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«Scandalo concerie», nuovi sequestri in Toscana

«Scandalo concerie», nuovi sequestri in ToscanaLe concerie di Santa Croce sull'Arno

Ecomafie Il sequestro di beni per 5 milioni di euro all'imprenditore calabrese Francesco Lerose, ritenuto dalla Dda toscana come vicino a famiglie 'ndranghetiste crotonesi riconducibili alla cosca Grande Aracri, riaccende i riflettori sul maxitraffico del “Keu”, mix fra inerti e ceneri tossiche derivanti dal trattamento dei fanghi prodotti dagli scarti della concia delle pelli. Nell'inchiesta coinvolta anche la Regione, che continua a tenere un profilo basso.

Pubblicato quasi 3 anni faEdizione del 19 gennaio 2022

Il sequestro di beni per complessivi 5 milioni di euro all’imprenditore calabrese Francesco Lerose, ritenuto dalla Dda toscana come vicino a famiglie ‘ndranghetiste crotonesi riconducibili alla cosca Grande Aracri di Cutro, riaccende i riflettori sullo «scandalo delle concerie»: un colossale traffico eco-mafioso di circa 80mila tonnellate di «Keu», mix fra inerti e ceneri tossiche derivanti dal trattamento dei fanghi prodotti dagli scarti della concia delle pelli, finiti sotto l’asfalto della nuova strada regionale 429 dell’Empolese Valdelsa e in diversi cantieri sparsi per la regione, grazie alla complicità di altri imprenditori anch’essi vicini alla ‘ndrangheta.

La Direzione distrettuale antimafia di Firenze continua dunque a indagare, dopo che nella primavera scorsa l’arresto di Lerose e dei vertici dell’Associazione Conciatori di Santa Croce, accusati di aver messo in pratica un «sistema» di smaltimento dei rifiuti di conceria per aggirare vincoli, autorizzazioni, leggi nazionali e leggi comunitarie, aveva investito anche la Regione Toscana, con il coinvolgimento dell’ex capo di gabinetto Ledo Gori, del consigliere regionale dem Andrea Pieroni, e della sindaca di Santa Croce sull’Arno, Giulia Deidda.

In parallelo le indagini dei carabinieri di Noe e Nipaaf, e della sezione di pg di Firenze, hanno convinto i magistrati requirenti a sequestrare per la seconda volta i due impianti di riciclaggio inerti di proprietà di Lerose, uno a Pontedera e uno a Bucine nell’aretino. Sequestrate anche alcune società riferibili a Lerose, rapporti finanziari, beni mobili tra cui auto e camion, abitazioni, garage e terreni intestati sia all’imprenditore che ai suoi familiari.

«Questo sequestro è in continuità con l’inchiesta Keu – tira le somme Salvatore Calleri che guida la Fondazione Caponnetto – e dimostra che nonostante sia piombato il silenzio sul caso, il lavoro di chi indaga continua». A non essere silenziosi sono invece i numerosi comitati locali, che si sono organizzati dopo la scoperta che sui loro territori erano stati dispersi veleni in quantità, e che da mesi chiedono a una Regione «muro di gomma» le necessarie bonifiche.

Le analisi degli investigatori ambientali nella zona di Montramito-Massarosa in Versilia hanno ad esempio rivelato una concentrazione di cromo esavalente (indicatore degli scarti di conceria) che supera di 70 volte il limite di legge. A Bucine l’amministrazione comunale ha bloccato la costruzione di una serie di villette a schiera, visto che il terreno risulta inquinato non solo dal cromo esavalente ma anche da arsenico, rame, selenio e solfati. Analoga la situazione nell’area della nuova strada regionale 429 dell’Empolese Valdelsa e nell’ex cantiere Vacis di Pisa, dove le intercettazioni ambientali hanno rilevato che Lerose era disposto anche a pagare gli imprenditori dei cantieri purché portassero via il suo »«materiale da riempimento» Altrettanto seria la situazione tracciata nei comuni pisani di Crespina e Lorenzana e di Peccioli.

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