Cultura

Sballottati da un destino ostile

Sballottati da un destino ostile

Ritratti Lo scrittore Vladimir Makanin è morto a 80 anni. Con i suoi romanzi ha rappresentato il conflitto, spesso irrisolto, tra libertà individuale e principi collettivi

Pubblicato circa 7 anni faEdizione del 7 novembre 2017

Lo scrittore Vladimir Makanin, nato nel 1937 nella regione di Orenburg, è mancato qualche giorno fa, all’età di 80 anni. Studioso di matematica, appassionato di scacchi, iniziò la sua attività letteraria nel 1965 con il romanzo Linea retta, al quale seguirono il racconto Senza il padre (’71) e L’antesignano (’83), con cui raggiunse la notorietà in Russia e in Occidente. Si tratta di opere che incorporano elementi futuristici e mistici e in cui, con la precisione matematica che gli derivava dai suoi studi, ma anche con libertà e audacia, incorrendo così nella censura della critica sovietica, lo scrittore caratterizza i suoi personaggi.

MAESTRO DELLA COSTRUZIONE del testo, Makanin ha fissato tipi e immagini della sua epoca e ha espresso nella maggior parte delle sue opere le inquietudini e le frustrazioni delle generazioni cresciute durante il regime sovietico, allineandosi con la tendenza della narrativa russa contemporanea poco attratta dall’immaginazione di un mondo ideale, dalle visioni suggestive della natura e dall’esaltazione di grandi valori. Nella raccolta di racconti lunghi Un posto al sole (1988), infatti, ha rappresentato vicende di ordinario squallore riferite al mondo impiegatizio moscovita: i protagonisti, sradicati, pigri e nichilisti appaiono incapaci di reagire a un destino spesso ostile e avvilente.

Un altro tema ricorrente nelle sue opere è il conflitto, spesso irrisolto, tra libertà individuale e principi collettivi, nell’ambito di una narrazione più affine al realismo che alle suggestioni postmoderne.
Tra i libri dello scrittore sono da menzionare Valvola di sfogo (1988), Azzurro e rosso (1989), Il cunicolo (1991), Gli autisti annoiati (1992), Il prigioniero del Caucaso (1994) da cui il regista Aleksej Ucitel’ ha tratto nel 2008 il film Prigioniero.

In un’intervista, Makanin ha dichiarato che gli scacchi erano per lui una metafora della scrittura, in cui i pezzi bianchi erano i soggetti ben noti, mentre i pezzi neri rappresentavano quelli poco noti, una foresta scura in cui lo scrittore si addentrava progressivamente. In questo modo, è riuscito a ritrarre magistralmente gli anni novanta e il periodo di transizione fra il XX e il XXI secolo.
Il romanzo del 1998, Underground ovvero un eroe del nostro tempo (Jaca book, 2012), opera drammatica e nello stesso tempo umoristica, finalista del premio Booker, testo essenziale per la comprensione del cruciale passaggio in Russia dall’era sovietica al postcomunismo, narra di uno scrittore fallito, insofferente di ogni potere e autorità costituita, che si ritaglia una posizione volutamente marginale nella megalopoli russa.

UNA DELLE SUE OPERE più interessanti, il romanzo breve Dove il cielo è tramontato con le colline (2000), che affronta il tema della sparizione della cultura del canto nelle campagne, preannuncia il libro dedicato alla guerra in Cecenia, Asan, con cui vinse nel 2008 il premio nazionale russo Bol’šaja kniga. In Asan lo scrittore è riuscito a guardare al fenomeno della guerra con occhi diversi. Il libro non esplora una guerra di trincea, ma piuttosto un conflitto fatto di saccheggi, volgarità, denaro. La prosa non va ricercata tra le descrizioni delle sparatorie, ma laddove la vita interiore viene sconvolta. Il suo ultimo romanzo Due sorelle e Kandinskij (2011), è un’opera insolita, una sorta di pièce cechoviana, che indaga su un tema cruciale per la Russia di oggi: il rapporto fra vittima e carnefice nel destino di varie generazioni.

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