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Sciopero, si torna a parlare: prove tecniche di trattativa

Sciopero, si torna a parlare: prove tecniche di trattativaSciopero a Hollywood – foto Ap

Hollywood Dopo un mese Wga, il sindacato degli sceneggiatori e gli studios hanno ripreso una faticosa negoziazione

Pubblicato circa un anno faEdizione del 21 settembre 2023
Luca CeladaLOS ANGELES

Ieri le parti sono tornate a parlarsi, da un lato i rappresentanti Wga, il sindacato degli sceneggiatori in sciopero ormai da quasi cinque mesi, e dall’altro i negoziatori della Amptp, confederazione di studios e streamer di Hollywood. Dal quartier generale Wga su Fairfax avenue hanno già ridimensionato le aspettative, avvertendo di non aspettarsi immediati risultati dalle trattative riservate, ma la notizia positiva è che si torna a discutere in un’industria che inizia ad essere seriamente provata dallo stop delle produzioni.
Labor day – l’ultimo weekend d’agosto – ha segnato la fine «ufficiale» dell’estate ed il passaggio di una soglia psicologica che, archiviando l’ipotesi ottimistica di uno sciopero limitato alla stagione estiva, ha aumentato il senso di urgenza. Il prolungarsi della vertenza mette ora a rischio le produzioni invernali e quindi anche i film della prossima estate – stagione clou per Hollywood. Rischiano di fare difetto anche le nuove stagioni di serie popolari sulle quali le piattaforme contano per mantenere la base di abbonati. Anche perché per riaprire i set a gennaio occorrerebbe trovare un accordo quantomeno entro ottobre.

IN CITTÀ sta quindi aumentando il nervosismo, come dimostrato dalla decisione la scorsa settimana di alcuni talk show di riaprire i battenti e tornare in onda pure senza utilizzare writer iscritti al sindacato. Fuga in avanti seguita da un precipitoso dietrofront dopo l’immediata ondata di proteste e accuse di crumiraggio che hanno colpito in particolare Drew Barrymore costretta ad un lacrimoso video di scuse. Sintomo, comunque, di stress anche fra i creativi. Sempre la scorsa settimana avevano chiesto un incontro di «chiarimento» coi vertici sindacali gli showrunner, i creatori di serie, che occupano una posizione «intermedia» fra studios e lavoratori dello spettacolo.
Tutto sullo sfondo di una incertezza sempre più marcata attorno allo stesso «business model», non solo per quanto riguarda le sale e gli esercenti (malgrado l’impulso estivo ricevuto da «Barbieheimer»), ma anche il modello industriale degli streamer in un mercato sempre più saturo, caratterizzato da eccessiva concorrenza, operazioni in perdita e dal livellarsi degli abbonati. Il timore è che un pubblico ulteriormente disabituato alle visioni su piccoli e grandi schermi, rischi di non tornare più, specie quello giovane già sempre più assorbito da frazionate alternative social.

Il prolungarsi della vertenza mette ora a rischio le produzioni invernali

D’ALTRO CANTO è proprio per questo che i sindacati considerano cruciale l’attuale vertenza, che dovrebbe definire i parametri del lavoro creativo – e proteggerlo da nuove tecnologie – negli anni a venire. Lo stesso vale per i gruppi industriali, che vogliono assicurarsi di sopravvivere a cambiamenti potenzialmente epocali nella produzione e fruizione dell’intrattenimento. Certo non agevola il compromesso la vertiginosa differenza di compensi fra management e forza lavoro nell’era di oligarchi e manager miliardari. Un tema questo che accomuna tutte le attuali mobilitazioni sindacali, come quella, ad esempio, appena aperta dai metalmeccanici Uaw che rivendicano il risarcimento di benefici a fronte dei floridi profitti e soprattutto I compensi da vertigine della fascia direttiva. In quel caso anche il presidente Biden si è schierato nettamente a favore dei lavoratori affermando che «gli utili non sono stati equamente condivisi» considerando i fatturati delle aziende.

DOPO ANNI di disuguaglianze ingigantite, precariato da gig economy e della disruption da pandemia, le vertenze Usa intendono contribuire alla definizione dei futuri modelli industriali, dei diritti dei lavoratori ma anche della qualità della vita. Lo ha ripetuto, davanti ai cancelli della Paramount qualche giorno fa Fran Drescher, presidente Sag. «La ragione per la quale ci troviamo qua sono studios come questo», ha detto l’attrice nota anche in Italia per il ruolo nella sit-com La Tata – «sempre più parte di conglomerati che cannibalizzano altre società, sempre più vicini a Wall street e sempre più lontani dai lavoratori che rendono possibili i loro guadagni. Questo sciopero intende cambiare la cultura che sta trasformando la professione collaborativa per eccellenza in un semplice modello di sfruttamento».

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