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Scandalo al «Sole»

Scandalo al «Sole»La sede del Sole 24 ore a Milano – LaPresse

Editoria Entro fine mese i giudici di Milano decideranno sul rinvio a giudizio dell’ex direttore del Sole 24 ore Roberto Napoletano e dei due confindustriali Donatella Treu e Benito Benedini. L’accusa è falso in bilancio. Intanto i creditori e i giornalisti sono sul piede di guerra. In pochi anni gli azionisti di Confindustria hanno bruciato milioni di euro. Scetticismo in Borsa: dopo l'aumento di capitale da 50 milioni in cassa restano soltanto 7,7 milioni

Pubblicato quasi 7 anni faEdizione del 16 gennaio 2018

Trasparenze e vergogna. Non è soltanto il titolo di un bellissimo libro che il compianto amico Guido Rossi pubblicò per il Saggiatore nel lontano 1982 per spiegare negli anni del capitalismo rampante e senza regole le anomalie, le opacità e i vizi congeniti del mercato finanziario italiano.

TRASPARENZE E VERGOGNA potrebbero e dovrebbero essere le chiavi di lettura per spiegare la mala gestione con la quale la Confindustria, azionista di comando del Sole 24 ore, ha disastrato senza vergogna i bilanci del gruppo editoriale con perdite da capogiro e politiche industriali disastrose e opache.

Se si dà uno sguardo, infatti, a quello che è successo in questi anni in quel gruppo editoriale si scopre che i nostri confindustriali, che ogni giorno si sciacquano la bocca con la trasparenza, il libero mercato e la meritocrazia, in dieci anni hanno bruciato miliardi di capitale, raccontando un sacco di balle sulla diffusione del giornale e sulla consistenza finanziaria del gruppo con il risultato di perdere migliaia di abbonamenti, di perdere la pubblicità quando si è capito che i dati della diffusione erano falsati, di scaricare sui giornalisti l’onere della crisi attraverso tagli selvaggi e prepensionamenti e un recente tentativo di stracciare il contratto integrativo, di entrare nella black list della Consob e di falcidiare il valore del titolo il Sole 24 ore, quotato alla Borsa di Milano, che, alla faccia dei risparmiatori di cui il quotidiano dovrebbe essere il difensore, è passato da 5,7 euro al momento della quotazione a 0,8 euro. Tanto per intenderci, quei poveretti che avevano affidato i loro risparmi al quotidiano confindustriale hanno perso un sacco di quattrini.

Per evitare di portare i libri in tribunale, il cda guidato da Franco Moscetti, neo amministratore delegato del gruppo, ha varato un aumento di capitale da 50 milioni di cui 30 sottoscritti da Confindustria. Il supporto finanziario all’operazione di salvataggio del gruppo è arrivato da un’altro ex presidente della Confindustria, Luigi Abete, che alla faccia del conflitto d’interesse è al tempo stesso consigliere del Sole 24 ore e presidente della Bnl.

Un’operazione tutta in famiglia, come spesso avviene nel capitalismo nostrano.

TUTTO RISOLTO DUNQUE? Niente affatto. Intanto c’è in ballo una vertenza sindacale che per il momento ha registrato due giorni di sciopero.

L’amministratore delegato Franco Moscetti e Domenico Galasso, il direttore del personale, per il momento hanno congelato il contratto integrativo che volevano stracciare ma i giornalisti non si fidano più del management e rivendicano il loro contributo nella cacciata di Napoletano.

Quindi per il momento sul piano sindacale è tregua armata.

Durante i brindisi di natale il neo direttore Guido Gentili, l’amministratore delegato Franco Moscetti e il presidente del gruppo Giorgio Fossa, hanno detto ai giornalisti, forse per consolarli, che «il 2018 sarà l’anno della ripresa». Una frase che circolava anche nel 2017 e nel 2016 per bocca dei predecessori e degli ex presidenti di Confindustria.

