Alla vigilia del primo passo verso lo scioglimento del Campidoglio per mafia, scioglimento per la verità molto improbabile, mentre il Pd trattiene il respiro e fa quadrato intorno al sindaco, qualcosa nella maggioranza capitolina comincia a scricchiolare. La radicale Emma Bonino, pure legata a Marino da molte battaglie sui diritti, ieri ha gli chiesto con tono severo «di andare in consiglio a spiegare come e potuto succedere e cosa intenda fare. Si tratta di una questione di lealtà con gli elettori». Lo ha fatto a margine della presentazione delle delibere di iniziativa popolare per il superamento dei campi roma e per la riforma del sistema di accoglienza. Il consigliera radicale Riccardo Magi, della lista Marino, negli scorsi giorni si era mostrato scettico: «Per andare avanti come ora, tanto vale staccare la spina». Adesso anche Sel entra in fibrillazione. Alla partenza del Pride Vendola e il sindaco, accolto come una star dai manifestanti, si sono scambiati un lungo abbraccio: «Roma si salva se si ricostruisce un patto forte con i romani», ha detto il presidente di Sel, incitandolo ad andare avanti.

Ma fra i vendoliani di Roma tira tutta un’altra aria. Non buona. Sel fin qui ha sostenuto il sindaco chiedendogli «un patto con la città». E ha difeso il vicesindaco Nieri, non indagato ma il cui nome compare in qualche intercettazione dell’inchiesta romana. Ma ormai il gruppo del Campidoglio è «molto insoddisfatto» di come Marino sta governando la crisi. Lunedì i quattro consiglieri si sono dati appuntamento «per decidere come andare avanti». La crisi è alle porte? Forse no.Forse non ancora. «Apriamo un percorso di verità», spiega Gianluca Peciola, «in una situazione come questa non c’è vertice di partito che tenga, chiamiamo il nostro popolo e i nostri elettori a fare una riflessione collettiva su come andare avanti». La consigliera Imma Battaglia ha chiesto consiglio ai suoi amici di facebook. L’alternativa è comunque pesante: se dimettersi o uscire dalla maggioranza. Alla luce di quello che succede, si chiede, «che senso ha per me rimanere e continuare questa esperienza?». Ai followers l’ardua sentenza. Ma intanto le riunioni dei militanti in carne ed ossa segnalano la prevalenza di chi chiede di staccare la spina. Per Sel sarebbe una scelta drammatica, capace di scatenare un processo a catena dagli esiti imprevidibili.

Anche perché è improbabile che il comune di Roma venga sciolto. Il Pd stavolta di ogni parrocchia scommette con forza sul no: se per Caput mundi il commissariamento per mafia sarebbe un danno irreparabile, per il partito che guida la capitale – e il governo -, sarebbe Waterloo. Martedì intanto comincerà l’iter della pratica: la commissione prefettizia consegnerà a Franco Gabrielli la propria relazione. Il prefetto avrà 45 giorni per decidere se proporre o no lo scioglimento al ministro degli interni, che a sua volta si rivolgerà al premier e ai ministri, e infine – nel caso – al capo dello stato. I tempi sono lunghi, e a credere al commissariamento, chiesto a gran voce da Grillo, sono in pochi. Il problema è chenell’attesa, l’amministrazione rischia la paralisi. Quella che il premier Renzi chiamerebbe «la palude».