Savona è sotto indagine per «usura bancaria»
Per i 5s è un atto dovuto Il ministro indagato al pari di tutti i vertici di Unicredit tra il 2005 e il 2013
Per i 5s è un atto dovuto Il ministro indagato al pari di tutti i vertici di Unicredit tra il 2005 e il 2013
Il ministro per gli Affari europei Savona, già pietra dello scandalo ai tempi non lontani della formazione del governo, è indagato. La notizia è di quelle da far tremare un governo ma solo in apparenza.
SAVONA È INFATTI INDAGATO al pari di tutti i vertici di Unicredit tra il 2005 e il 2013: 23 nomi molti dei quali eccellenti tra cui Alessandro Profumo, oggi Leonardo, e Fabio Gallia, sino a ieri cassa depositi e prestiti. In questo caso la formula spesa ieri da Di Maio, che era già al corrente dell’indagine, non è di repertorio: «Atto dovuto». Il vicepremier sapeva dell’iscrizione del ministro nel registro degli indagati perché questa risale al gennaio scorso. È emersa ieri perché la procura di Campobasso ha chiesto sei mesi di proroga per le indagini sui parchi eolici in Molise, Puglia e Campania, affidata alla pm Rossana Venditti.
IL REATO IPOTIZZATO è quello di usura bancaria. Vittime i fratelli Pietro e Angelo Santoro, titolari della Engineering srl, che ha realizzato alcuni dei principali parchi eolici nel Sud.
L’azienda avrebbe subìto da Unicredit tassi d’interesse tacciabili di usura. Di conseguenza tutti i vertici dell’istituto devono essere indagati in quanto, spiega il legale della società Luigi Iosa, «la Cassazione penale impone di indagare i vertici per via del loro ruolo di controllo e garanzia: è un atto dovuto». Fonti vicine al ministro si sono comunque affrettate a far sapere che «Savona non aveva competenze sui tassi di interesse».
I VICEPREMIER SALVINI e Di Maio fanno subito muro intorno al ministro, ostentando massima tranquillità. Il leghista ironizza: «Vi sembra uno con la faccia da usuraio? È una delle persone più oneste, pulite e corrette di questo Paese: la giustizia faccia presto il suo corso». Il leader M5S concorda: «Sapevamo dell’inchiesta e se abbiamo scelto Savona è segno che si va avanti».
Entrambi escludono tassativamente ogni ipotesi di dimissioni. Che per la verità non chiede nessuno. La linea d’attacco del Pd, cinguettata da Renzi, ma anche di Fi, è un’altra. «Per me – twitta Renzi – Savona non deve dimettersi. Ma proprio per questo dico ad alta voce che Di Maio e i suoi devono vergognarsi. Per anni hanno massacrato persone e famiglie in nome di un giustizialismo vergognoso». Sin troppo chiaro a quali famiglie Renzi alluda. Fi procede nella stessa direzione, con un coro di dichiarazioni tutte uguali. «Non c’è ragione per cui Savona debba dimettersi. Finalmente M5S scopre il garantismo», apre le danze per tutti la vicepresidente della Camera Carfagna.
L’INCHIESTA, spiega il procuratore di Campobasso Nicola D’Angelo, chiede tempi ulteriori perché gli aspetti tecnici non possono essere sbrogliati senza le dovute consulenze. Ma se sul piano giudiziario il governo sembra aver poco da temere, su quello politico i 5S, già molto criticati per aver permesso a un uomo Mediaset di guidare la Vigilanza Rai dopo aver strepitato contro il conflitto di interessi, iniziano a dover fare i conti con l’accusa di doppia morale.
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