MA NELLA COMUNITÀ degli affari sono in pochi a crederci. E le cifre non sono consolanti. Basti pensare che malgrado l’aumento di capitale di 50 milioni in cassa ne sono rimasti appena 7,7.

Al momento della quotazione, il cash era circa 240 milioni.

Nelle relazioni di fine anno si legge che «la variazione della posizione finanziaria netta è negativa per 28 milioni, ovvero 2,6 milioni al mese». A questo ritmo, commenta un personaggio che è stato ai vertici del gruppo, quel piccolo gruzzolo di cash che è rimasto nelle casse del gruppo dopo la devastazione degli anni precedenti verrebbe divorato.

D’altronde in un prospetto dello stesso gruppo si ammette il pericolo d’insolvenza: «Anche nel caso di buon esito dell’Operazione Formazione, dell’Aumento di Capitale e della concessione delle Linee Revolving, qualora si manifestasse un evento tale da determinare l’impossibilità di utilizzare in modalità revolving la linea di credito per la cartolarizzazione dei crediti commerciali e l’Emittente non riuscisse a finanziarsi attraverso la leva del capitale circolante netto commerciale, né riuscisse a reperire risorse di capitale e di credito aggiuntive (al momento non individuabili), verrebbe pregiudicata la continuità aziendale della Società e del Gruppo. Conseguentemente non si può escludere che l’Emittente debba far ricorso agli strumenti previsti dalla legislazione concordataria e fallimentare». Sempre a pagina 46, la Società informa che «in caso di mancata esecuzione della Manovra, il Gruppo non disporrebbe delle risorse finanziarie necessarie per effettuare il rimborso complessivo dei finanziamenti bancari» ivi indicati.

COM’ERA PREVEDIBILE, vista la lunga storia degli scandali finanziari in Italia, il pasticciaccio brutto di viale Monterosa, è finito in tribunale.

Lo scorso anno il procuratore della Repubblica di Milano Francesco Greco ha affidato al sostituto Fabio De Pasquale l’inchiesta penale contro un gruppo di dirigenti del Sole 24 ore, tra cui spiccano Benito Benedini, ex presidente Federchimica, Assolombarda e Sole 24 ore e Donatella Treu, ex amministratore delegato del gruppo editoriale e contro l’ex direttore del Sole 24 ore Roberto Napoletano, presunto deus ex machina di tutta la vicenda, accusato di una torbida operazione di occultamento delle perdite e di falso in bilancio.

Roberto Napoletano, scelto dall’ex presidente di Confindustria Emma Marcegaglia in alternativa a Fabio Tamburini che a quel tempo era direttore di Radiocor, è stato difeso e coperto fino all’ultimo dall’attuale presidente di Confindustria, Vincenzo Boccia.

MA QUANDO L’EVIDENZA dei fatti e dei documenti ha preso il posto dell’opacità e i magistrati hanno cominciato a scavare dietro le quinte, anche il «padrino» di Napoletano ha mollato il suo pupillo con il modesto incentivo alle dimissioni di 700.000 euro.

NEL DECRETO DI perquisizione del Sole 24 ore e degli studi di Treu e Benedini si legge tra l’altro a proposito delle gigantesche bugie che raccontavano e scrivevano nei bilanci i signori del gruppo confindustriale: «Informazioni false, posto che le vendite delle copie digitali veicolate attraverso la DI Source Ltd erano fittizie come anche fittizie erano le vendite cartacee attraverso il canale Edifreepress S.r.l., così da fornire una rappresentazione alterata della situazione economica della società ai destinatari cui tali comunicazioni sociali erano indirizzate».

Si legge ancora nel provvedimento giudiziario: «Sono stati evidenziati nella imputazione solo alcuni dei passaggi delle Relazioni finanziarie ove maggiormente si ricava lo scostamento tra la rappresentazione della realtà economica della società e la situazione effettiva. Si è veicolato un messaggio largamente positivo sull’andamento economico (vendite crescenti e ricavi correlativamente in aumento), laddove le vendite sul digitale – tanto enfatizzate – erano false e una percentuale significativa delle copie cartacee andava dritta al macero».

