Scacchi, arte della guerra
Al Museo del Novecento di Milano Fino al 31 agosto la mostra di Massimo Kaufmann «Le regole del gioco»
Al Museo del Novecento di Milano Fino al 31 agosto la mostra di Massimo Kaufmann «Le regole del gioco»
Il poeta russo Aleksandr Puskin morì a causa della sua passione per il gioco degli scacchi. Due giorni prima del decesso, il 10 febbraio del 1837, si era battuto a duello con l’ambasciatore francese a San Pietroburgo, autore di lettere anonime che accusavano di infedeltà Natalia Nikolaeva Goncarova, la sua bellissima moglie. La consorte del poeta era la migliore giocatrice di scacchi di San Pietroburgo, secondo la mano anonima che scriveva lettere a Puskin, individuata nell’ambasciatore di Francia, gli incontri con gli ammiratori e il moltiplicarsi di sguardi complici, tra i quali sembra che vi fosse anche lo zar, avvenivano tramite scacchiera.
Puskin, infallibile tiratore, mirò alla mano dell’avversario perché non potesse più scrivere lettere anonime. Il poeta fu colpito di striscio all’addome, ma la ferita mal curata provocò la morte per setticemia. La passione per gli scacchi a Natalia Nikolaeva Goncarova l’aveva trasmessa proprio Puskin, perché è «ciò che è quanto mai opportuno in ogni famiglia ben costruita».
Nessuno come Jorge Luis Borges ha saputo mettere in versi questo gioco, come recita Ajedrez (Scacchi) del 1960: «Tenue re, sghembo alfiere, accanita/ regina, torre e pedone scaltro/ sopra il nero e il bianco del Cammino/ cercano e combattono il loro scontro armato./ Non sanno che la mano designata/del giocatore comanda il loro destino…».
Oggi che la guerra con rischio nucleare alle porte dell’Europa minaccia la nostra sopravvivenza, il termine «scacchiera» assume un significato sinistro, diventa il perimetro dei giochi politici per un nuovo ordine mondiale sulla pelle dei «pedoni» il popolo ucraino, russo e il mondo intero: «Quale Dio dietro Dio dà inizio alla trama/ Di polvere e tempo e sogno e agonie?» interrogano ancora i versi di Borges.
Gli scacchi salvarono da una morte sicura il grande scacchista polacco Najdorf che nell’estate del 1939 salpò da Anversa per l’Argentina per partecipare alle Olimpiadi degli scacchi, il cui inizio fu il 21 agosto. Il primo settembre Hitler invase la Polonia, Najdorf rimase a vivere in Argentina, mentre la moglie e i figli rimasti in Polonia morirono. Una foto mostra i Maestri polacchi sfuggiti alla Shoah e poi rimasti in Argentina: Paulin ed Henryk Frydman, Ksawery Tartakower, Mieczslaw Najrdof, Kazimierz Makarczyk. Najrdof, che divenne grande amico di Borges, fece fortuna dando vita a una compagnia assicurativa che divenne la più grande dell’Argentina aiutato soprattutto dalla notorietà che gli derivava dalla sua bravura negli scacchi. Giocò a scacchi anche con Chruscev, Tito, Churchill: « Una volta Che Guevara mi invitò a Cuba e in un pomeriggio giocai contemporaneamente dieci partite. Alcuni dei miei avversari erano Fidel Castro, suo fratello Raul, il presidente Dorticos. Offrii al Che un pareggio e non l’accettò. Mi disse: «Con te o vinco o perdo».
Partite a scacchi con i visitatori si svolgono al Museo del Novecento di Milano, dove è in corso fino al 31 agosto la mostra di Massimo Kaufmann Le regole del gioco. Qui filosofi, letterati e storici dell’arte hanno discusso dell’antico gioco di origine indiane, noto in Persia e diffuso in Europa dagli arabi tra il IX e il X secolo d. C. Hanno spogliato il gioco degli scacchi da ogni elemento logico-matematico per delineare i connotati filosofici e letterari, visto che la scacchiera ha appassionato Allan Poe, Dante, Montale, Cervantes, Goethe e innumerevoli artisti come Giulio Campi che realizzò nel 1532 Il gioco degli scacchi, esposto al Museo Civico d’Arte Antica di Torino. Non di meno è il mosaico del XII secolo nel presbiterio della basilica di San Savino a Piacenza, che rappresenta una partita a scacchi tra un signore con la corona in testa e un misterioso avversario senza volto né corpo del quale si vede solo il braccio destro che muove una torre in f 3. Particolare interesse suscita Partita a scacchi di Sofonisba Anguissola, che ritrae le sue sorelle impegnate nel gioco degli scacchi, opera realizzata nel 1555 ed esposta al Muzeum Narodowe di Poznan, il cui manifesto Janus Szpotanski, Maestro di scacchi polacco e tre volte campione a Varsavia nonché critico letterario e traduttore, soleva tenere affisso alla parete della sua camera. Arrestato nel 1968 per aver scritto opere satiriche contro il regime, durante i suoi tre anni di prigionia dichiarò di essersi salvato per aver tenuto la mente impegnata nel gioco degli scacchi.
Nel 1550 fu dato alle stampe il poema Scacchia Ludus del vescovo di Alba Marco Gerolamo Vida. Nel Rinascimento il gioco degli scacchi era considerato per le donne un buon esercizio intellettuale, mentre non era permesso loro giocare a carte e ai dadi perché basati sulla fortuna e non sull’ingegno.
Gli scacchi di Kaufmann esposti al Museo del Novecento di Milano assumono un determinata conformazione che all’occasione si reinventa nel dialogo con gli altri, nel gioco casuale e in quello meditato e astuto: «La guerra, che il gioco degli scacchi senza dubbio rappresenta, si comincia a mostrare allora sotto un aspetto differente, poiché ciascun elemento possiede non soltanto le sue caratteristiche funzionali ma anche una propria unicità, una propria identità data dal colore» scrive Massimo Kaufmann nel catalogo della mostra.
Alla guerra ci portano gli scacchi policromatici di Kaufmann, ma anche l’appello sottoscritto dalle scacchiste e dagli scacchisti russi, tra i quali il grande Maestro Internazionale Nepomniachtchi: «Ci opponiamo alle azioni militari sul territorio dell’Ucraina e chiediamo un cessate il fuoco tempestivo e una soluzione pacifica del conflitto attraverso il dialogo e i negoziati diplomatici… Gli scacchi insegnano le responsabilità delle azioni; ogni passo conta e un errore può portare a un punto di non ritorno. E se si è sempre trattato di sport, ora è in gioco la vita delle persone, i diritti e le libertà fondamentali, la dignità umana, il presente e il futuro dei nostri Paesi». Mobilitiamoci per la pace e per dare scacco al re.
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