Il dibattito sull’indurimento delle sanzioni contro la Russia, che si è sviluppato nel Consiglio d’Europa di sabato 29 agosto ha avuto un’eco forte nella vita politica dei Paesi membri del centro-est Europa. E a sorpresa i dubbi sulle sanzioni vengono espressi anche dal premier ceco Bohuslav Sobotka. Sobotka ha avuto occasione di esprimersi sulla questione nel corso del talkshow della televisione pubblica ceca, che va in onda domenica a mezzogiorno. «La situazione in Ucraina non ha una soluzione militare ma diplomatica, e perciò non bisogna entrare nella spirale delle sanzioni, che danneggiano si l’economia dell’Unione che quella russa, senza aver degli obbiettivi precisi – ha detto il premier ceco- Bisogna insomma tenere aperti i canali diplomatici». Il premier ceco ha anche espresso grandi riserve sul modo d’agire delle istituzioni comunitarie. «Ci hanno chiesto di firmare una cambiale in bianco senza proporci nemmeno un documento scritto contenente la struttura delle sanzioni da applicare», ha sottolineato Sobotka.

L’intervento del premier ceco sembra in discontinuità con la politica estera perseguita finora dal suo governo allineato senza distinguo alla politica estera degli Usa e, nella regione, della Polonia. La posizione di Sobotka ha aperto una frattura con gli alleati al governo del partito popolare Kdu-Csl, il cui leader e vicepremier Pavel Belobradek ha accusato il leader socialdemocratico di coltivare lo spirito di Monaco. Una faglia meno evidente è quella con il ministro degli Esteri Zaoralek, anch’egli socialdemocratico, che si schiera su una linea più atlantista. Le differenze di vedute sono emerse durante il recente dibattito sulla possibilità di ospitare basi militari Nato nel Paese.

n’opzione respinta del premier a causa delle cattive connotazione storiche di una presenza militare straniera nel Paese, mentre il ministro Zaoralek affermava la necessità di dare il proprio contributo alla difesa atlantica.
Sebbene la linea del premier trovi delle ostilità all’interno della propria coalizione, essa si allinea sostanzialmente sulla posizione piuttosto scettica verso le sanzioni espressa a metà agosto dal premier slovacco Robert Fico e da quello ungherese Viktor Orban. Soprattutto Fico ha minacciato prima del Consiglio d’Europa di sabato di porre il veto, qualora le sanzioni siano troppo aspre, e comportino il rischio che la Russia tagli i rifornimenti di gas via Ucraina, da cui il piccolo Paese centro-europeo dipende vitalmente.

Sobotka si avvicina anche alle posizione dell’alleato economico più stretto della Repubblica Ceca, la Germania, e a quelle della classe imprenditoriale e industriale del Paese. Gli industriali hanno preso infatti di cattivo umore le sanzioni verso la Russia. Pur non rappresentando quest’ultima un mercato estero troppo significativo, la modernizzazione delle industrie russe prometteva un rafforzamento dell’export di tecnologie industriali ceche e non solo di componentistica, come avviene invece nel caso della Germania e di molti altri Paesi europei.

Paradossalmente nel momento dell’elezione del premier polacco Donald Tusk al presidente del Consiglio d’Europa, il blocco dei Paesi del centro Europa riuniti nel cosiddetto Gruppo di Visegrad si trova adesso spaccato in due con una Polonia su linee da falco atlantico grazie al ministro degli Esteri Sikorski e con gli altri tre Paesi invece su una linea di maggior dialogo. Sabato è venuta a mancare la costruzione bushiana della cosiddetta Nuova Europa sempre pronta a seguire gli Stati Uniti nella loro politica estera. Ammesso poi che sia mai esistita.