Sciopero generale di 24 ore: «Giù le armi, su i salari»
La protesta Sindacati di base in piazza in venti città, domani manifestazione nazionale a Roma. «Senza la pace sarà molto difficile poter uscire da una crisi pagata dai ceti popolari»
La protesta Sindacati di base in piazza in venti città, domani manifestazione nazionale a Roma. «Senza la pace sarà molto difficile poter uscire da una crisi pagata dai ceti popolari»
«Abbassate le armi e alzate i salari». E’ uno degli slogan della mobilitazione dei sindacati di base che hanno proclamato oggi uno sciopero generale e una manifestazione nazionale a Roma domani. Sono almeno venti le manifestazioni regionali e provinciali organizzate, tra gli altri, da Cub, Sgb, SIcobas,Unicobas, Usb, Usi-Cit, Cobas Sardegna, Adl Varese. Quelle principali sono a Roma davanti al Ministero dell’economia e delle finanze in via XX settembre dalle 10; a Milano, di fronte Assolombarda, in via Pantano, alla stessa ora. Cortei e presidi sono previsti a Torino in Piazza Carlo Felice, a Genova in Largo Lanfranco, a La Spezia in via Vittorio Veneto, a Firenze alla Fortezza da Basso-Piazzale Montelungo, a Napoli in via Vespucci, a Sassari in piazza Castello, a Trento in piazza Dante, a Catania in piazza Cavour, a Palermo in piazza Orlando, ad Acate (Ragusa) in piazza San Vincenzo, a Parma in via Repubblica, a Reggio Emilia davanti l’ospedale di Santa Maria Nuova e a Bologna in piazza XX settembre.
È STATA ANNUNCIATA un’astensione dal lavoro nel trasporto ferroviario che è iniziata alle 21 di ieri e terminerà alle 21 di oggi. Tra le richieste – si legge in un comunicato Cobas – il rinnovo dei contratti e un aumento dei salari con adeguamento automatico al costo della vita e con recupero dell’inflazione reale; l’introduzione per legge del salario minimo di 12 euro l’ora; la cancellazione degli aumenti delle tariffe dei servizi ed energia, il congelamento e un calmiere dei prezzi dei beni primari e dei combustibili, l’incameramento degli extra-ricavi maturati dalle imprese petrolifere, di gas e carburanti; la riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario; il blocco delle spese militari e dell’invio di armi in Ucraina, nonché investimenti economici per la scuola, per la sanità pubblica, per i trasporti, per il salario garantito a disoccupati e sottoccupati. L’Usb sottolinea in una nota che non vi e’ alcun stanziamento per i rinnovi dei contratti del Pubblico impiego nella legge di bilancio.
«DOPO LA TRUFFA del taglio del cuneo fiscale, l’ultimo escamotage del governo Meloni per eludere l’emergenza salariale che attraversa anche il settore pubblico è la previsione di un bonus inflazione dell’1,5 percento dello stipendio lordo. L’ennesima elemosina, un provvedimento iniquo e sperequativo perché l’aumento fisso in percentuale garantirà cifre superiori ai redditi più alti, ovvero quelli dei dirigenti. Per i redditi “normali” ciò si traduce in circa 21 euro lordi mensili».
DA GENOVA i sindacati ricordano che «l’Italia è l’unico tra i Paesi dell’Ocse dove i salari sono più bassi di 30 anni fa, dove l’aumento generalizzato dei prezzi dei beni di prima necessità e delle bollette di luce e gas, insieme all’esplodere della inflazione ormai sopra 1’11% (il 15% per le classi popolari), stanno portando milioni di persone sotto la soglia di povertà». Da Sassari si osserva che sono necessari «aumenti significativi uguali per tutti che permettano realmente di recuperare il 20% del potere d’acquisto perso negli ultimi decenni e di difendere i salari peggiorati dalle guerre in corso». «Dovesse prolungarsi o acuirsi – sostiene Usb Lavoro Privato – Industria – il conflitto ucraino avrà impatti devastanti su tutta la filiera industriale, costando moltissimo in termini economici e soprattutto in posti di lavoro». «Senza la pace sarà molto difficile poter uscire da una crisi economica di guerra pagata dai ceti popolari e meno abbienti di tutta Europa» osserva la Cub.
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