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Saul, la sovversione seriale della morale

Saul, la sovversione seriale della moraleBob Odenkirk

Televisione Incontro con Bob Odenkirk protagonista della serie «Better Call Saul», spinoff/prequel del geniale «Breaking Bad». «È una storia di trasformazione, come un difensore d’ufficio diventa un avvocato senza scrupoli invischiato nel mondo del narcotraffico»

Pubblicato più di 9 anni faEdizione del 13 marzo 2015
Luca CeladaLOS ANGELES

Better Call Saul è lo spinoff/prequel di Breaking Bad, l’antologia di delitto e castigo sull’altipiano del New Mexico concepita da Vince Gilligan come un ibrido geniale di Mr. Chipse Scarface. La nuova serie che ha debuttato a febbraio negli Usa con ottimi ascolti è ambientata sempre ad Albuquerque nel 2002, sei anni prima cioè che iniziasse la discesa agli inferi di Walter White. Il titolo – lo stesso della puntata della seconda stagione di Breaking Bad in cui appariva per la prima volta il personaggio di Saul Goodman, prende il nome dagli spot televisivi con cui l’avvocato si fa pubblicità sulle tv locali e che ad Albuquerque gli hanno dato una misura di notorietà.
Quando la vicenda di Walter, dei suoi comprimari ed avversari è giunta all’inevitabile capolinea, legioni di fan sono andati in crisi di astinenza. Poi l’annuncio da parte di Gilligan e del suo co-autore Peter Gould che ci sarebbe stato uno spinoff, con protagonista l’avvocato scalcinato e opportunista che nella serie madre aveva curato a modo suo gli affari di Walt e di Jesse Pinkman, ha rincuorato gli appassionati. Ma nel «cult» serial americano, Saul era un personaggio secondario del demimonde in cui si dibatteva Walter White, un avvocato da strapazzo che nel mondo dei trafficanti intravede l’opportunità di fare il salto di qualità, scopiazzando forse in cuor suo l’ideale di un consigliere mafioso da film. Un personaggio fantozziano, quasi, diremmo, da commedia all’italiana nell’essere preda costante dei suoi piccoli fallimenti e smisurate illusioni.
Ora, da protagonista lo ritroviamo anni prima, un borghese piccolo piccolo che vive prigioniero delle sue meschinità mentre sbarca il lunario come difensore d’ufficio del tribunale di Albuquerque. Ma forse c’è anche qualcosa in più dietro le stizze e quelle cravatte sgargianti, ne ci aspetteremmo di meno da Gilligan e Gould. Sin dagli episodi iniziali intravediamo un personaggio pieno di sfumature, miserabile e umano, da assorbire in modo letterario, come se stessimo leggendo un romanzo da cui ci aspettiamo molto: se non una tragedia (a)morale dell’intensità di Breaking Bad, allora quantomeno una storia dipinta con l’intelligenza drammatica degli autori di una delle migliori serie dell’ultimo decennio. Breaking era tra le altre cose la sovversione del moralismo conformista in squisita amoralità, una serie che ci risucchiava nell’irresistible cronaca di un monumentale antieroe e poi aveva il coraggio di punire il pubblico perché aveva tifato per un mostro. Dai primi episodi Saul sembra muoversi in un registro decisamente più tragicomico anche se Bob Odenkirk che interpreta Saul assicura che le sfaccettature del personaggio virano spesso su toni molto cupi…
Come è nata l’idea di sviluppare la figura di uno dei personaggi secondari della serie? 

Vince (Gilligan) ha creato quella cosa straordinaria che era Breaking Bad. Poi una volta chiuso quel ciclo ha deciso di esplorare in profondità il carattere di una delle figure. Ed è riuscito a tratteggiare questa figura esplorando in profondità, come si farebbe in un romanzo. È esattamente questa la sensazione che si ha guardando BCS. Un approccio metodologico impossibile solo pochi anni fa su piccolo schermo, ed ora reso possibile, grazie alla rivoluzione nel modo di fruire della televisione. Lo spettatore si è ora abituato a storie complesse ed articolate dove si immerge profondamente, come accade nella letteratura. Una grossa mano l’ha data anche lo streaming che ti permette di visionare gli episodi come e quando vuoi tu. Il risultato è che i cinema sono in gran parte ormai dedicati al grande spettacolo, l’IMAX, i Transformer, mentre il dramma su «scala umana» ormai vive sul cable, i network come HBO e Netflix. È un intero nuovo mondo di scrittura e recitazione

Perché proprio Saul? 

