Saper leggere la strada per restare vivi
Riconosciamolo: non ci sarà nel medio termine alcuna azione pubblica efficace per ridurre il pericolo lungo le strade italiane e nessun incentivo all’aumento della mobilità ciclabile che si basi sul […]
Riconosciamolo: non ci sarà nel medio termine alcuna azione pubblica efficace per ridurre il pericolo lungo le strade italiane e nessun incentivo all’aumento della mobilità ciclabile che si basi sul […]
Riconosciamolo: non ci sarà nel medio termine alcuna azione pubblica efficace per ridurre il pericolo lungo le strade italiane e nessun incentivo all’aumento della mobilità ciclabile che si basi sul soffocamento delle omicide abitudini italiane alla guida di mezzi pesanti o della riduzione drastica di questi. Nella condizione data dobbiamo fare da noi, con una tutela personale che al momento vedo come l’unica azione efficace per riportare a casa la pellaccia in una situazione di traffico urbano, incrudelito credo anche a causa dei vari portati psichiatrici del casino plurimo che la specie sta sperimentando ormai da tre anni.
Può anche darsi che io domani schiatti sotto uno di questi decerebrati carrozzati, però negli ultimi vent’anni me la sono cavata piuttosto bene e mi sento di poter dare qualche indicazione che credo possa dare una mano nella tutela di sé in mezzo all’indisturbato autodromo Italia. Vorrei però farlo proponendo una base strategica che ritengo essenziale e che vedo scarseggiare nei più recenti compagni di sellino. Parlo di quella che chiamo «lettura della strada»: la strada va considerata come un testo e il suo messaggio deve ricevere la nostra attenzione: non è quindi narrativa ma saggistica o se volete generico «studio». L’esame finale è quando giri la chiave nel portone a fine giornata.
Il testo-strada si offre a noi e dobbiamo coglierne ogni aspetto seguendo due linee d’azione generali di pari importanza e le enuncio in ordine alfabetico: Opportunità e Traiettorie. E’ «opportunità» qualsiasi vantaggio offerto dallo svolgersi del testo-strada e prescinde dall’osservanza delle normative stradali anche se in parte questa può essere utile. La nostra bassa velocità ci consente di cogliere ogni aspetto del circondario e delle sue caratteristiche. Un esempio: quando un gruppo di persone sta attraversando la strada e a te conviene cambiare lato, lo fai coprendoti con il loro passaggio e a distanza per non disturbare; lo stesso se, nel casino urbano, dei mezzi si autointralciano e lasciano lo spazio per un cambio di percorso più vantaggioso. Altro esempio può essere il tagliare percorso usando scivoli tra loro perpendicolari, e non occupati dai nostri amati pedoni. Altre strutture urbane possono offrire cambi vantaggiosi di percorso o coperture. Quando mi «copro» seguendo queste opportunità penso come se fossi in barca, si chiamano «ridossi»: quando c’è mare una buona opportunità di ridossarsi va colta.
Altro esempio, che gli altri faticano a capire: usare il più possibile il contromano, in attesa che l’Italia si allinei al resto d’Europa e lo adotti legalmente. La vista frontale è un potente talismano salvachiappe. «Traiettorie»: qui dobbiamo usare strategie opposte a quelle dei motorizzati. Se vi fermate a osservare per qualche minuto i flussi vedrete che i motorizzati seguono sempre la stessa traiettoria: non intercettarla per noi è vitale. Loro possono spingersi a velocità maggiori e lo fanno non appena possibile: il flusso, che oggi è imponente se non mostruoso, «lucida» la strada. Ecco quindi che avremo trovato il nostro spazio di non intersezione: la parte opaca di selciato o asfalto. Lì dovremo far scorrere le nostre ruote sottili, che si sia in mano o no. Per chi ha difficoltà nei primi tempi a distinguere subito tra lucido e opaco può essere utile indicazione la presenza di vegetazione spontanea, al cui lato la strada è regolarmente opaca per un tratto apprezzabile, a volte la larghezza di un manubrio.
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