Sblocca Cantieri, Genovesi (Fillea Cgil): «Via libera ai cantieri giungla, meno tutele e diritti sul lavoro»
Intervista Alessandro Genovesi (Fillea Cgil): «Ci stiamo preparando a tanto contenzioso sindacale. Questo paese deve tornare alle politiche industriali. Proponiamo una regia pubblico-privata sugli investimenti dove la Cassa Depositi e Prestiti interviene direttamente»
Intervista Alessandro Genovesi (Fillea Cgil): «Ci stiamo preparando a tanto contenzioso sindacale. Questo paese deve tornare alle politiche industriali. Proponiamo una regia pubblico-privata sugli investimenti dove la Cassa Depositi e Prestiti interviene direttamente»
Alessandro Genovesi, segretario della Fillea Cgil, lei ha coniato la definizione: lo «sblocca cantieri» è uno «sblocca porcate». La conferma?
Sì, perché la mediazione tra la Lega e i Cinque Stelle è peggiorativa di un testo già difficile da peggiorare.
Quali saranno gli effetti di questo provvedimento approvato ieri dalla Camera?
Un ritardo nei nuovi appalti. Anzi tra qualche mese prevedo che servirà uno sblocca cantieri dello sblocca cantieri.
Come pensate di reagire?
Dovremo potenziare tutti gli accordi sindacali che abbiamo sottoscritto, e stiamo sottoscrivendo, con le stazioni appaltanti, ad esempio il comune di Milano la regione Toscana o l’Anas. Dovremo scriverne di nuovi, avviare una stagione di contrattazione di anticipo e prepararci a tanto contenzioso sindacale, purtroppo.
Per quale ragione?
Allungando la catena dei subappalti e con il massimo ribasso previsti dalla legge ci aspettiamo evasione salariale e contributiva, sotto-dichiarazioni orarie e applicazioni di contratti non edili. Per prendere il massimo ribasso sarà usato ad esempio il contratto multi-servizi. Per questo ci attrezzeremo per una vertenzialità diffusa.
Il governo sostiene che troppa burocrazia blocca i cantieri…
Il messaggio è sbagliato, la malattia del settore non è l’eccesso delle regole, ma ad esempio l’eccesso di stazioni appaltanti. Addirittura questa legge le aumenta, permettendo ai singoli comuni anche non capoluogo la possibilità di diventare stazioni appaltanti. Ciò porterà dalle attuali 28 mila a teoricamente 36 mila. Dovevamo ridurle invece, arrivando a 500-1000. Così facendo diventerebbero più forti.
Quanto pesa sul blocco dei cantieri la crisi di aziende come Astaldi, Condotte o Cmc?
È un’altra malattia industriale del sistema: i cantieri fermi sono tutti assegnati, il problema è che stanno fallendo le imprese che hanno vinto le gare.
Perché?
Per il combinato disposto delle gare al massimo ribasso che non coprono i costi fissi e la stretta creditizia operata dalle banche.
Con le associazioni ambientaliste e antimafia avete sostenuto la tesi che lo sblocca cantieri apre a corruzione e persino alla mafia. Com’è possibile?
Non so se tutto questo favorisce la mafia, ma c’è il rischio di comportamenti corruttivi. Lo stesso soggetto può essere tentato, magari d’accordo con la stazioni appaltante, a fare una variante, ad esempio. Con il massimo ribasso e il subappalto si aumenta la discrezionalità consegnando le stazioni appaltanti al rapporto politica e affari che potrebbe essere meno trasparente di quanto si creda. Lo abbiamo imparato dall’epoca del general contractor previsto dal vecchio codice degli appalti. Non sto dicendo che andrà tutto così, però meno trasparente è il sistema più si favoriscono i comportamenti meno virtuosi. Tutto questo a danno dal 99% delle imprese che è fatta da persone serie che rispettano leggi e contratti. Si rischia che siano messe fuori da chi ha maggiori liquidità anche negli anni di crisi. Il punto è: come hanno fatto a mantenere questa liquidità?
In che modo questo sistema inciderà sui lavoratori?
Abbasserà diritti, tutele e libertà. Per fare una gara al massimo ribasso i primi risparmi sono fatti sul costo del lavoro. Si tagliano gli stipendi, la sicurezza, la formazione, le macchine. Si ricorre ad altri contratti più convenienti, ma impropri per il lavoro edile. E poi c’è l’organizzazione del cantiere. Si potrebbe arrivare anche a dieci imprese che lavorano nello stesso posto. Non sai più chi entra e chi esce, magari un caporale. Più aziende ci sono in un cantiere, con dipendenti che rispondono a più capisquadra, più si è esposti al rischio di infortuni. È il cantiere giungla.
Il governo sostiene che questa legge avrà un impatto sulla crescita oggi vicina allo zero. È vero?
Sarà l’opposto: rallenterà i prossimi cantieri. Le norme intervengono su quelli futuri. E di quelli attuali non ne sblocca nemmeno uno: la Napoli-Bari, la Siracusa-Gela, l’ospedale di Caserta. Per come è fatto non avrà un impatto sul breve periodo, complicherà la vita alle stazioni appaltanti e si dovranno attendere 18 decreti del ministro Toninelli. A meno che non si stia pensando di commissariare tutte le 104 opere prioritarie e le 25 opere del piano pluriennale. Ma se questa è la soluzione, di fatto è come se non avessimo più il codice degli appalti. Questa idea inciderà sul Pil: sono sempre 104 commissari pagati bene. Ma è un’idea improponibile. In bocca al lupo.
Lunedì prossimo presentate le proposte per un «vero» sblocca cantieri. In cosa consiste?
Come Cgil proponiamo una regia pubblico-privata sugli investimenti, chiamiamolo uno «sblocca cantieri finanziario» dove la banca torna a fare la banca e fa credito a medio termine, mentre la Cassa Depositi e Prestiti torna a investire direttamente nelle imprese che fanno infrastrutture. In tutto il mondo esiste una regia pubblica, non si lascia tutto alla libera iniziativa che ha interessi in profitti a breve termine. Questo è lo scheletro anche per le politiche logistiche: le medie e grandi opere servono a spostare persone e merci in tempi rapidi e non inquinando. Dietro le infrastrutture c’è anche la costruzione di pullman, treni, macchine elettriche. Così si sblocca un paese, così si tornano a fare politiche industriali.
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