Visioni

Scenari di guerra per Nabucco

Scenari di guerra per NabuccoSebastian Catana – foto Yasuko Kageyama

Lirica A Caracalla il capolavoro verdiano diretto da Federico Grazzini per la stagione estiva del teatro dell'Opera

Pubblicato circa 8 anni faEdizione del 30 luglio 2016

L’urgenza di adesione al sentire contemporaneo di molte regie di teatro musicale continua a destare dibattiti, anche se le molteplici declinazione di quella a alcuni pare una deriva, offre un’ importante prospettiva di una fruizione più consapevole e meno museale di grandi capolavori del passato, delle riscoperte musicali – il teatro barocco – e del repertorio contemporaneo. Nulla di strano dunque se il Nabucco di Verdi viene presentato alle terme di Caracalla, per la stagione estiva dell’Opera di Roma, in una messa in scena ambientata in uno dei drammatici teatri di guerra contemporanei, soluzione peraltro vista in molte occasioni.

Il regista Federico Grazzini si affida a una narrazione asciutta e serrata, ma gioca di rimessa sul piano drammaturgico, perché la proiezione nel contemporaneo perde di efficacia quando si accontenta di mimare le immagini sgranate dell’informazione televisiva. Nessun segno del sacro, dei prodigi, di autorità sacrali e régie degli ebrei e degli assiri si riesce a distinguere nella scabra scena cementizia, ben illuminata e fusa con il panorama delle rovine, assai somigliante a quella creata da Kiefer per un famoso allestimento napoletano di Elektra.

Il popolo ebreo e gli oppressori babilonesi si presentano semplicemente come masse contrapposte di laceri profughi e minacciosi corpi militari (a scelta G, che poi però nelle scene di massa si muovono in incongrue coreografiche falangi, come se vestissero ancora un costume storico. Un realismo forzato, in cui violenze e soprusi appaiono ancora più odiosi perché privati di ogni senso e contesto.

Le impressioni musicali devono tener conto dell’amplificazione che, seppur migliorata, non offre la magia sonora dello Sferisterio di Macerata o del cortile di Palazzo Pitti. Sebastian Catana, cerca tenacemente il piglio e l’autorità di Nabucco, che lo spettacolo gli lesina, con risultati apprezzabili. Csilla Boross, incappottata alla militare, ha gli acuti e il fraseggio tagliente necessari per interpretare Abigaille, ma non lascia in ombra i passaggi più lirici della parte. Complessivamente funzionale il resto del cast, con Vitalij Kowaljow canuto Zaccaria, Antonio Corianò baldanzoso Ismaele e Alisa Kolosiva timida Fenena.

Il coro, preparato da Roberto Gabbiani, al momento del «Va pensiero» si assiepa dietro le grate che i pubblico può vedere un po’ ovunque in città a protezione di eterni lavori stradali. E la fluidità del traffico musicale, agevolata dalla frontalità dell’impianto scenico-registico è sembrata la preoccupazione centrale del direttore John Fiore, la cui lettura della partitura verdiana è parsa corretta ( con qualche taglio ) ma di modesto impatto, con un’orchestra meno partecipe del consueto. Il pubblico, davvero numeroso, si lascia conquistare dall’esecuzione musicale, dal sensazionale contesto e dalla chiarezza della narrazione, applaudendo senza remore.

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