparano organizzando le rispettive primarie. Il premio nobel Adolfo Perez Ezquivel ha espresso solidarietà al governo socialista e ha denunciato i tentativi di golpe: simili a quelli messi in campo in Honduras contro Manuel Zelaya e in Paraguay contro Fernando Lugo.

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