Forse sono semplicemente fortunato! No, in realtà lui è stato da subito un personaggio affascinante, si intuiva che aveva dietro di sè una storia da raccontare – con quell’ufficio e quella costituzione degli Stati uniti appesa sul muro. C’è tutto un mondo dietro Saul, e già nella terza stagione di Breaking Bad Vince mi fermò nel corridoio e mi chiese ‘che ne diresti di uno spin-off?’ Tutti avevano notato che Saul aggiungeva una nota singolare all’atmosfera molto cupa di quella storia. Anche perché a differenza di molti altri lui aveva molto meno da perdere, guadagnava sulle malefatte degli altri e non rischiava molto – almeno fino all’ultima stagione. Poteva permettersi di fare lo smargiasso e lo spiritoso tanto era Walter White che si esponeva. Fino alla fine quando poi si è spaventato di brutto…

https://youtu.be/-g1IGSM3Hgs

Ma come si è evoluto il personaggio nello script di Vince Gilligan? 

Inizialmente si era parlato di una serie comica – episodi dalla durata di trenta minuti. Vince aveva pensato ad un formato in cui ogni settimana avrebbe potuto essere la storia di un nuovo cliente di Saul, una sorta di procedural a base di personaggi più o meno squallidi e comici. Poi un giorno ci siamo incontrati con Vince e Peter Gould allo Chateau Marmont e ci siamo detti ‘OK è ora di decidere cosa vogliamo fare’. Eravamo d’accordo che avremmo dovuto essere dalla sua parte, dalla parte di Saul. Avremmo dovuto tentare di capire davvero questo uomo.

Diverso dal protagonista di Breaking Bad, Walter White, quindi? 

Walter alla fine risultava essere abbastanza spregevole eppure la gente tifava per lui. Per Saul abbiamo discusso di come renderlo più simpatico. Così Vince e Peter hanno cominciato ad immaginare i retroscena della sua storia e come succede che alla fine diventa Saul Goodman, visto che non è il suo vero nome. Quando lo incontriamo la prima volta in Breaking Bad lui infatti lo dice, dice ‘mi chiamo James McGill, sono irlandese’. I vestiti e l’ufficio sono solo una facciata. Ora scopriamo chi è davvero; è quello che interessava agli autori, a tutti noi.

Lei ha detto che lo considera drammatico all’85% e buffo al 15%. Perché? 

Effettivamente quando abbiamo concluso le riprese sono andato via con la sensazione di aver recitato in una storia piuttosto cupa e ho dimenticato quanto in realtà faccia anche ridere. Poi quando ho visto il programma finito avevo anch’io un sorriso stampato sul volto, ho riso molto. Forse interpretandolo mi sono immedesimato troppo nei suoi problemi per realizzare quanto sia comico, ho dimenticato quanto ci risulti divertente assistere alle sofferenze altrui. Lui è sempre alla mercé di qualcuno, ogni suo progetto finisce male e ne subisce le conseguenze. Da attore è tuo dovere immedesimarti e soffrire con il tuo personaggio. Poi, con un po’ di distanza, riesci a ridere.

Effettivamente passa i suoi bei guai… 

Come dicevo alla radice BCS è fortemente drammatica ma è anche una storia di trasformazione – in modo diverso da Breaking Bad. Quella storia esaminava come un uomo normale, insignificante, potesse diventare Scarface raccontando il mutamento graduale in modo organico. Tratteggiare la figura di Saul è una sfida più complessa che Vince si è dato. Intanto perché sappiamo già a priori chi finirà per diventare, si tratta quindi di dare un senso drammatico a quel tragitto. Fondamentalmente rimane una storia sui temi che a Vince e Peter stanno più a cuore, solo che ora se possibile hanno ancora più libertà nell’approfondirli.

Possiamo considerare Saul un seguito di Breaking Bad?

Diciamo che seppure sia assolutamente vero che non è necessario conoscere Breaking Bad per apprezzare il nostro programma, allo stesso tempo se avete visto la serie madre avrete probabilmente un’esperienza più ricca nella visione di BCS. In una certa misura i due universi si sovrappongono, per esempio appaiono molti personaggi che conoscete già dato che la storia si svolge negli stessi luoghi. Non esiste una formula vera e propria per il nostro programma ed è proprio questa, credo, la sua originalità.

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