Cultura

«Scolpite», le fotografe interpretano l’assenza delle donne nei monumenti

«Scolpite», le fotografe interpretano l’assenza delle donne nei monumentiFoto di Patrizia Bonanzinga

Mostre Nella cornice del festival Brescia Photo, trentacinque sguardi per una statuaria femminile che cambi i connotati degli spazi pubblici

Pubblicato più di 3 anni faEdizione del 28 maggio 2021

Il festival Brescia Photo si articola quest’anno intorno alla parola Patrimoni. Un argomento che, insieme alla conclusione dei lavori di restauro della Vittoria Alata, ha suggerito al gruppo di autrici dell’Associazione Donne Fotografe una riflessione sulla presenza – in realtà sulla reiterata assenza – della donna nella statuaria monumentale e negli spazi pubblici. Un vuoto che ha attraversato i secoli e «risuona» ancora oggi nelle nostre piazze e giardini. È nata così la mostra Scolpite, promossa dall’Associazione stessa e curata da Paola Riccardi (visitabile fino al 13 giugno a Palazzo Facchi), in cui trentacinque fotografe compongono un mosaico visivo, interpretando il tema con «virtuali memoriali» e seguendo liberamente l’impronta del loro linguaggio.

Così se Tiziana Aris rivisita la Vittoria alata sotto forma di Mater Universalis, dedicandola all’originaria Lucy, Patrizia Bonanzinga sceglie una statua acefala di Palazzo Ducale a Mantova, consegnandole il volto e il corpo di sua madre, ragazza 22enne nel 1946: la data non è casuale perché coincise con il voto femminile e, grazie a questo, con la nascita della Repubblica (l’omaggio è anche alla partigiana Bruna, Lidia Menapace). Antonella Monzoni con Il Sacrificio delle donne armene entra nel Memoriale del ricordo del Genocidio di Erevan, proponendo la scultura situata nel cortile che ritrae le vittime della deportazione.

E mentre Paola Mattioli s’interroga sulle presenze femminili «sacre» ed estreme a Milano, sempre apolidi, sospese tra il cielo e la terra, Melania Messina indaga l’infanzia trasformata in ex voto della Santuzza di Palermo (con un pensiero rivolto a Felicia Impastato). Antonella Gandini nel suo S/colpite riproduce un anonimo ritratto d’epoca, minacciato dall’inserimento di un coltello sulla scena (il riferimento è per Susy, accoltellata a Brescia nel 2020). Simona Filippini affida lo sguardo al corpo libero, che infrange i confini, della ballerina di danza classica e buto Andreana Notaro. E Anna Rosati ritrova una Biancaneve disneyana ma indipendente, principessa che invece di aspettare il tanto chiacchierato risveglio del principe, alza i tacchi ed esce di scena, andandosene per la sua strada.

ABBONAMENTI

Passa dalla parte del torto.

Sostieni l’informazione libera e senza padroni.
Leggi senza limiti il manifesto su sito e app in anteprima dalla mezzanotte. E tutti i servizi della membership sono inclusi.

I consigli di mema

Gli articoli dall'Archivio per approfondire questo argomento