Per un certo periodo, stando alle ricostruzioni dei giudici, Napoletano l’ha fatta franca. E di fronte alla crisi del quotidiano ha pensato di inventarsi cifre inesistenti. Nei salotti privati raccontava di 430.000 copie vendute contro le reali 170.000 copie e vagheggiava sul Sole 24 ore come futuro primo giornale.

Ma quando quelle stesse cifre ha cominciato a dichiararle all’Ads, gli editori concorrenti hanno cominciato a incazzarsi.

Quando Giorgio Squinzi si è insediato in Confindustria nel 2012 ci ha messo un po’ a capire che qualcosa non quadrava, ha guardato i conti e si è reso conto che le cifre di vendita erano farlocche mentre il buco di bilancio cresceva.

SQUINZI LICENZIA Donatella Treu e insedia ai vertici del Sole 24 ore Gabriele Del Torchio. Dopo un’indagine interna si scopre che c’è un buco di 90 milioni. Si rompe il rapporto di fiducia con Napoletano. Ma il direttore non molla. E con abilità si conquista la stima del nuovo presidente di Confindustria, Vincenzo Boccia, che gli rinnova la fiducia malgrado fossero emerse stranezze nella diffusione delle copie. Al posto di Del Torchio, colpito da infarto, arriva Franco Moscetti, l’attuale ad del Sole 24 ore.

Questa volta Vincenzo Boccia non può far nulla per coprire il suo uomo.

Moscetti fa una cosa strana: crea un comitato di vigilanza interno composto da Gherardo Colombo, ex pool mani pulite e Federico D’Andrea, ufficiale da sempre collaboratore della procura di MIlano.

Da quella specie di tribunale interno nasce l’inchiesta penale contro Roberto Napoletano, Donatella Treu e il cavalier Benito Benedini.

E in Confindustria non ne sapevano nulla di questo pasticcio? La domanda per il momento è senza risposta.

L’unica cosa che si sa è che Napoletano scarica le responsabilità sull’azienda, aggiungendo che lui poveretto era soltanto il direttore.

Se verrà rinviato a giudizio alla fine della fase istruttoria prevista per fine gennaio, non è escluso che l’ex direttore si decida a spiegare meglio. E allora per gli azionisti sarebbero guai.

NEL DISASTRO GENERALE è anche spuntato un altro problemino giudiziario: è partita la prima ingiunzione di pagamento da parte di un creditore.

L’agenzia di stampa LaPresse, di Torino ha chiesto ai giudici il sequestro cautelare di due milioni di euro a garanzia dei propri crediti verso il gruppo.

Si legge nel ricorso presentato dall’azienda torinese: «In connessione con l’emersione della abissale crisi finanziaria, Il Sole 24 Ore ha cessato di pagare i corrispettivi contrattualmente dovuti sin dalla scadenza prevista al 31 gennaio 2017, costringendo il Fornitore a richiedere l’emissione di un Decreto Ingiuntivo (Decreto Tribunale di Torino, n. 7488/2017 del 27 luglio 2017, doc. 4), per l’importo complessivo di Euro 79.718,90».

I LEGALI DI LAPRESSE sono molto duri con il loro illustre cliente e citano il giudizio della società di revisione Deloitte: «Allo stato attuale i piani dell’azienda non risultano supportati da evidenze empiriche, ma fondati su una stima del Management basata sull’esperienza del mercato e sulle performance di altri operatori di settore». I

noltre Deloitte ha evidenziato che: «Sebbene la crescita del volume d’affari ipotizzata a Piano sia contenuta e pari all’1,4% (CAGR 17- 20), considerati i recenti risultati consuntivati dalle società del Gruppo e l’incerto scenario di mercato relativo al settore in cui opera la Società, tali obiettivi potrebbero risultare sfidanti e in controtendenza».

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