Lavoro

Sciopero a pasquetta per rivendicare diritti: 5 commesse sospese

Sciopero a pasquetta per rivendicare diritti: 5 commesse sospeseUn negozio del marchio Silvian Heach

Nel Commercio Senza Regole Nuovo episodio all’outlet di Castel Romano: tutte le lavoratrici del negozio Silvian Heach mandate a casa per «intemperanze». Una delle sospese: le altre commesse ci hanno applaudito ma nessuna ha poi fatto come noi

Pubblicato più di 6 anni faEdizione del 18 aprile 2018

Rischiare il licenziamento per aver scioperato, per aver alzato la testa davanti ad una proprietà che «in anni e anni di lavoro non ci ha mai riconosciuto le maggiorazioni per i giorni festivi previste dal contratto». L’outlet di Castel Romano si conferma un luogo in cui i diritti delle lavoratrici faticano enormemente ad essere rispettati.

DOPO IL CASO DI VALERIA, trasferita a 50 chilometri di distanza per aver chiesto di non lavorare una sola domenica al mese, questa volta ad essere colpite sono le cinque commesse – tutte full time a tempo indeterminato – del negozio Silvian Heach da giovedì sospese dal lavoro. Dieci giorni prima, a pasquetta, avevano scioperato – uniche in tutto l’outlet – provocando l’ira dei responsabili dell’azienda (la Arav Fashion) di abbigliamento con sede a Nola (Napoli) e negozi sparsi per l’Italia e per il mondo. Il giorno dopo Francesco Iacovone, sindacalista dell’esecutivo nazionale dei Cobas a cui le lavoratrici si erano rivolte, ha incontrato i manager del negozio per chiedere «il rispetto del contratto nazionale: le indennità festive mai pagate, l’indennità di cassa mai pagata, le troppe ferie maturate». «Ci hanno detto che avevamo sbagliato a scioperare, ad affidarci a persone sbagliate, ma sembrava tutto rientrato», racconta una delle commesse, sotto anonimato. Poi «la sorpresa»: «Ci hanno convocato una ad una e ci hanno consegnato la lettera di sospensione». Un provvedimento molto duro che spesso prelude al licenziamento.

NELLA LETTERA di «contestazione di illecito disciplinare» l’azienda naturalmente non fa nessuna menzione dello sciopero (diritto costituzionale e per pasquetta indetto da tutti i sindacati del commercio, anche dai confederali Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs) ma riferisce di «dati di vendita in calo del 40-50 per cento» e accusa le lavoratrici di «disattendere le direttive ricevute, rifiutandosi di seguire la clientela e di allestire il punto vendita come richiesto» con «interperanze verso i responsabili di area» e «violazione dei doveri di ufficio, mancata cooperazione alla prosperità dell’impresa e abuso di fiducia».

LA VERSIONE DELLE LAVORATRICI è molto diversa. «I responsabili di area sono arrivati proprio per sostituire la manager, vera causa del calo delle vendite. Tanto è vero che loro hanno messo a posto il magazzino e cambiato la disposizione del negozio. Con loro stavamo lavorando bene e la lettera è arrivata come un fulmine a ciel sereno». Anche perché la sospensione si basa proprio sui «report trasmessi dai responsabili di area».

NELLA CONTESTAZIONE SI FA riferimento alla mancata presenza delle commesse alla «Retail day del 26 marzo», «disertata» dalle commesse. «In realtà quella riunione è per le manager non certo per noi commesse che prendiamo 1.200 euro al mese nonostante lavoriamo tutti i festivi», è la risposta.

COME DA NORMATIVA e contratto nazionale le lavoratrici hanno risposto entro 5 giorni presentando «idonee giustificazioni». «Abbiamo risposto – spiega Iacovone – che le ragioni addotte dall’azienda sono pretestuose, la verità è che le ragazze sono state sospese perché hanno avuto il coraggio di denunciare una situazione insostenibile».

«LA SCENA DI PASQUETTA – continua la commessa – è stata molto forte. Noi inizialmente non volevamo scioperare, ma Francesco ci ha spiegato che stavamo lavorando come al solito gratis perché non ci avrebbero riconosciuto il giorno festivo e che così lo rafforzavamo per l’incontro che il giorno dopo avrebbe avuto coi manager. Allora abbiamo deciso di non lavorare: siamo uscite tra gli applausi di molti clienti e delle commesse degli altri negozi. Che però hanno continuato a lavorare. Ora la paura è pagare per il nostro gesto, per il nostro coraggio», spiega preoccupata.

ORA IL NEGOZIO VA AVANTI con le due nuove responsabili di area che lavorano a tempo pieno assieme ad altre persone, «probabilmente con contratti precarissimi, come accade in molti altri negozi dell’outlet», sottolinea Iacovone.

L’AZIENDA, CONTATTATA dal Manifesto, si è limitata ad una precisazione affidata all’ufficio stampa: «In questi giorni le Risorse umane dell’aziendahanno preso contatto con le dipendenti e hanno aperto un confronto con le medesime per verificare le ragioni di entrambe le parti».

«IN REALTÀ DOPO LA NOSTRA lettera di giustificazione, l’azienda ci ha proposto un incontro a Nola, totalmente ingiustificato visto che la sede di lavoro è Roma», osserva Iacovone. «Speriamo che si convincano a venire qua e a fare marcia indietro, noi certo non ci fermeremo. Mentre l’azienda porta avanti una campagna contro la violenza sulle donne (una donna bruciata dall’ex, Carla Caiazzo, è diventata modella per Silvian Heach con l’hashtag #ioridoancora, ndr), noi abbiamo portato le lavoratrici in altri centri commerciali con i cartelli #metoo per denunciare il comportamento tenuto contro le loro dipendenti».

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