Scioperi e proteste, Taranto e Genova non si rassegnano
L'Addio di Mittal La Fim blocca subito l’acciaieria pugliese. Fiom e Uilm chiedono una manifestazione nazionale. A Cornigliano venerdì si decide per il corteo a cui parteciperanno tutte le istuzioni
L'Addio di Mittal La Fim blocca subito l’acciaieria pugliese. Fiom e Uilm chiedono una manifestazione nazionale. A Cornigliano venerdì si decide per il corteo a cui parteciperanno tutte le istuzioni
La rottura tra i sindacati metalmeccanici di Taranto si consuma a mezzogiorno di ieri. Quando la Fim Cisl rompe gli indugi e proclama uno sciopero di 24 ore in tutto il siderurgico. Fiom e Uilm restano invece un passo indietro, in attesa di ricevere notizie dal vertice romano di Palazzo Chigi, tra il premier Conte e i vertici di ArcelorMittal, prima di decidere quali azioni intraprendere, come peraltro deciso nel Consiglio di Fabbrica di martedì.
LA FIM CISL INVECE TIRA dritto: lo sciopero riceve un’alta adesione, tanto da bloccare l’operatività dell’acciaieria 1, con una sola colata su cinque attiva. Per scongiurare il fermo impianti a catena, ArcelorMittal passa al contrattacco disponendo per 80 lavoratori la così detta «comandata» sugli impianti dei reparti coinvolti. La comandata (che in base agli accordi sindacali è un obbligo per i lavoratori interessati) viene spiegata dall’azienda «in ragione dei danni strutturali provocati in occasione dello sciopero del 10 luglio scorso che hanno determinato la rottamazione di 7 carri siluro». Onde evitare quanto accaduto in occasione dello sciopero per la morte dell’operaio Cosimo Massaro, l’azienda ha evidenziato la «necessità del completamento del ciclo di colaggio siviere necessario per la messa in sicurezza dell’impianto di acciaieria, per evitare danni strutturali ed irreversibili». L’azienda ha ricordato che «le caratteristiche impiantistiche del sito di Taranto, in assenza degli indispensabili presidi di sicurezza la cui attuazione costituisce obbligo inderogabile di chi proclama lo sciopero, e di chi lo subisce, espongono il personale addetto alle lavorazioni, nonché le strutture produttive, al rischio di danni incompatibili con il diritto alla salute ed all’esercizio dell’attività economica».
Lo sciopero si concluderà soltanto alle 15 di oggi, con il blocco della portineria C con relativo blocco dei camion in entrata e in ingresso.
IN SERATA ARRIVA ANCHE l’annuncio da parte di Fiom e Uilm di uno sciopero per la giornata di venerdì, con la richiesta alle segretarie nazionali di organizzare una manifestazione unitaria che veda protagonisti tutti i lavoratori ArcelorMittal in Italia. Il Consiglio di fabbrica tenuto in serata da Fiom e Uilm ha anche deciso di avviare un percorso istituzionale, a partire dal presidente della Regione Puglia, «per affrontare una vertenza che non può escludere nessuno, soprattutto sulle responsabilità di quanto potrebbe accadere». Oltre ai 8.200 dipendenti riassunti ce ne sono mille rimasti in Amministrazione straordinaria.
MA SE TARANTO PIANGE, GENOVA non ride. Il fermo del siderurgico infatti, a catena coinvolge direttamente il capoluogo ligure dove 1.300 adetti lavorano a freddo l’acciaio prodotto a Taranto più 280 rimasti con l’Ammistrazione straordinaria che lavorano alle bonifiche.
«NON SI METTONO A RISCHIO solo i lavoratori della siderurgia e chi è dentro a Mittal, l’acciaio lo usano anche altre aziende. La Fincantieri ci sta dicendo che rischia di andare in difficoltà perché ha ordinato lamiere da Mittal, se non arrivano quelle le navi saranno costruite in ritardo e si rischiano delle penali e comunque dovrà forse andare a cercare quelle lamiere in altre parti del mondo, costeranno di più, ci saranno dei tempi e delle difficoltà», ha detto Bruno Manganaro, segretario della Fiom Cgil di Genova, a margine dell’incontro di ieri in Regione Liguria tra i sindacati, il governatore Giovanni Toti, rappresentanti del Comune e di Confindustria, per fare il punto sulla delicata situazione dello stabilimento ex Ilva di Cornigliano. «Quindi – afferma Manganaro – mettono a rischio non solo la siderurgia ma altre attività industriali e altri lavoratori. Lo stabilimento di Genova – prosegue – rischia tra qualche giorno di fermarsi perché non arrivano i rotoli per essere lavorati. E noi scenderemo in piazza. E quando lo faremo, lo diciamo fin da adesso, ci fermeremo solo nel momento in cui vedremo soddisfatte le nostre richieste. Per noi non si mette in discussione un posto di lavoro, si difende tutto il reddito. Il governo ha costruito un grande pasticcio – prosegue Manganaro – un mese hanno votato tutti a favore delle tutele legali e il mese dopo hanno votato tutti contro: peggio non si poteva fare. Non intendiamo pagare il prezzo di queste stupidaggini. Genova non è disponibile: noi lotteremo, decideremo insieme Fim, Fiom e Uilm, ai delegat, il giorno, mentre venerdì ci riuniremo in assemblea. Avviseremo le istituzioni, siamo contenti che insieme a noi decidano di difendere occupazione lavoro e siderurgia, siamo perché tutti quel giorno possano scendere in piazza».
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