Sassonia, voto «orientale»: ha vinto la Cdu ma quella di destra
Germania Merito esclusivo del governatore laureato in fisica e cresciuto nella Ddr (proprio come Angela Merkel), iscritto alla Cdu dell'ex Germania-Est fin dal 1976, quando i cristiano-democratici erano un satellite nell'orbita del Blocco dei partiti antifascisti guidato dalla Sed. Un politico di lungo corso che conosce la regione come le sue tasche
Germania Merito esclusivo del governatore laureato in fisica e cresciuto nella Ddr (proprio come Angela Merkel), iscritto alla Cdu dell'ex Germania-Est fin dal 1976, quando i cristiano-democratici erano un satellite nell'orbita del Blocco dei partiti antifascisti guidato dalla Sed. Un politico di lungo corso che conosce la regione come le sue tasche
Non ha vinto la Cdu del segretario Armin Laschet ma l’inossidabile governatore democristiano al potere da un decennio. Non ha perso l’ultradestra di Afd: nonostante il 3,4% dei voti in meno rispetto a un lustro fa è il secondo partito in 213 circoscrizioni su 218.
E non è stata «una sconfitta amara» per la Linke, come riassume la candidata Eva von Angern, ma l’ultimo atto del crollo generale della sinistra passata dal 23,7% del 2011 al 16,3% del 2016 fino all’11% di domenica scorsa. Il minimo storico del consenso certificato da flussi elettorali fino a ieri inimmaginabili: 14.000 voti ex Linke sono finiti alla Cdu, 6.000 ai Verdi, 4.000 a Fdp, 3.000 alla Spd e ben 2.000 ad Afd.
Due giorni dopo il voto in Sassonia-Anhalt il conto finale delle schede restituisce la cifra politica dell’ultimo test prima del voto federale del 26 settembre, così diversa dai titoli tranchant dell’informazione mainstream. Il rinnovo del Parlamento di Magdeburgo ha poco a che fare con le dinamiche nazionali e molto con la Questione Orientale che qui rimane il nodo irrisolto dai tempi del crollo del Muro.
I tedeschi dell’Est continuano a non fidarsi dei leader di Berlino e ancora meno della classe dirigente dell’Ovest, pronti a ricordarsi di loro giusto il giorno prima delle elezioni. Per questo Reiner Haseloff vola verso il terzo mandato da primo ministro, spinto dal record del 37,1% dei voti (7,4% in più rispetto al 2016) conquistati alla faccia dei sondaggi che pronosticavano il testa a testa con Afd. Gli alternativi di ultradestra, alla fine, si sono fermati al 20,8%, che è comunque il doppio della Linke e quattro volte l’8,4% della Spd (meno 2,2%) mentre la temuta concorrenza dei Verdi si è vista solo con il binocolo: 5,9% (più 0,8%) significa che gli ambientalisti sono il partito più piccolo del Land.
Merito esclusivo del governatore laureato in fisica e cresciuto nella Ddr (proprio come Angela Merkel), iscritto alla Cdu dell’ex Germania-Est fin dal 1976, quando i cristiano-democratici erano un satellite nell’orbita del Blocco dei partiti antifascisti guidato dalla Sed. Un politico di lungo corso che conosce la regione come le sue tasche: era ministro del Lavoro nel 2006 prima di diventare governatore con l’alleanza Cdu-Spd e poi con la coalizione «Kenya» allargata ai Verdi.
Haseloff, che da novembre 2020 è anche presidente del Bundserat, incarna perfettamente l’alternativa democristiana alla linea imposta da Merkel e mantenuta dal suo delfino Laschet. Una spina nel fianco della cancelliera che a Magdeburgo è considerata troppo progressista soprattutto nell’accoglienza dei migranti: da sempre, infatti, Haseloff è a favore dell’«Obergrenze», il tetto massimo sugli arrivi dei richiedenti-asilo.
Un avversario scomodissimo per Afd; contro di lui non ha potuto replicare la formula vincente in tutte gli altri Land: catturare il consenso dei conservatori scontenti di «Mutti». Di fatto, un autentico uomo di destra, anche se siede nel Consiglio centrale dei cattolici tedeschi e non ha mai smesso di recitare il mantra «mai al governo con Afd».
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