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Scandalo Pretrobras, la destra vuole la testa di Dilma

Scandalo Pretrobras, la destra vuole la testa di DilmaBrasile, la sede di Petrobras – Reuters

Brasile La procura generale accusa 54 personalità di tutti i partiti

Pubblicato più di 9 anni faEdizione del 10 marzo 2015

Impeachment per Dilma? In Brasile, la destra e i grandi media di opposizione si esercitano sul tema, eccitati dallo scandalo Petrobras. Un terremoto politico che scuote dal profondo l’intero sistema politico, coinvolgendo non più soltanto i partiti ma i tre poteri in carica – esecutivo, legislativo e giudiziario. Venerdì scorso, la Corte suprema di giustizia ha diffuso la lista completa di 54 personalità pubbliche coinvolte, secondo il Procuratore generale della repubblica, Rodrigo Janot, in un gigantesco caso di corruzione incrociata che vede al centro l’impresa petrolifera di stato, Petrobras. I quattro principali partiti, sia di governo che di opposizione, sono accusati di aver alimentato le casse delle proprie formazioni con fondi neri, frutto di tangenti e accordi compiacenti a certe imprese.

La cosiddetta «lista Janot» prende di mira 22 deputati e 14 senatori, e poi una quindicina di governatori ed ex leader politici. Fra questi, Eduardo Cunha, presidente della Camera e Renan Calheiros, presidente del Senato, entrambi membri del Partito del movimento democratico brasiliano (Pmdb), pilastro (moderato) della coalizione di governo guidata dal Partito dei lavoratori (Pt). Il partito di Dilma Rousseff e del suo predecessore, Lula da Silva (al potere dal 2003) sono ampiamente colpiti al più alto livello (tra i sospettati, il senatore Pt di Rio de Janeiro, Lindbergh Farias), e così un’altra formazione alleata, il Partito laburista brasiliano (Ptb) a cui appartiene l’ex senatore e ex presidente Fernando Collor de Mello. Nel 1992, quest’ultimo si trovò al centro di uno scandalo per riciclaggio di denaro all’estero. Proteste e processo accelerarono allora la crisi politica obbligando Collor a dimettersi, e al suo posto assunse l’incarico il vicepresidente, Itamar Franco.

Benché coinvolta nelle accuse, la principale forza di opposizione (il Partito della social-democrazia brasiliana – Psdb -, preme per spingere verso una soluzione analoga l’attuale presidente. Le destre, usando la magistratura come ariete, hanno provato a defenestrare così Lula nel 2005, attraverso lo scandalo del mensalão (mensile). L’affaire venne così chiamato per via dell’entità della tangente (una mensilità) che sarebbe stata corrisposta ai deputati affinché favorissero l’approvazione di certe leggi a cui teneva l’esecutivo.

Secondo l’opposizione, i fatti di Petrobras sarebbero avvenuti quando Dilma Rousseff era a capo del Consiglio di amministrazione della petrolifera, e il denaro dell’impresa pubblica sarebbe servito a finanziarne le campagne elettorali. Benché non esista alcun elemento giudiziario per chiedere la rinuncia della presidente, la campagna di linciaggio è in corso. Nel fine settimana, le destre hanno fomentato una sonora protesta in diverse città del paese con un concerto di clacson e di pentole.

Dilma ha scelto l’8 marzo per denunciare con forza la manovra e per ribadire la volontà di proseguire nella campagna anticorruzione, promessa ai suoi elettori. Ha illustrato la nuova legge contro il femminicidio e ribadito il percorso che intende mantenere sulla strada delle misure sociali (troppo poco per la sinistra).

Ma la destra incalza, battendo sul tasto dell’inflazione accumulata nell’ultimo anno (7,7%), il maggior livello registrato negli ultimi dieci anni. E se anche non esistono possibilità concrete per arrivare all’impeachment di Roussef, si può puntare a un obiettivo minimo, quello di debilitarne l’immagine e il margine di manovra già assai condizionato. A medio termine, il risultato per l’opposizione potrebbe essere più succoso, qualora si ottenesse un cambio di casacca del Pmdb, campione di ambiguità e moderatismo, che sostiene il Pt come la corda sostiene l’impiccato.

Le sinistre e i movimenti, dentro e fuori il Brasile, denunciano i tentativi destabilizzanti e paragonano i guai di Dilma a quelli della sua omologa Cristina Kirchner in Argentina e a quelli di Nicolas Maduro in Venezuela, a cui il Pt ha espresso solidarietà e appoggio contro gli attacchi golpisti. «Non si può giudicare Petrobras da un gruppo di persone – ha detto Lula – Il vero obiettivo è criminalizzare la politica. Dilma deve alzare la testa e dire: io ho vinto le elezioni». Ma le destre hanno indetto per il 15 marzo un’altra manifestazione contro il governo e sostengono: «Non è golpe, l’impeachment è nella costituzione».

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