Sardegna a fuoco, divampa anche la Gallura
Emergenza estiva Solo in serata il calo del vento di Maestrale ha dato una parziale tregua della devastazione
Emergenza estiva Solo in serata il calo del vento di Maestrale ha dato una parziale tregua della devastazione
Sardegna devastata dagli incendi. Tra giovedì scorso e ieri quasi tremila ettari di bosco e di macchia mediterranea sono andati in fumo. Le fiamme – favorite dalle temperature alte (38-40 gradi), dalla siccità e dal vento di Maestrale che soffia da qualche giorno su tutta l’isola – hanno colpito in particolare la Gallura e l’Ogliastra.
In Gallura il centro che ha subito danni maggiori è San Teodoro, sulla costa al confine con il Nuorese. Nella mattinata di giovedì un fronte di incendio ampio diversi chilometri è partito dalla collina di Sa Rena per arrivare sino ai villaggi turistici, in questo periodo stracolmi di ospiti. Gli elicotteri e i Canadair del sistema anti incendi gestito dalla Regione Sardegna si sono alzati in volo immediatamente.
Non è stato facile, però, contrastare le fiamme, che sono arrivate a lambire le ville con giardino e piscina di Costa Caddu e di Turrualè, località turistiche dalle quali sono stati fatti evacuare trecento villeggianti. Gli sfollati sono stati raccolti nel campo sportivo di San Teodoro, dove hanno trascorso tutto il pomeriggio.
Soltanto a tarda sera, dopo che i Canadair avevano avuto ragione di una parte del fronte di fuoco, sono stati fatti ritornare nei villaggi e negli hotel. Non tutti però: un centinaio di persone non hanno potuto rientrare nelle loro stanze o nei loro appartamenti e sono state ospitate nei pochi alberghi che avevano ancora qualche posto libero.
Molta paura anche a Budoni, venti chilometri a sud di San Teodoro. Anche qui le fiamme, partite dalle campagne nella mattinata di giovedì, sono arrivate velocemente alle ville e agli hotel sulla costa. Centinaia di vacanzieri sono scappati via. In quattrocento sono stati ospitati nei centri di accoglienza organizzati dal comune di Budoni. Roghi terribili sono divampati anche nelle zone interne dell’isola: ad Arzana in Ogliastra, al confine tra la Gallura e il Sassarese, nel Campidano di Oristano e alle porte di Cagliari.
Il Corpo forestale della Regione Sardegna tiene sotto controllo la situazione bonificando e mettendo in sicurezza le zone più colpite dalle fiamme. Le squadre spengono gli ultimi focolai attivi. Oltre a fare il bilancio dei danni, che sono molto pesanti, si comincia a ragionare sulle cause. Alcuni dei roghi sono certamente dolosi. Ne sono convinti gli uomini del Corpo forestale che hanno avviato una minuziosa attività ispettiva e di verifica. Una serie di accertamenti che presto potrebbero portare a sviluppi importanti.
I moventi che spingono gli incendiari sono diversi. Due in particolare: pressione speculativa su aree edilizie di pregio e disagio sociale, presente soprattutto nelle zone più marginali dell’isola, dove attorno ai cantieri di forestazione (tra gli obiettivi dei roghi di tre giorni fa) si combatte da sempre una battaglia sorda per la gestione dei progetti di rimboschimento e di manutenzione, una delle poche fonti di reddito rimaste. Poi c’è un movente legato ai codici di comportamento di alcune zone dell’isola: la vendetta. Ma tra i fattori che favoriscono i roghi ci sono anche la gravissima siccità che flagella la Sardegna come non s’era mai visto e l’abbandono di enormi aeree per effetto dello spopolamento, che colpisce soprattutto i piccoli paesi lontani dalle coste.
Spopolamento causato dalla generale crisi economica, in particolare dalla crisi della pastorizia e dell’agricoltura: pastori e contadini custodivano un territorio che adesso va invece incontro a un allarmante processo di desertificazione. E nel deserto che avanza le fiamme fanno sentire sempre più spesso il loro sinistro crepitio.
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