Sardegna tra cemento e buche
Inchiesta Campi da golf, cubature ed emiri: con anelito sovranista il presidente della regione promulga il suo Piano paesaggistico sardo. Un’apertura alla speculazione secondo la vecchia e sicura forma dell’edilizia. Senza vincoli, la Gallura fa da apripista
Inchiesta Campi da golf, cubature ed emiri: con anelito sovranista il presidente della regione promulga il suo Piano paesaggistico sardo. Un’apertura alla speculazione secondo la vecchia e sicura forma dell’edilizia. Senza vincoli, la Gallura fa da apripista
Ugo Cappellacci, con la spregiudicatezza tipica del suo partito e del suo ‘principale’ rispetto alla legge, ha promulgato le variazioni al piano paesaggistico della precedente giunta regionale guidata da Renato Soru (piano coordinato da Edoardo Salzano, a capo di una qualificata equipe di studiosi, ricercatori ed esperti). Inaugurando così una campagna elettorale per le prossime elezioni regionali della Sardegna che si preannuncia movimentata. Lo ha chiamato Pps, Piano paesaggistico sardo.
Una fretta calcolata, che deve aver messo in conto la tensione – da giocare come anelito sovranista – con le istituzioni statali. Rotta la copianificazione con il ministero dei Beni e delle Attività Culturali. Ecco la prima riserva giuridica, di rilievo, subito espressa da un duro comunicato della direzione regionale sarda del ministero. Con altri limiti di ‘legalità’ che appaiono in questo complesso provvedimento.
Il governatore si atteggia a difensore dell’identità preparando il territorio a investimenti speculativi, partendo da golf, cubature ed emiri. Se la prende con lo Stato ignorandone le leggi; dice che sono ingiuste e pensa al vero obiettivo: agli interessi economici che vengono favoriti e al blocco sociale per le prossime elezioni. D’altronde era a Roma qualche giorno fa nel gruppo dei venticinque berlusconiani che preparava la resa dei conti con i cosiddetti dissidenti e la nuova Forza Italia: un nome che svela la natura del suo sovranismo.
Le ragioni elettorali di questo strappo sono evidenti, assieme all’apertura alla speculazione secondo la vecchia e sicura forma dell’edilizia. Lo confermano queste ore, con la rassicurazione data ai sindaci della Gallura di poter lavorare con meno vincoli e più prospettive. Si scarica così una gigantesca confusione sulla gran parte dei piani urbanistici ancora da approvare, molti predisposti secondo le precedenti norme e regole.
L’azione di modifica del Piano paesaggistico regionale è per certi versi lineare. Vi sono inseriti il «piano casa» e il «piano golf», sotto giudizio della Corte Costituzionale, che permettono – il primo con la possibilità di aggiungere volumetrie, il secondo con il suo regime particolare – di aggirare i trecento metri dalla linea di costa. Ad essa va aggiunta la recente legge sugli «usi civici», approvata in modo bipartisan, che prepara – in forte tensione con le norme nazionali sui terreni sottoposti a usi civici (legge 42/2004, articolo 142, 1h) – nuove possibilità speculative, e la velleitaria ma significativa, per logica e interessi, proposta della zona franca.
Nel consultare la copiosa documentazione che appare ora dopo ora nel sito della Regione autonoma della Sardegna si colgono l’idea di non considerare – dandogli il fuorviante e ampolloso riconoscimento di «sistema ambientale ad alta densità di tutela» – la fascia costiera come bene paesaggistico («Linee Guida», p. 70), valutando contestualmente, volta per volta, le operazioni da compiere. Anche per i corsi d’acqua vi è il sospetto di una percezione arbitraria del valore paesaggistico rispetto a quanto indicato nel decreto legislativo 42/2004 (come sottolinea il gruppo di intervento giuridico) oppure nei centri storici, dove nei «centri di prima e antica formazione», normalmente tutelati di per sé e con severissimi limiti di edificabilità, si introduce una distinzione «in base alle caratteristiche di notevole valore paesaggistico» preludio ad autorizzazioni edificatrici («Sintesi non tecnica», punto 7, p. 9). O, ancora, il pesante depotenziamento dei beni identitari, sino al silenzio, almeno così mi appare, sul fatto che continuino le procedure tramite il sistema di catalogazione già predisposto, il database ‘mosaico’ e relativo tracciato: pesante in alcuni aspetti ma legato a standard scientifici e di tutela solidi e forse per questo malvisti.
Credo sia importante avversare questa azione del governatore Cappellacci, anche per i non sardi: non si tratta solo di un’azione di evidente significato e peso nazionale, ma anche di impedire che in un’area che ospita il sogno di uno sviluppo diverso e possibile, con ruolo centrale di cultura e paesaggio tutelato, tale prospettiva si spenga.
La semplice lettura critica e politica di questa operazione, dal punto di vista del territorio e del paesaggio, necessita di un quadro di lettura più adeguato alla situazione che oggi muove i nostri territori e il pianeta; che innovi il sistema di tutela costruendo – come propongono diversi giuristi e movimenti che animano la «Costituente dei beni comuni», in sviluppo alle proposte della «Commissione Rodotà» fra il 2007 e il 2008 – nuovi orizzonti per il territorio.
Un secolo di evoluzione giuridica ha condotto a importanti momenti di unitarietà nella lettura di cultura e paesaggio, in interazione virtuosa con le normative urbanistiche. Ma le forze sono inadeguate, il ministero si scioglie, le forme obsolete, gli attacchi si moltiplicano. Forse la soluzione è davvero in un nuovo sistema che parta dalle comunità – entro grandi leggi quadro – e costruisca il governo dei territorio con nuovi assetti giuridici di tutela in grado di recepire qualità culturale e operativa dei beni comuni.
In Sardegna il Piano paesaggistico sardo del proconsole berlusconiano completa un attacco a una Sardegna preda di ripetuti tentativi di impianti energetici di ogni tipo, di sperimentazioni di cosiddetta chimica verde autorizzate a chi dovrebbe essere obbligato alle bonifiche, come l’Eni a Porto Torres, di profonde trivellazioni in aree di grande pregio paesaggistico e agrario come cerca di fare la potente Saras ad Arborea, di campi da golf e edifici proposti nella splendida costa di Bosa da Condotte. Centinaia di movimenti si oppongono a questo sistema, che ha non di rado l’appoggio comune di Pd e Pdl e spesso coincide con lo Stato. Si moltiplicano i ricorsi.
Il territorio, con evidenza principale mezzo di produzione, è il vero centro della politica. Ma le azioni sono più veloci dei cambiamenti attesi, delle possibili difese e dei progetti alternativi. Ci auguriamo che il ministro dei Beni e delle Attività culturali ripristini intanto la legalità pesantemente violata dalla promulgazione del Piano paesaggistico sardo.
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