La stella polare della Cisl rimane immutata – il mitico «patto sociale» – ma il nuovo leader Luigi Sbarra prova a distinguersi da Cgil e Uil puntando sul rapporto con Draghi e – nonostante la scritta contro «i professionisti del No» – con una bocciatura molto dura contro il salario minimo.

Il diciannovesimo congresso della confederazione cattolica si aperto ieri pomeriggio alla nuova Fiera di Roma con un parterre degno delle grandi occasioni: c’erano tutti i leader di partito con Salvini seduto vicino a Conte e Letta (che partecipò da premier al congresso del 2013) a fianco di Meloni.

Il battesimo di Luigi Sbarra – diventato segretario generale un anno fa dopo l’accelerazione nella staffetta già prevista con Annamaria Furlan – è stato ben orchestrato con i passaggi ad effetto punteggiati nel mega schermo alle spalle del palco.

La rottura con i «cugini» Landini e Bombardieri si era avuta sul giudizio sulla legge di bilancio. Cgil e Uil allo sciopero generale, la Cisl nella piccola «piazza della responsabilità» un sabato di dicembre. Le distanze sull’operato di Draghi permangono: «Riscontri forti, positivi nel confronto col governo, un dialogo sociale che ha dato vita a accordi di grande rilievo dal patto sulla scuola a quello sul Covid», sillaba Sbarra. Che sul progetto ormai arrugginito di «unità sindacale» avverte «non è un feticcio» e dice «no a visioni egemoniche».

E mentre Cgil e Uil sembravano avere trovato la quadra con il ministro Orlando (in platea ieri) sul salario minimo a 9 euro solo per i lavoratori non coperti da contratto nazionale, Sbarra rovina i piani con parole fin troppo pesanti: «No a automatismi antistorici che innescherebbero una pericolosa spirale – attacca applaudito – vogliamo parlare di salario massimo, non minimo che farebbe uscire milioni di persone dai buoni contratti», e qui l’applauso è molto più piccolo perché evidentemente anche i congressisti sanno che molti contratti nazionali rischiano di essere sotto i 9 euro netti.

Dunque la linea Cisl è «rinnovare i contratti con soluzioni più eque» che «vadano oltre l’Ipca (l’indice dei prezzi senza la componente energia, ndr)». C’è anche un’apertura al presidente di Confindustria Bonomi nella richiesta di «abbattere il cuneo fiscale», sebbene Sbarra specifichi «soprattutto nella parte lavoro».

L’altro storico cavallo di battaglia della Cisl è la partecipazione dei lavoratori nei Cda e qui Sbarra lancia una proposta «stile Cgil»: «una raccolta firme su una legge di iniziativa popolare». Un sussulto quasi populista c’è nell’impeto nel chiedere «fuori i partiti dai cda di Inps e Inail» (i presidenti Tridico e Bettoni non lo sono), mentre sul tema pensioni l’altolà al governo è pienamente motivato: «Facciamo subito riprendere il confronto in sede politica, servono pensione di garanzia, per le donne un anno di anticipo per ogni figlio e rendere strutturale l’Ape sociale. Finita Quota 102 non accetteremo uno scalone di 5 anni e non ci vengano a dire che non ci sono risorse tra i 117 miliardi risparmiati dalla Fornero e i 7 di Quota 100», conclude Sbarra.
Questa mattina arriva Draghi. Se sarà «patto sociale» lo vedremo soprattutto dalle parole del premier: ci sarà qualche apertura sulle pensioni?